Un brano diventato un simbolo

"L'estate sta finendo" dei Righeira quarant'anni dopo: la malinconia leggera che ci accompagna ancora

Dalla spiaggia spensierata degli anni 80 alle incertezze del presente: la canzone del duo torinese rimane un inno alla gioventù che sfugge al tempo che corre, più attuale che mai

di Domenico Catagnano
10 Set 2025 - 10:33
 © Tgcom24

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Quarant'anni fa, nella bella stagione del 1985, i Righeira segnavano l’immaginario collettivo con "L'estate sta finendo", un brano che già allora sembrava destinato a diventare un classico della nostalgia. All'apparenza tormentone da spiaggia ispirato agli anni 60, con il suo ritmo scanzonato e il ritornello immediato, in realtà nascondeva una vena più sottile, capace di raccontare la malinconia della giovinezza che passa, delle vacanze che sfumano, delle notti calde che cedono il passo ai primi venti d’autunno.

Era il tempo dell'esplosione delle radio libere, dei juke-box nei bar e delle cassette consumate negli stereo portatili. La canzone, introdotta da un avvolgente giro di sax che ricordava Fausto Papetti, scalò la hit parade e vinse il Festivalbar, ma non fu solo un successo musicale: divenne un frammento di memoria collettiva, una colonna sonora di fine stagione alla quale poter legare un volto, una vacanza, un bacio tra "languidi brividi" che "come il ghiaccio bruciano" e "gabbiani che arrivano in città".

Riascoltata oggi, in questo settembre in cui - appunto - l'estate sta per (o dovrebbe…) finire, non ha perso la sua forza, forse perché la sua malinconia è universale. L'estate che termina non è mai soltanto il cambio di stagione, ma la fine di un’età della vita, di un momento irripetibile. Si cantava (e si canta ancora oggi) quasi come una piccola cerimonia di passaggio, un modo per salutare il tempo che fugge "anche se non mi va" e ammettere che niente resta uguale.

Oggi, nel 2025, la lettura si fa ancora più densa. L'estate dei giovani non è quella più soleggiata e spensierata di quegli anni 80 usciti dalla cupezza del decennio precedente. Fuor di metafora, il cambiamento climatico che ha fatto svanire la linearità delle belle giornate di luglio e agosto, sembra specchiarsi nell'adolescenza e nella giovinezza, che sono diventati territori più fragili, complicati, segnati da incertezze globali, pressioni sociali e da un tempo scandito dagli schermi. Per molti ragazzi, l'estate non è più sinonimo di libertà assoluta: a volte sembra non cominciare mai davvero, schiacciata da ansie e aspettative, oppure finire troppo in fretta senza aver lasciato ricordi forti.

In questo scenario, il messaggio di "L'estate sta finendo" suona quasi profetico. La sua leggerezza nascondeva già allora un invito a riconciliarsi con la caducità delle cose, a vivere il momento per quello che è, senza pretendere che duri in eterno. È la malinconia dolce di chi sa che ogni stagione ha la sua bellezza, ma anche il suo tramonto.

Non stupisce che, ancora oggi, quella canzone, omaggiata nell'ultimo Sanremo con una bella riproposizione dei Coma_Cose nella serata cover, continui a far ballare nelle feste e nelle piazze con un sorriso sulle labbra e un nodo in gola. Perché l'estate finisce sempre, ma ci lascia addosso la stessa consapevolezza: che la giovinezza, come il tempo, non si può trattenere, e che proprio in questa fragilità forse risiede la sua bellezza.

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