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Kevin Spacey, il verdetto della giuria: "Non molestò Anthony Rapp"

Il protagonista di "House of Cards" era accusato di avance sessuali nei confronti dell'attore (allora 14enne) dopo una festa nel 1986

Kevin Spacey, il verdetto della giuria: "Non molestò Anthony Rapp" - foto 1
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Kevin Spacey non ha molestato Anthony Rapp quando quest'ultimo, anche lui attore, aveva 14 anni.

Questo il verdetto della giuria che porta a conclusione il processo civile innescato dalle accuse lanciate dal 2017 da Rapp, che aveva chiesto un risarcimento di 40 milioni di dollari. Quando il verdetto è stato letto, Spacey ha abbassato la testa, poi ha abbracciato avvocati e altre persone prima di lasciare l'aula. Il protagonista di "House of Cards" era accusato di avance sessuali nei confronti di Rapp dopo una festa, nel 1986, nell'appartamento di Spacey a Manhattan. All'epoca Spacey aveva 26 anni.

Molestie, Kevin Spacey in tribunale a Londra

 

Nel dibattimento l'avvocato di Rapp, Richard Steigman, ha esortato i giurati a far pagare Spacey per aver tentato di fare un'avance sessuale a Rapp nel suo appartamento di Manhattan e ha accusato Spacey di aver mentito sul banco dei testimoni. Jennifer Keller, legale di Spacey, ha detto ai giurati che "Rapp si è inventato l'incontro".

 

Il verdetto della giuria mette fine a uno dei processi che più ha animato il movimento del "MeToo". Spacey ha accolto la decisione con sollievo e si è lanciato in un abbraccio dei suoi legali prima di lasciare l'aula. I giurati hanno impiegato meno di 90 minuti per decidere che Spacey non era responsabile delle molestie nonostante l'appello del legale di Rapp, Richard Steigman, a far pagare l'attore due volte premio Oscar per aver fatto delle avance al suo assistito quando aveva solo 14 anni dopo una festa.

 

Accuse che Spacey, tramite il suo avvocato Jennifer Keller, ha respinto seccamente bollandole come inventate. Secondo Keller, negli anni successivi all'incidente Rapp si sarebbe ingelosito della carriera di Spacey mentre lui restava relegato a ruoli minori. "Eccoci qui oggi con Rapp che sta ricevendo più attenzione per questo processo che per la sua intera carriera", ha detto Keller gettando un'ombra sul "MeToo".

 

"Questo non è uno sport in cui ci si schiera con il 'MeToo' o contro il 'MeToo'. Il nostro sistema richiede prove a sostegno delle accuse di fronte a una giuria imparziale", ha spiegato. Il legale di Rapp ha cercato di convincere la giuria fino alla fine spiegando che Spacey aveva mentito sul banco degli imputati. "Manca di credibilità", ha dichiarato.

 

I giurati però non lo hanno ascoltato e hanno respinto la causa. Già prima che iniziassero le deliberazioni il giudice di New York aveva archiviato parzialmente le accuse contro Spacey, chiamando i giurati a decidere solo se era responsabile per aver usato violenza nei confronti di Rapp e dichiarando il non luogo a procedere per l'accusa di avere intenzionalmente inflitto al ragazzo danni emotivi.

 

"E' essenzialmente un duplicato dell'altra accusa", aveva detto il giudice. Rapp e Spacey hanno testimoniato durante il processo e nel corso della sua deposizione l'attore di "House of Cards" aveva detto di non essersi dichiarato pubblicamente omosessuale per anni perché traumatizzato dal padre Thomas Fowler, che era razzista e omofobo.

 

"Mio padre era un suprematista bianco e neonazista", le sue dichiarazioni. "Significava che io e i miei fratelli eravamo costretti ad ascoltare ore e ore di mio padre che ci insegnava le sue convinzioni". Del suo orientamento sessuale "non ne abbiamo mai parlato. Non ho mai parlato pubblicamente di queste cose". Ha poi aggiunto che quando ha iniziato a fare teatro "mi urlava contro all'idea che potessi essere gay".

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