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Lo Cascio: "Ora vi farò ridere!"

L'attore si confessa a Tgcom

25 Giu 2008 - 15:26

Con i suoi ruoli intensi ne "I cento passi" o "La meglio gioventù" ha convinto pubblico e critica. Ma Luigi Lo Cascio, che abbiamo incontrato in occasione della consegna del Premio Hystrio 2008, rivela: "Adesso vi farò ridere nella nuova commedia di Pupi Avati, 'Nel tepore del ballo' con Neri Marcoré e Diego Abatantuono". In realtà l'attore aveva debuttato giovanissimo con il cabaret. Non ci credete? Chiedetegli della compagnia Le Ascelle...

Nel film di Avati farà ridere. Ma agli inizi della carriera si è cimentato con il cabaret...
E' verissimo. Avevo una piccola compagnia di teatro che si chiamava Le Ascelle. Facevamo cabaret ispirato alla tradizione milanese di Cochi e Renato. Un attore deve saper sorprendere, basti pensare a Totò che ha commosso anche con corde più malinconiche e drammatiche. La capacità di trasformarsi bisogna sempre averla in sè.

Dopo tanti ruoli drammatici ecco la commedia. Cosa può anticiparci?
'Nel tepore del ballo' di Avati ci sono nel cast Laura Chiatti, Neri Marcoré, Diego Abatantuono e Luisa Ranieri. E' ambientato nella Bologna degli anni '50 vista con gli occhi di un ragazzo di diciotto anni. Mi vedrete veramente con un ruolo molto diverso e divertente.

Dal cinema al teatro. Riceverà il Premio Hystrio 2008 per la migliore interpretazione. Non le imbarazza essere uno degli attori più premiati in Italia?
Ogni premio ha le sue caratteristiche, la sua fisionomia. Sono felice per questo riconoscimento perché la rivista Hystrio fa una scorribanda interessante tra gli spettacoli in circolazione con approfondimenti mirati. Cercherò di andare qualche giorno prima del Galà (28 giugno, ndr) al Franco Parenti di Milano per 'spiare' qualche giovane attore sul palco in concorso per le borse di studio. E' bello assaporare l'entusiasmo degli inizi...

Cosa le è rimasto dell'entusiasmo degli esordi?
Mi ricordo perfettamente com'ero quando sono uscito vent'anni fa dall'Accademia Silvio D'Amico di Roma. Ho tenuto da allora sempre fede al metodo Stanislavskij: un attore deve sempre lavorare su se stesso. C'è una coincidenza tra il lavoro e lo studio della propria personalità. In questa ottica si analizzano la cultura e le cose che ti accadono intorno. Per questo l'entusiasmo è sempre vivo.

Ha detto "pensavo che il cinema fosse meno poetico del teatro". Coma mai?
Ho ovviamente rivalutato il concetto. Quando ero in Accademia avrà visto in tre anni due film. Prima di girare 'I cento passi' ci sarò andato in tutto dieci volte.

Poi la folgorazione...
Esattamente. In due ore di spettacolo teatrale si creano delle alchimie difficilmente riscontrabili nel cinema per la scrittura raffinata e poetica che possono avere un Eschilo o Sofocle. Ma il grande schermo propone un altro tipo di poesia fatta di immagini e concetti che si alternano nello spazio e nel tempo.

Per "La meglio gioventù" ha lavorato ben sei mesi sul set. Cosa le ha regalato quell'esperienza?
E' difficile dirlo. Ci sono fatti, emozioni, eventi che si radicano nella tua esistenza automaticamente. A parte il piacere di aver lavorato con amici come Alessio Boni e Fabrizio Gifuni, quel lavoro mi ha arricchito enormemente perché abbiamo attraversato molti anni cruciali della storia dell'Italia, da giovanissimo passavo all'età adulta. E' stato un gran divertimento per me!

Un suo parente, Elio Lo Cascio, aveva iniziato come attore e poi è diventato professore d'Università. Farà lo stesso anche lei?
Ma no (ride, ndr). Elio ha lavorato quand'era piccolissimo con Rascel e ha anche fatto un film "La Spiaggia". Ma forse quella non era la sua strada. Io non credo proprio che abbandonerò questo mestiere...

Però anni fa si è iscritto a Medicina, era molto affascinato dalla psichiatria...
Ho interrotto gli studi. Ma tutto sommato c'è molto della psichiatria nel mestiere dell'attore, quindi mi ritengo appagato così.

Si dice che durante i set fotografici lei sia un po' 'agitato'. E' vero?
Diciamo che non mi piace molto associarmi a 'prodotti' o a 'pubblicità'. Se mi dicono mettiti questo vestito che non mi rappresenta e che non mi piace perché debbo farlo?

La fermano ancora per strada dicendole "la immaginavo più alto e carino"?
Quella è una cosa che dico sempre per mettere le mani avanti alle persone che incontro (ride, ndr). Lo so benissimo di non essere altissimo. Ma un corpo piccolo e proporzionato ha più fluidità di movimento sul palco, la capacità di controllare il proprio corpo è migliore. Non invidio proprio quelli alti alti con le braccia lunghe lunghe! (ride, ndr).

Andrea Conti

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