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Viola Nocenzi: "Nella mia musica c'è ancora la capacità di stupirsi di fronte alle cose belle"

Eʼ uscito lʼalbum dʼesordio eponimo della musicista e cantautrice figlia di Vittorio Nocenzi, storico leader del Banco del Mutuo Soccorso

Figlia d'arte, musicista e artista con una lunga esperienza alle spalle, Viola Nocenzi si mette per la prima volta alla prova nelle vesti di cantautrice. E lo fa con un album raffinato, originale e personale tanto che si intitola semplicemente con il suo nome. "Ho scelto i brani che sentivo per me urgenti - dice lei a Tgcom24 -. I temi portanti sono la bellezza e l'amore, perché non dobbiamo dare per scontate le cose belle".  

 

 

Come scrive in uno degli ultimi post sul suo blog personale, per Viola "la musica è una cosa seria". Questo non significa debba essere seriosa, sono due cose ben diverse. Lei è nata respirando musica, e che musica, quella del Banco del Mutuo Soccorso di papà Vittorio. Uno dei gruppi chiave della storia del progressive italiano, capace spesso di coniugare qualità e complessità di scrittura a una facilità di fruizione che soprattutto negli anni 80 si è espressa attraverso brani diventati vere e proprie hit. Viola ha inizato a suonare il pianoforte a 4 anni per poi dedicarsi al violino e, a 13 anni, al canto di cui è poi diventata una stimata insegnante. Nel frattempo si è laureata in filosofia. Adesso ha deciso di esprimere la sua anima con uno spettro ancora più ampio mettendosi alla prova come cantautrice in un lavoro che mescola rock, pop, elettronica in un impasto nato sotto la guida di suo zio Gianni Nocenzi, con Vittorio co-fondatore del Banco. Il pubblico ha decisamente apprezzato visto che in pre-order sono andate esaurite tutte le copie che erano state stimate considerando il suo status di esordiente. 

 

viola nocenzi 2020
Ufficio stampa

 

Hai lavorato nella musica per anni. Perché questo era il momento giusto per questo passo?

Le cose arrivano quando è il momento giusto. Non sono fatalista ma sono legata al karma. Ho fatto tutto quello che amavo, sono stata fortunata. Ho studiato quello che amavo. Certo, mi è stato chiesto di farlo in maniera rigorosa e approfondita, ho avuto un'educazione molto rigida. Però mi sono state date tutte le armi per poterla portare avanti. Poi ho iniziato a insegnare canto che è la mia grandissima passione. Io non sono un'insegnante di canto in attesa del debutto, sono un'insegnante convinta che questo sia uno dei lavori fondanti della mia esistenza. 

 

Però adesso era il momento di affrontare un'altra sfida...

Avevo un po' di materiale ma l'idea era quella di trovare i brani che sentivo veramente giusti, altrimenti no. E questo "altrimenti no" è durato un po' di anni. Poi ho trovato l'attenzione che volevo. Ha influito anche il legame affettivo con mio zio. Insomma si sono allineate tante cose. Tra l'altro oggi io vivo in Lombardia e paradossalmente sarebbe stato tutto più semplice quando vivevo a Roma in altri contesti. Invece è accaduto tutto così, ed è stato inevitabile fino alla fine, anche durante la pandemia.  

 

In quanto tempo hai messo insieme tutto?

I sette brani sono stati scelti tra tanti, quasi una cinquantina, perché io scrivo sempre. Ho inizio a lavorarci sopra un po' di tempo fa, probabilmente questi sette risalgono a tre anni e mezzo fa. Poi mi sono confrontata con mio zio Gianni per proporgli una rosa di possibilità. E poi è venuto tutto il lavoro degli arrangiamenti, della produzione, della realizzazione artistica... un lavoro che arriva da lontano.

 

Quale è stata la linea per scegliere i brani?

Più che altro in quel momento ho scelto gli ultimi scritti e quelli che parlavano di situazioni che stavo vivendo. Ho scelto quelli che sentivo per me urgenti. Ne avevo in realtà proposti nove e ne sono stati scelti sette.

 

viola nocenzi 2020
Ufficio stampa


Tuo zio ha lavorato sul disco in maniera profonda e sullo sfondo c'è anche la supervisione di tuo papà. L'essere circondata da affetti personali in questo contesto come ha influito?

Sicuramente mi ha fatto vivere questa esperienza con l'idea di poter imparare. Avevo già scritto tutto, è come se avessi affidato loro una parte della mia anima, cosa che faccio da quando ero piccola. Con mio papà ho lavorato da sempre, con mio zio è stata la prima volta. E ho imparato tante cose sulle frequenze, sui suoni, sulle scelte dei timbri e delle tonalità, sulla consecutio temporum scelta per alcuni tipi di elementi inseriti e tolti in fase di registrazione. 

 

Hai incontrato qualche difficoltà nel muoverti in terreni per te nuovi? 

Sinceramente ho fatto anche un po' di resistenza. Era un tipo di arrangiamento diverso per me, che ero abituata a cantare sempre in acustico. Quindi trovarmi a cantare brani così particolari, dove l'elettronica si mescolava al rock, è stato strano. Ma ho imparato tanto. Questa cosa mi ha insegnato a cantare in modo molto ritmico anche in italiano. E' stato uno scambio che mi ha arricchito.

 

Il fatto di appartenere alla "famiglia" del Banco, che ha un posto così importante nella storia della musica italiana degli ultimi 40 anni, è stato per te una responsabilità aggiuntiva o un elemento di tranquillità?

Non ci ho proprio pensato! Perché mio papà mi ha sempre insegnato che se ti senti importante non lo sei. Quindi seguendo la sua educazione io ho pensato veramente soltando a scrivere con il cuore. Ho proprio avuto la sensazione di aver un buon cuore sin da bambina quindi mi sono affidata a quello perché così facendo ero sicura che il mio disco sarebbe stato autentico. Poi il sorriso dell'approvazione di papà alla fine del lavoro ha avuto il suo peso. Non era scontato. 

 

Ha ascoltato il lavoro solo una volta ultimato o ha seguito le varie fasi della produzione?

Ogni tanto si confrontava con mio zio e qualche volta mi ha dato qualche riferimento, ma sempre da esterno perché ha lasciato campo libero al fratello.

 

I temi portanti di queste canzoni sono la bellezza e l'amore in genere. Come mai hai voluto focalizzarti su questo?

Potrebbero essere visti anche come temi inflazionati. Io ho sempre creduto nell'importanza della bellezza nel senso della capacità di meravigliarsi di fronte alle cose. Per me la bellezza e l'amore sono quella meraviglia di cui parla Montale. Quella del fanciullino e quella che sinceramente mi appartiene. Secondo me tutti dovremmo essere un po' più grati di ciò che abbiamo, un po' più umili e pulirci dalle scorie che la società ci mette addosso. 

 

viola nocenzi 2020
Ufficio stampa

 

Credi che in questi tempi ci sia la tendenza a dare troppo per scontate cose che invece sono essenziali?

Sono sempre stata colpita da Christo, l'artista morto poco tempo fa. Lui era celebre per  coprire i monumenti impacchettandoli per poi farli riscoprire. Credo che chi conosce la sofferenza sia in qualche modo portato ad avere una sensibilità acuita, e quindi in un senso più generalizzato e sociale una pandemia può portare gli individui a capire che non è tutto scontato. Ormai la ricerca dell'introspezione sembra essere una cosa da dinosauri, anche perché è legata a dei luoghi comuni. Il fatto di essere introspettiva non impedisce di essere per esempio vanitosi. Io sono entrambe le cose! Dovremmo tutti andare tutti un po' oltre i luoghi comuni.

 

Hai lavorato tanto nella musica ma è la prima volta che al pubblico arrivano canzoni scritte da te. Che effetto ti fa?

Stranissimo. Tra l'altro ho un rapporto molto vivace e attivo con chi mi segue sui social, mi mandano molti messaggi. C'è chi mi ha raccontato che queste canzoni hanno fatto da colonna sonora alla nascita di un amore, altri hanno fatto cover e poi delle bambine hanno rifatto la coreografia del video di "Lettera da Marte". E' tutto molto emozionante.

 

Sei un'artista con una preparazione professionale di altissimo livello. Cosa pensi del fatto che oggi invece questa cosa per molti sembra non contare nulla?

Posto che dalla mia posizione non solo non mi muovo ma cerco addirittura di crescere, non mi sento di giudicare gli altri. Mi piace la solitudine, non cerco l'approvazione a prescindere. Mi spiace solo che ci sia poco spazio per persone come me e meglio di me e ci sia invece così tanto spazio per il restante approccio. Non dico che l''altro non debba esistere però dovrebbe essere più facile anche per chi vuole seguire altre vie.

 

La musica disimpegnata è sempre esistita, ma una volta i due mondi coesistevano in maniera naturale: ricordo per esempio il Banco in un contesto pop come quello di "Discoring". Perché questa cosa non sembra essere più possibile?

Non so come sia andata la cosa, se un certo mondo è stato escluso volontariamente oppure è stato escluso perché la gente non poteva più. Sono un po' fuori da certe dinamiche. Però lo vedo anche nella mia esperienza di vocal coach: sebbene il mio percorso didattico riguardi allievi che hanno già una certa preparazione, a volte mi si presentano chiedendo di cantare delle canzoni... Per fortuna quando faccio i miei programmi radiofonici cerco di mandare musica di un certo tipo.  

 

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