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Zen Circus, dai centri sociali a Sanremo: "Ma non cambieremo la nostra natura"

La band toscana sarà protagonista del prossimo Festival. Tgcom24 ha intervistato il batterista Karim Qqru

Zen Circus, dai centri sociali a Sanremo:
ufficio-stampa

Dopo 20 anni di attività, 10 album e più di mille concerti gli Zen Circus sbarcano a Sanremo e portano il rock sul palco dell'Ariston.

Dai centri sociali al festival nazional-popolare, il gruppo toscano indipendente stupisce gli stessi fan ed entra a far parte della squadra dei big messa a punto da Claudio Baglioni. Gli Zen Circus attraversano una fase molto positiva della loro carriera, gli ultimi due album, "La terza guerra mondiale" e "Il fuoco in una stanza", hanno raggiunto la vetta delle classifiche. Karim Qqru, 37 anni e batterista della band composta da Andrea Appino (frontman del gruppo), Ufo (bassista) e Francesco "il maestro" Pellegrini (chitarrista), suona con gli Zen dal 2003, e dice che 10 anni fa nessuno di loro avrebbe mai pensato di partecipare a Sanremo.

Poi cosa è successo?
La nostra band ha avuto un percorso anomalo. Siamo sulla scena musicale da tanto tempo e non abbiamo mai avuto un exploit in termini di successo. Da gruppo di nicchia, in maniera molto graduale, abbiamo raggiunto dei risultati che non avremmo mai immaginato. Sanremo non cambierà la nostra vita, ma dopo 20 anni di carriera ci piace l'idea di celebrare un festival che, piaccia o meno, racchiude usi e costumi del nostro Paese.

Crede che sia mutato qualcosa sulla scena musicale italiana o siete cambiati voi?
A partire dall'album "La terza guerra mondiale" ci siamo avvicinati molto al mondo della televisione. Siamo stati ospiti in diversi programmi televisivi e molti tg hanno realizzato servizi sui nostri lavori. Da parte nostra, negli ultimi tempi, c'è stata un'apertura al pubblico generalista. Ma questo atteggiamento converge con un risveglio mediatico nei confronti di quello che viene chiamato mondo indipendente. Noi di contro non siamo diventati una band pop e rimaniamo fedeli alla nostra musica e ai nostri temi

"L'amore è una dittatura" è il brano che portate a Sanremo. Parla d'amore o di politica?
E' una canzone che ripropone tematiche a noi care. Gli Zen parlano spesso dei rapporti sociali e della collettività. Si tratta di un brano volto alla ricerca del senso della comunità. E vogliamo che arrivi a tutti, senza distinzioni di età, classe sociale e ideologia politica. Tra l'altro è una canzone che non è stata pensata per Sanremo, ma è perfetta per il festival. E' nata fin da subito con un arrangiamento di fiati e archi e quindi realizzata per l'orchestra.

Vent'anni sono tanti come avete fatto a rimanere sempre così uniti?
Gli Zen sono la mia famiglia. Insieme al lavoro della band, tra un disco e un altro, siamo riusciti a portare avanti anche progetti individuali. Questo senza mai ostacolarci. Siamo stati, negli anni, gli uni i sostenitori degli altri. Il nostro segreto è la schiettezza, anche se in modo brutale, ci diciamo tutto. Questo ci ha aiutati a rimanere compatti anche nei momenti più difficili. Sono stati molti? Sì. Dal 2003 al 2008 abbiamo attraversato un periodo di forte difficoltà: non avevamo soldi. Nessuno proviene da famiglie facoltose e con la musica non si guadagnava. Abbiamo fatto dei lavori alternativi: dal volantinaggio all'operaio in fabbrica. Appena c'era del tempo si organizzavano i tour. Avevamo così pochi soldi che prendevamo le multe al casello autostradale sapendo di pagarle solo dopo il misero compenso del concerto. Gli Zen si sarebbero potuti sciogliere decine di volte, ma non abbiamo mai molato. Quel periodo ci ha fortificati. Poi dal 2009 le cose hanno preso un'altra piega. Abbiamo iniziato a vivere di musica e abbiamo fissato un tour con 165 date. Dal 2014 in poi, con gli ultimi due album, abbiamo raggiunto un pubblico via via maggiore.

Toscano di adozione, ma sardo d'origine. Batterista degli Zen Circus dall'età di 21 anni: da dove nasce questa passione?
Attualmente vivo a Forlì, ma sono nato ad Alghero. Trasferito a Pisa con la mia famiglia, ho iniziato con la musica a 14 anni, ma suonavo la chitarra. Proprio in quegli anni ho conosciuto Andrea, frontman del gruppo. Con la musica è stato un colpo di fulmine: per me è ossigeno. Nella mia famiglia non ci sono musicisti, ma sono cresciuto in un ambiente con degli stimoli culturali molto forti. A 7 anni avevo già letto "Il vecchio e il mare" di Hemingway. I miei genitori mi hanno insegnato che la cultura è il pane quotidiano e non qualcosa di elitario. Devo molto della mia formazione, anche musicale, a loro.

Figlio, ma oggi anche papà di Tommaso…
Sono un padre che cerca di gestire le proprie emozioni. Credo molto nelle regole e nel fatto che dei figli bisogna essere genitori e non amici. Insieme alla mia compagna, Alice, vogliamo creare in Tommaso un forte senso di indipendenza. Siamo molto affettuosi con lui, ma mai apprensivi. Bisogna prepararlo a quella che sarà la vita da solo. Vogliamo far comprendere a Tommaso, le doti con cui potrà conquistare il mondo. Fargli sviluppare le sue passioni senza mai tarpargli le ali.