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Venezia 80, con "Lubo" Giorgio Diritti racconta un genocidio dimenticato

Al Lido il sesto e ultimo degli italiani in concorso con la storia vera dei nomadi Jenisch in Svizzera negli anni 30

Fotogallery - Venezia 80, il red carpet di "Lubo"

Applausi a Venezia 80 per "Lubo" di Giorgio Diritti, sesto e ultimo degli italiani in concorso.

Il film, liberamente ispirato al romanzo "Il seminatore" di Mario Cavatore racconta la storia di un nomade (Franz Rogowski), uno Jenisch nella Svizzera degli anni 30, la sua persecuzione e il suo desiderio di rivincita, di rifarsi una vita in una vicenda storica poco conosciuta, drammatica e ammantata di razzismo. Per il regista di "L'uomo che verrà" e "Volevo Nascondermi" è "una storia d'ingiustizia monito per l'oggi".

 

 

La storia nel film

  Giorgio Diritti ha spiegato la storia del protagonista su cui è incentrata la sua nuova pellicola: "E' un povero cristo nel senso buono del termine, che fa l'artista di strada e che nella vita si trova a subire una cosa più grande di lui, una grande ingiustizia: vedere i propri figli, mentre lui deve fare il militare nell'esercito elvetico che si prepara a difendere i confini dal rischio di un'invasione tedesca, portati via solo perchè è un nomade. Il suo modo di vivere diverso diventa una discriminante che poi scatena quello che diventerà una catena del male". Questa storia accade in Svizzera negli anni '30, ma va avanti fino agli anni '70: la Pro Juventute, una fondazione filantropica creata con l'intento di sostenere i diritti e le esigenze dei bambini, varò il programma di rieducazione nazionale per i bambini di strada, di fatto deportando, sradicando i figli dei nomadi affidandoli ad altre famiglie o al collegio. Tra i consulenti storici anche Uschi Waser, una ex bambina Jenisch strappata alla sua famiglia, così come Jenisch (la terza maggiore popolazione nomade europea, dopo i Rom e i Sinti) sono stati sul set in Alto Adige i dialogue coach visto che la lingua originale è tramandata oralmente.

 

 

 

L'ingiustizia

  Il tema dell'ingiustizia è in Lubo e in molti altri film di Venezia 80. "C'è la sensazione che la società si impantani sempre sulle stesse cose, la scommessa triste oggi, e che mi sembra abbastanza persa, è che negli anni '70 si sperava in un mondo migliore. Oggi, passati tanti anni, c'è la sensazione che semmai c'è rassegnazione. Si è parlato di recente dei bambini ucraini strappati alle famiglie e portati in Russia, la storia si ripete", spiega Diritti convinto che "questa storia sia un segnale politico, non alle istituzioni, ma alle sensibilità delle persone per avere un atteggiamento vigile contro le ingiustizie. Il cinema non è intrattenimento, un buon film per me è qualcosa che ci cambia e resta con noi dentro per tanto tempo. Credo in un cinema che sia utile per migliorarci".

 

 

I protagonisti

 I due protagonisti sono Franz Rogowski, l'attore tedesco di "Disco Boy" e di "Freaks Out", nel ruolo di Lubo, e Valentina Bellè ("The Good Mothers", "La vita accanto" di Marco Tullio Giordana) in quello dell'amata Margherita. "Due personaggi simili nella ricerca dell'amore semplice e nelle sofferenze della guerra", spiega Bellè. Il regista non ha avuto dubbi nel trovare in loro i protagonisti, "capaci di senso di speranza e di fiducia, con la poesia dentro".

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