televisione

Saccà 2 la vendetta

Telebestiario di Francesco Specchia

30 Giu 2008 - 18:40

Il “Saccà 2- la vendetta”, il nuovo, straordinario capitolo Rai sulle intercettazioni è indubitabilmente –e giornalisticamente- più bello ascoltato, che letto sui giornali. Per esempio, ascoltare Guido De Angelis, indimenticato autore (con lo pseudonimo di Oliver Onions) delle sigle di Sandokan, Orzowei e Spazio 1999, ci riempie il cuore di nostalgia. Ma non è questo il tema di discussione. Il tema è che - per una di quelle circostanze irripetibili e non strategicamente pianificate che in gergo tecnico i giornalisti chiamano “botte di culo”- chi scrive si è ritrovato a pranzo con Agostino Saccà esattamente nell’attimo in cui le agenzie battevano l’anticipazione dello scoop dell’ Espresso che pubblicava un’altra tranche delle intercettazioni Rai. Per inciso Saccà, beccato su un tavolino à la page di un ristorantino della Capitale, era più abbronzato di un indiano Lakota, smagrito in un lino Bluette, placido come un bonzo.

Tanto che alla notizia, in diretta, del nuovo scandaletto i suoi due telefoni trillavano impazziti, ma lui si spazzolava tranquillamente due piattoni di cous cous, un litrozzo di vinello, insalata caffè e ammazzacaffè (“Come vede, non mi è passata la fame…”). Da cronista abbiamo registrato il tutto, compresa un’intervista incazzosetta uscita su Libero. Ma non divaghiamo. Ora, talk show e giornali sul tema Saccà-intercettazioni, ci hanno già ravanato abbastanza. Tutto sappiamo sull’ormai leggendaria attrice Antonella Troise detta “la pazza” o “la cagna spaziale” (a seconda dell’intercettato). Tutto s’è scritto sul vischio delle “segnalazioni”, sugli imbarazzi di destra e sinistra in perfetta par condicio; su Giuditta Saltarini, su Marta Flavi, sul cowboy Tex Willer Bordon e la mandrie di vacche e vitelli portate più o meno al pascolo di Saxa Rubra ; sulla rilevanza etica e sull’irrilevanza penale delle telefonate catturate nell’aria.

Non si è rilevato, invece, un curioso cambio d’atteggiamento che i mass media stanno gradualmente adottando verso l’ex direttore di RaiFiction finito sospeso per un’imbarazzante (nella forma, qui bisogna ammetterlo) telefonata con Silvio Berlusconi prima delle elezioni. Cavolo. Per quelli –come noi- convinti che quando uno è terra sia cristianamente e montenellianamente doveroso porgergli una mano, il fatto che tutti - da Raitre al quotidiano di Rifondazione Comunista (pur con ironia)- oggi tendano a riabilitare Saccà, bè, un po’ stranizza. Per chi –come noi- riteneva, impopolarmente, che Saccà fosse prima di tutto l’autore dei più grandi risultati televisivi Rai degli ultimi anni e del taglio di costi Rai del 300% ; e, solo poi, l’ oggetto di una stranissima persecuzione, bè, la cosa un po’ ruga. Certo –si dirà- è cambiato il clima politico; e la lotta a buttarsi sul carro del vincitore è da sempre in Rai un’attività olimpica. Ma non è solo questo.

 Al di là – lo ripetiamo- dell’ineleganza del gesto (molto inelegante), le telefonate del dirigente Rai per antonomasia, rivelano, però, dati incontrovertibili: a) Saccà è, soprattutto, un paraculissimo, e forse è così che in Rai si sopravvive. A chiunque gli raccomandava attrici –premier compreso- diceva sì sì, ma poi nessuna passava il provino. Addirittura ad una Letizia Moratti incazzatissima per l’esclusione della moglie del suo braccio d estro Glisenti, Eliana Miglio, Saccà rispondeva: “Questo rigore, Letizia, me l’hai insegnato tu…”. Più paraculo di così; b) In Rai, diavolo, è faticosissimo: si passa metà più tempo nel ricevere le raccomandazioni degli altri che nel lavoro effettivo. Per inciso, l’altra metà del tempo si consuma a beccarsi i cazziatoni di chi non riesci a raccomandare; c) il nuovo attacco a Saccà è avvenuto il giorno prima che il Giudice del Lavoro si pronunciasse sul suo reintegro ex art. 700. Reintegro puntualmente, in seguito, avvenuto (ovvio). A pensar male si fa peccato ma s’azzecca...; d) a scorrere le vere cifre si scopre che nei risultati operativi del gruppo degli ultimi otto anni, la Rai del 2000 del primo Cappon faceva 28 milioni di euro. Saccà la prese nel 2001 annus horribilis e la portò a 200 milioni, tracciando le linee-guida per il successore Cattaneo che raggiunse quota 223. Poi, con Meocci ci fu il calo a 106 fino ad arrivare all’abisso dell’attuale Cappon, tornato a 25. E questi sono dati Rai, occhio. Tenete conto che Saccà è un pignoratore, uno che è riuscito a risparmiare 2 milioni sulle auto blu e un altro paio tagliando le telecamere inutili degli show; e) ora tutti siamo curiosi di conoscere il giudizio, l’8 luglio, ultimo del Tribunale di Napoli sull’accusa di corruzione al nostro (che non c’è).

Tenete conto che Saccà ha già pronta una richiesta di risarcimento danni per 5 milioni di euro. Ora, senza annoiare ulteriormente il lettore, da tutta questa sporca faccenda abbiamo desunto –e lo diciamo da vecchi liberali assai poco berlusconiani- che il problema non era affatto attaccare Berlusconi. Quello è solo il primo livello interpretativo. Il secondo è più raffinato. Con i costi tagliati all’osso e la Rai competitiva come un’azienda privata, gli stessi affezionati politici del partito Rai non potevano più avere margini (in tutti i sensi). Saccà , insomma, era un vero, pericoloso rompicoglioni. (Naturalmente, se avessimo sbagliato l’analisi del caso e dell’uomo, riconosceremo l’errore. Ma, presuntuosamente, non crediamo ad oggi la circostanza verificabile….)

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