Barbareschi a Tgcom sulla nuova piéce
C'è un Giorgio Gaber meno conosciuto, che non è quello del teatro-canzone. E' quello della commedia "Il caso di Alessandro e Maria", testo messo in scena nel 1982 e ora ripreso da Luca Barbareschi, che lo dirige e interpreta con Chiara Noschese. Lo spettacolo debutta al Manzoni di Milano il 3 marzo. "Questo testo è un capolavoro - dice Barbareschi a Tgcom -. Una della rare commedie italiane che ha un tema e un linguaggio internazionali".
Prima di oggi la commedia era stata messa in scena solo una volta, con Mariangela Melato ad affiancare Gaber stesso. Un dialogo intimo a due, in bilico tra passato e presente, dove in scene viene messa la storia di un innamoramento trascorso e la devastazione che inevitabilmente le grandi passioni portano con sé. Rispetto alla versione originale la piéce godrà della colonna sonora di Marco Zurzolo, eseguita dal vivo dall'autore e la sua band.
Barbareschi, cosa l'ha spinta a recuperare dal dimenticatoio proprio questo testo di Gaber?
Io scelgo i testi che mi piacciono. Nessun testo finisce nel dimenticatoio. I testi teatrali stanno lì, a disposizione di chi li vuole fare.
Gaber è noto soprattutto per i monologhi, come mai non riprendere uno di quelli?
Non mi è mai interessato guardare a quella parte della sua produzione perché trovo che i suoi monologhi abbiano una comicità molto vicina a lui, connotata con il suo modo di recitare e di intendere l'umorismo. Tutte le volte che mi è capitato di vedere qualcuno che interpretava un monologo di Gaber finiva con l'imitarlo. Il che è imbarazzante.
Il caso di Alessandro e Maria è invece diverso?
È una commedia classica, tanto che la sto facendo tradurre in inglese perché voglio provare a portarla all'estero. Credo sia una della rare commedie italiane che abbia un tema e un linguaggio internazionali. È strepitosa: poetica, comica, drammatica... una delle più belle cose che ho letto in tanti anni.
Da quanto tempo progettava di mettere in scena questo testo?
Da anni, ma per vari motivi ho sempre rinviato. Noi lavoriamo così, mettendo molta carne al fuoco su diversi progetti. In questo caso si è messo di mezzo Il gattopardo, con il quale mi piaceva raccontare l'Italia in un certo modo senza però fare politica. Dopo quello, avendo nel frattempo fatto politica veramente, ho deciso di fare qualcosa sui sentimenti e così ho ripreso Gaber.
Cosa manca di Gaber nel teatro italiano oggi?
Innanzitutto un grande autore, una persona libera intellettualmente. Artisti di questo tipo in Italia si contano sulle dita di una mano. Mancando lui manca un riferimento importante. In qualche modo credo abbia vinto una battaglia: quello di essersi riuscito a smarcare da tutti i tipi di conformismo, pagandola cara.
Eppure oggi tutti non fanno che osannarlo e indicarlo come un maestro...
La cosa che più mi ha fatto schifo è che quando era in vita ho assistito a gente che non gli dava le piazze per andare a recitare, che lo boicottava e il giorno che è morto ha chiesto di avere la sua bara nel teatro che dirigeva. Questo è un meccanismo molto vecchio diffuso nel nostro Paese: ci si impossessa dei morti perché non possono più parlare. Fosse stato vivo Giorgio avrebbe commentato con una battuta delle sue...
(Nella pagine seguente Barbareschi parla di Mina, dell'anticonformismo e del suo motto...)
L'essere anticonformista è qualcosa che le è molto vicino...
Quando io feci Piantando i chiodi nel pavimento con la fronte, Giorgio è stato l'unico a volere che mettessi sui manifesti, locandine, ovunque... consigliato da Giorgio Gaber. È stato di grande aiuto perché in qualche modo mi legittimava come artista. Ricordo che l'allora direttore della collana dell'Unità non voleva che fosse pubblicato.
Ha mai pensato di tornare a fare un one man show di quel tipo?
È già pronto! L'ho già scritto con Bogosian l'anno scorso in occasione di un mio soggiorno negli Stati Uniti. Voglio farlo con la musica, e dopo alcuni tentativi con Marco Zurzulo abbiamo trovato una via che mi sembra giusta. Sarà una cosa grossa, con la band e un tema che mi divertirà molto. La cosa buffa è che guardando oggi Piantando i chiodi lo trovo di un'attualità spaventosa. Attacca il sistema che purtroppo in Italia è sempre lo stesso. Anzi, è solo peggiorato.
Una tournée teatrale, Nebbie e delitti in tv, un film in uscita il 20 marzo e un altro da iniziare con la regia di Martone. In più l'impegno politico. Trova mai il tempo di riposare?
Sì, è un periodo frenetico. Però devo dire che il passare dalla politica è riuscito a farmi innamorare di nuovo del mio mestiere, che è molto più alto di qualsiasi altra cosa. A volte uno pensa di essere figlio di un Dio minore e invece quella dello spettacolo è un'attività meravigliosa. Bisognerebbe curarla, selezionarla, dividere i veri artisti dai fenomeni da baraccone. Il nostro è un Paese che potrebbe vivere di artisti, musicisti, pittori, turismo... potremmo essere miliardari solo con la straordinaria attività culturale che abbiamo.
E invece...
Purtroppo il sistema livella tutto verso l'imbecillità. Basta accendere il televisore per rendersi conto di dove siamo arrivati. Vedere Mina che saluta da dietro un vetro, da lontano, mi umilia: Ella Fitzgerrald avrebbe cantato, mostrandosi felice, fino all'ultimo momento. E tutte queste belle figliole con le tette al vento, non mi colpiscono più di tanto, perché è un titillare i bassi istinti che non lascerà traccia.
Se non sono i bassi istinti quello su cui puntare, cos'è?
Il mio lavoro è elevare la mia anima e il mio spirito con le emozioni, che sono l'unica cosa che resterà nel mondo nei prossimi cento anni. Del cinema neorealistico cosa ci ricordiamo? L'urlo della Magnani che insegue il camion. Ma non è che lei avesse le tette fuori. L'emozione rimane, le tette passano. Ne vediamo talmente tante...
Ma c'è qualche possibilità di scardinare il sistema?
Purtroppo penso di no. Almeno io in vita non lo vedrò mai e forse nemmeno i miei figli. Questo è un Paese dominato dalla Chiesa dove la religione ancora crea un problema in qualsiasi scelta. Non si capisce perché il Vaticano debba parlare di tutte le cose. Gli dovrebbero competere i temi alti, se la religione parla del Festival di Sanremo... è evidente come funziona: se io mi metto a discutere con un subumano, vince lui.
Quale potrebbe essere l'antidoto?
Il bello sarebbe avere dei teatri funzionanti e pieni. Perché il teatro è una medicina meravigliosa. Il ministro degli Interni tedesco ha dichiarato che le zone in cui il teatro e altre attività culturali funzionano, hanno fatto rilevare un crollo della delinquenza. Se andiamo in Westfalia, che è metà del Lazio, hanno 14 teatri. Ma in Germania hanno avuto Lutero, cinquecento anni di storia. Noi no, abbiamo avuto la Controriforma...
Quindi nessuna speranza?
Poche. Ma la lascio con un motto: Mai demoralizzarsi, sempre incazzarsi. Questo aiuta.