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Sting: "No prediche, è il momento della riflessione e dell'ironia"

Lʼartista inglese ha pubblicato "57th & 9th", un album che segna un ritorno al rock dopo un decennio di esperimenti "esoterici" e marzo sarà in concerto in Italia. Tgcom24 lo ha incontrato

Niente orchestre sinfoniche o ballate medievali.

Sting torna a imbracciare il basso e pubblica "57th & 9th", album che lo riporta sulla strada del rock. Un lavoro maturo e stratificato nel quale l'artista inglese tocca argomenti di forte attualità, dalla crisi dei migranti, ai problemi dei cambiamenti climatici passando per la scomparsa di artisti celebri. "Non voglio fare prediche - dice a Tgcom24 -. Questo è il momento della rifessione e dell'ironia".

Quando qualche mese fa è stata annunciata la pubblicazione di questo lavoro, accompagnandola con un roboante "Sting ritorna al rock", molti hanno pensato a un lavoro in stile Police. Niente potrebbe essere più fuorviante sebbene qualcuno abbia definito l'album "un album dei Police senza due Police". In realta "57th & 9th" è più la summa della carriera solista di Sting. Ci sono certo echi dell'indimenticato terzetto ma questi si esauriscono in un paio di pezzi. Il singolo "I Can't Stop Thinking About You" (costruito sul medesimo giro di "Truth Hits Everybody") e l'aggressiva "Petrol Head". Il resto è 100% Sting nelle diverse evoluzioni che in questi anni lo hanno visto passare dal jazz alla tradizione folk, fino agli arrangiamenti sinfonici.

"Chi dice che sono tornato al rock non deve dimenticare che io suono rock tutte le sere, per quanto sia vero che negli ultimi dieci anni ho realizzato dischi piuttosto esoterici seguendo la mia curiosità senza avere velleità commerciali - dice -. Ma mi piace sorprendere e sorprendermi. Ed è esattamente quello che ho provato a fare con questo disco. Sono andato in studio senza avere idea di quello che avrei fatto. Mi sono circondato di musicisti con cui lavoro da anni e abbiamo improvvisato". In quanto al Police... chiude il discorso con una puntualizzazione tra il piccato e l'ironico: "Ricordo che di quel gruppo sono stato cantante, bassista, autore e arrangiatore. Di sicuro è una band che influenzato molti. Tra questi anche me".

Da sempre in prima fila per battaglie civili e sociali, in questo album Sting non si tira indietro e affronta alcuni dei problemi che il mondo si trova a fronteggiare ai giorni nostri. A partire dal dramma dei migranti, che in un brano intenso come "Inshallah" il cantante racconta da un punto di vista umanitario e non politico. "Credo sia un problema risolvibile solo con l'empatia - dice -. Dovremmo riuscire a immaginare noi e la nostra famiglia su quelle piccole barche e non è detto che questa cosa un giorno non toccherà a noi. Quelle persone stanno tentando di sfuggire dalla fame e dalla guerra che si combatte con armi costruite qui e che noi vendiamo. Ma in futuro potrebbero tentare di sfuggire ai cambiamenti climatici. Inshallah è una parola meravigliosa: contiene significati come rassegnazione, umiltà, coraggio, speranza".

Ai cambiamenti climatici è dedicata "One Fine Day", una canzone che ironicamente prova a immaginare che abbia ragione chi sostiene che non siano affatto un problema. "Il neo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, è tra questi - spiega Sting -. Io sono inglese, e anche se vivo a New York, non voto negli Stati Uniti. Credo sia importante quindi non schierarsi e prendere posizione da straniero nella politica interna. Ma naturalmente il presidente degli Usa e un po' il presidente del mondo libero occidentale. E quindi sono un po' preoccupato". Molti artisti, a differenza sua, si sono schierati in occasione di queste elezioni presidenziali, come era stato fatto in occasione della rielezione di George W. Bush, con il "Vote For Change Tour". E i risultati sono stati in entrambi i casi fallimentari. Il rock non riesce più a smuovere le coscienze? "Capisco perché non abbia funzionato - dice -. Se sei un minatore in Virginia o un metalmeccanico in Ohio e vedi tutti questi personaggi ricchi che si divertono con Hillary forse non sei portato a simpatizzare granché, ma soprattutto a seguire quello che dicono. La mia strategia adesso è quella di usare l'ironia e non predicare. Forse può essere più efficace".

In un anno come questo era impossibile per un artista come lui non sentirsi toccato dalla scomparsa di grandi rockstar. A Prince in particolare, ma anche a David Bowie, è dedica "50,000". "Sono stati anche i miei idoli, personaggi molto importanti nella mia vita - racconta -. C'è un bambino dentro di noi che guarda a loro e li crede immortali. È un'illusione che può essere di conforto ma è pur sempre un'illusione. Questa è una canzone che parla della mortalità dal punto di vista di uno come me, che è stato una rockstar e che guarda indietro alla sua vita. È sicuramente apprende più filosofia ora di quando e era sotto i riflettori. Sicuramente in questa fase c'è più riflessione".

Sting porterà in tour il nuovo album a partire da febbraio, e intorno a marzo arriverà in Europa (al Fabrique di Milano, il 23 marzo, l'unica data italiana). Intanto però la prima occasione per suonare le nuove canzoni dal vivo è stata una serata del tutto particolare, che lo ha visto riaprire il Bataclan a un anno dalle stragi di Parigi. "Quel teatro fa parte della mia storia e quando me lo hanno chiesto, una settimana fa, ho accettato subito - spiega -. Ho iniziato in maniera molto sobria, con Fragile che credo sia molto calzante sia per il testo che per la musica. C'era con me un trombettista libanese, amico Ibrahim Maalouf, un amico. Ho pensato fosse importante una presenza islamica sul palco con me. Poi la serata ha preso una piega più gioiosa, si vedeva che la gente era felice di stare insieme".