L'INTERVISTA

Crowded House: "Siamo una grande famiglia che fa musica in piena libertà"

La band australiana ha pubblicato il nuovo album "Gravity Stairs", Tgcom24 ne ha parlato con il bassista Nick Seymour e il chitarrista Liam Finn

di Massimo Longoni
25 Lug 2024 - 08:57
 © Instagram

© Instagram

Si intitola "Gravity Stairs" il nuovo album dei Crowded House. La band australiana è tornata a due anni di distanza da "Dreamers Are Waiting" con un album di ottima fattura e ora sta girando il mondo in tour. Dopo le prime date in patria, Neil Finn e compagni sono arrivati in Europa per un tour inglese di grande successo. Tgcom24 ha parlato con Nick Seymour, bassista e membro fondatore del gruppo, e con Liam Finn, chitarrista e figlio del leader del gruppo Neil Finn, entrato nella band a partire dal 2020. 

Nel mondo della musica ci sono strane traiettorie per cui una band con una storia che copre 40 anni di carriera alle spalle, una decina di album e svariati tour mondiali, finisca con l'aver toccato l'Italia in maniera solo tangenziale, restando di fatto sconosciuta alla grande massa. Salvo che poi da noi diventa un classico "Alta marea" di Antonello Venditti senza che molti sappiano che si tratta di una cover di "Don't Dream It's Over", il brano che di fatto ha imposto i Crowded House all'attenzione internazionale nel 1987. Di acqua sotto i ponti da allora ne è passata parecchia e, tra scioglimenti, reunion e cambi di line up più o meno forzati, oggi i Crowded House sono una band molto diversa da allora, sempre più stretta nel concetto di famiglia musicale, con i fondatori Neil Finn e Nick Seymour affiancati da Liam ed Elroy Finn, figli del primo, e Mitchell Froom, che della band in passato è stato a lungo produttore. Con questa formazione "Gravity Stairs", che il gruppo sta portando ora in giro per il mondo, è il secondo lavoro. 

Quanto tempo ha richiesto la scrittura e la registrazione di "Gravity Stairs"?

Liam: La cosa bella di questo disco è che abbiamo scoperto c'è un modo per autoingannarci facendoci credere di non star facendo un disco. Il risultato è che così riusciamo a ottenere al primo colpo performance davvero grandiose, autentiche, in maniera quasi incosciente. In un certo senso avevamo fatto una cosa simile con "Dreamers Are Waiting". In questo caso ci siamo dovuti isolare per due settimane prima di un tour, perché in Australia era la fine dei lockdown dei tempi del Covid e così via e c'erano ancora delle restrizioni, così ci siamo ritrovati tutti a Byron Bay, nel Queensland settentrionale, quasi una foresta pluviale. Chad Blake poi ci ha consigliato un ingegnere del suono che viveva da quelle parti e che sarebbe stato una buona persona con cui lavorare.

Le canzoni sono nate lì improvvisando?

Liam: Papà aveva un sacco di canzoni scritte e pensava che due o tre per l'album. La nostra intenzione era solo di provare e imparare qualche canzone mentre ci trovavamo in studio tutti insieme. All'improvviso ci siamo trovati con otto brani registrati con arrangiamenti completi partendo da quelle che erano semplici bozze. Di fatto lì è nato il cuore del disco, realizzato suonando insieme dal vivo in una stanza. La maggior parte delle chitarre che ho suonato sul disco sono state realizzate lì. Non sono certo le mie linee di chitarra più appariscenti ma sono parte del collante che tiene insieme i brani, ogni volta che ho provato a riscrivere una linea di chitarra e a sostituirla non ha mai avuto la stessa la magia che si era creata nel momento in cui suonavamo senza pensare.

Il resto dei brani quando sono stati aggiunti?

Liam: Alla fine del tour, quando ci siamo ritrovati negli Stati Uniti. In quei mesi papà si era portato via le registrazioni e aveva iniziato a metterci mano in maniera quasi ossessiva, alla fine della tournée abbiamo realizzato di avere pronte sette od otto canzoni e quindi ne avevamo bisogno altre per arrivare a fare un album. A quel punto sono state realizzate "Howl", "Blackwater", "All I Can Ever Own". Finite le registrazioni siamo tornati ognuno alla propria casa e papà con l'ingegnere del suono si è messo al lavoro per il missaggio. Molte volte  cancellando tutto il lavoro fatto, ma nessuno di è particolarmente suscettibile su questa cosa. Certo, è strano dopo aver dedicato del tempo a suonare una cosa, scoprire che questa è scomparsa dal brano la volta successiva che lo ascolti, ma questo accade perché il leader della band ha una visione ed è giusto che questa prevalga. Per Neil è quasi un'ossessione del dettaglio, e sono contento che sia lui a prendersi carico di fare tutto quel lavoro di finitura, tutti noi siamo arrivati al punto di fidarci. A volte possiamo alzare gli occhi al cielo e dire: "Basta. Per favore, smettila!". Ma allo stesso tempo sappiamo che alla fine le canzoni ne escono migliori.

© Instagram

© Instagram

Da sempre i Crowed House sono stati influenzati dalla musica dei Beatles, la copertina dell'album ricorda molto la copertina di un loro storico disco, "Revolver". E' stato un omaggio voluto?

Nick: Ovviamente i Beatles sono stati una parte molto influente della nostra eredità musicale e sono stati una grande ispirazione per me che volevo far parte di una band, e credo che per Neil sia stato lo stesso. Quando mi è stato chiesto di disegnare una copertina per il vinile di questo disco ho pensato che avrebbe dovuto essere come una classica copertina di un album, e da bambino pensavo che la copertina di "Revolver", con l'illustrazione realizzata da Klaus Voorman, fosse una delle migliori illustrazioni dell'epoca. Da bambino facevo molti disegni a penna e inchiostro che erano influenzati dallo stile di quella illustrazione. Così ho deciso di fare qualcosa di simile, cercando di dipingere i volti di ogni membro della band e di includere una sorta di riferimento al loro carattere e alla loro personalità nell'acconciatura.

Liam hai anche una carriera solista importante, cosa ha significato per te unirti alla band?

Liam: Dopo aver fatto molta musica con mio padre e con mio fratello entrare nel gruppo è stata una cosa abbastanza naturale. Mi è piaciuta l'idea di proteggere ed eseguire il catalogo dei Crowded House. E' qualcosa a cui sia io che Elroy teniamo molto: ci siamo cresciuti e lo amiamo e conosciamo intimamente probabilmente meglio di chiunque altro al mondo. E' stato un piacere poterlo fare e allo stesso tempo forgiare un nuovo percorso per la band, senza pensare che saremo solo un gruppo storico che suona queste canzoni, ma che faremo anche nuovi album e il nostro pubblico sembra molto eccitato e disposto ad assecondarlo.

Essere in un gruppo come ha cambiato il tuo approccio alla musica rispetto al tuo lavoro da solista?

E' diversa la visione complessiva. Essere in tutto e per tutto nella mia band significa dover pensare e suonare costantemente, tenendo sempre il piede sull'acceleratore. Nei Crowded House, invece, ho spazi anche per curare meglio certi dettagli. Magari non suono per un'intera strofa e poi si arriva al ritornello e c'è una linea di chitarra molto semplice e calda, che mi piaceva molto in un disco degli anni 90, e io mi assicuro di farla funzionare al meglio. E credo che sia una cosa che i fan apprezzano: a volte le cose più oscure e nascoste sono ganci a cui i fan più attenti si affezionano. Inoltre sono molto migliorato come musicista grazie al fatto di poter suonare la chitarra solista piuttosto che quella ritmica. Cantare mentre suono queste linee di chitarra è una cosa abbastanza nuova per me, è stata davvero una bella sfida per me. 

La tua carriera solista però procede...

Mi piace il fatto di poter muovermi da una dimensione all'altra. Ho appena finito un mio disco ed ero immerso in esso, l'ho registrato, prodotto e mixato, e quindi tornare nel mondo dei Crowded House è stato quasi un sollievo, perché posso concentrarmi sul mio unico lavoro e cercare di portare dare vita sul palco a questo album che siamo davvero entusiasti di aver finalmente pubblicato. E' il tipo di disco che è davvero divertente da eseguire, quindi sarà un anno fantastico.
 

I Crowded House hanno una lunga storia che parte dalla metà degli anni 80 e arriva a oggi. Possiamo dividerla in tre grandi epoche, con diverse formazioni. Qual è la peculiarità di questa formazione della band rispetto a quelle passate?

Nick: Credo che questa formazione sia probabilmente la più intuitiva e chimicamente coesa rispetto a tutte quelle che abbiamo avuto dopo che Paul Hester (batterista e membro fondatore - ndr) lasciò la band all'inizio degli anni Novanta. All'epoca chiesi a un mio amico che avevo conosciuto al college di suonare la batteria con noi e quello è stato il primo passo per pensare che avremmo potuto usare altri musicisti che facevano parte di un'esperienza musicale da cui attingere per mantenere uno slancio. E lo abbiamo fatto un paio di volte anche con la terza formazione, quella con Mark Hart e Matt Sherrod (chitarrista e batterista nella band tra il 2007 e il 2015 - ndr). Non lavoreremmo come Crowded House, se non fosse stato per questa formazione, che abbiamo dovuto testare dopo che Neil l'aveva suggerita per vedere se Elroy, Liam, io e Neil avessimo un'alchimia che ci permettesse di suonare insieme. Perché avevamo suonato insieme sul palco, ma non avevamo mai lavorato insieme in uno studio o in una sala prove. E la prima volta che l'abbiamo fatto è stato chiaro a tutti che avrebbe funzionato. Solo il suonare istintivo e la temperatura emotiva, se così si può dire, quando tutti noi abbiamo collegato i nostri strumenti e abbiamo alzato il volume più che potevamo e abbiamo fatto un po' di baccano. Ha funzionato in modo molto simile a quando lo fai per la prima volta da adolescente. 

Il senso di famiglia della formazione attuale è alimentato oltre che da Neil e i suoi due figli, Liam ed Elroy, anche dalla presenza di Mitchell Froom, che ha fatto parte a lungo del mondo Crowded House ma con un ruolo diverso, avendo prodotto i vostri primi dischi.

Nick: Io e Neil sapevamo di lavorare bene con Mitchell Froom per un'intesa che si era creata grazie ai dischi che ha prodotto per i Crowded House. Il problema principale era convincerlo a impegnarsi per entrare a far parte di una band, smettendo necessariamente di fare album con altre persone come produttore per provare a essere un musicista, scrivere canzoni e andare in tour godendosi la libertà che questo permette. Perché da un lato c'è l'impegno, ma dall'altro la libertà di suonare di fronte alla gente. C'è un forte senso di libertà potenziale quando suoniamo insieme, cosa che non abbiamo mai avuto prima d'ora, a parte la formazione originale composta da Neil, me e Paul Hester.

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri