Manuel Agnelli si racconta a Tgcom24
Agli Afterhours non serve un motivo per tornare sul palco. Il successo dell’ultimo album, “Padania”, li continua a trascinare, è vero. E la distribuzione del disco per il mercato europeo con la prestigiosa Rough Trade, che produce gente come gli Strokes e i Libertines, potrebbe diventare il piccolo pretesto per fare concerti. Ai loro fan, tantissimi fan, in fondo, poco importa. Loro a sentirli dal vivo ci andrebbero sempre e comunque. Ed eccoli accontentati. Il nuovo tour è partito dal tutto esurito dell’Estragon di Bologna e stasera li porta alla Casa della Musica di Napoli. In tutto 16 tappe fino alla fine di aprile.
Per saperne di più abbiamo raggiunto telefonicamente il cantante e leader della band milanese. Ecco la chiacchierata di Tgcom24 con Manuel Agnelli.
Siete tornati alla dimensione che vi è tanto cara, quella dei concerti nei club. In cosa cambiano, se cambiano, l’allestimento e la scelta delle scalette?
Nell’allestimento non tanto perché il club, a differenza dei palazzetti o delle arene all’aperto, ha il vantaggio di avere già un’atmosfera e da questo punto di vista è più facile allestire uno spettacolo. La scelta dei pezzi, invece, un po’ cambia perché c’è una prossimità col pubblico che è più intima. La scaletta è più energetica, a tratti schizofrenica, ci sono dei momenti dati col contagocce e altri molto violenti. Cerchiamo così di suscitare una reazione. E il concerto diventa più mosso.
Sono cambiati anche gli arrangiamenti?
L’asse portante rimane “Padania”, un disco molto variegato musicalmente che ci consente di non suonarlo sempre allo stesso modo. Anche il nostro repertorio, però, lo abbiamo un po’ stravolto. Alcuni brani hanno arrangiamenti totalmente diversi, altri trovano spazi improvvisativi. Cerchiamo di cambiare di sera in sera per non annoiarci e non annoiare.
E’ stato un successo straordinario quello di “Padania”. Te lo aspettavi per un album così difficile?
Hai detto bene, l’album era molto ostico, ci aspettavamo una reazione, ma non così positiva. Credo che abbia placato la sete di una cosa che in molti danno per morta, ma che è più viva che mai: l’album. Non parlo soltanto di “Padania”, ma penso ad altri concept come “Wow” dei Verdena oppure al Teatro degli Orrori, adesso ai Baustelle... sono lavori che vanno oltre l’ascolto del pezzettino da tre minuti.
Ed è un album che ha fotografato un momento del Paese molto preciso. E’ passato un anno e di cose in Italia ne sono successe. Oggi siamo alle prese con un post elezioni complicatissimo e delicato. L’attualità ha modificato in qualche modo l’interpretazione di “Padania”?
Rappresenta ancora la mancanza di punti di riferimento e racconta il panico e la paura che ne conseguono. La politica per troppo tempo non ha dato il buon esempio. La gente si è sentita calpestata per troppo tempo. C’è stata una reazione, ma il cambiamento vero è ancora lontano. In questo senso il disco è ancora attualissimo. Perché parla di una presa di coscienza, esprime la consapevolezza di un diffuso malessere sociale. Ora la gente ha preso coscienza in maniera istintiva. Ci immaginavamo che il cambiamento partisse proprio da qui, da una sorta di risveglio improvviso. Sono contento che l’album non sia per nulla invecchiato.
Quando parli di cambiamento in parte avvenuto fai riferimento al Movimento Cinquestelle?
E’ un voto di protesta incanalato, ma le buone intenzioni non bastano per governare un paese. Tornare a prendere posizione fisicamente è stato un grande risultato perché la gente era disabituata a scendere in piazza. E’ stato un voto di rifiuto di quel tipo di politica che calpesta le persone. La reazione è stata molto bella, ha scosso gli italiani da un torpore preoccupante, da una tristezza e da una rassegnazione dilagante. Mi spiace che sia accaduto quando abbiamo toccato il fondo, ma è forse una caratteristica incorreggibile dell’essere Italiani.
Torniamo alla musica, cosa succederà dopo questo tour? Avete già materiale per tornare in sala di registrazione oppure vi prendete un po’ di riposo prima della tappa importante allo Sziget Festival ad agosto?
“Padania” sta per essere distribuito in Europa, Gran Bretagna compresa, poi uscirà anche in Canada e Giappone, quindi immagino che ce ne andremo all’estero a promuoverlo. Poi vogliamo diventare sempre di più un progetto, quindi mescolare il nostro lavoro con altre forme di espressione, come il teatro e le arti visive. Fare i musicisti per noi è un lavoro molto divertente che cerchiamo di fare bene tutti i giorni. Un disco nuovo non è in cantiere. Abbiamo fatto un lungo tour negli Stati Uniti prima di scrivere “Padania” e lì ci siamo arricchiti naturalmente di spunti che il viaggio ci regalava. Credo che continueremo così, semplicemente vivendo e c! (ride n.d.r.)
Di cose nuove che stai ascoltando che ti piacciono?
L’ultimo di Cesare Basile che si chiama come lui, Cesare Basile. Recupera la musica tradizionale siciliana e la mescola al rock al blues al soul, ma non in maniera conservativa, anzi la violenta la tradizione. Cesare non ha più vent’anni, eppure ha fatto uno degli album più freschi degli ultimi anni, una vera chicca.
Qual è il momento che temi di più di un concerto?
La cosa che mi spaventa di più è salire sul palco, ogni volta è una violenza… so che non sembra…
No, infatti, non si direbbe mai!
Lo so, negli anni me ne hanno dette di tutti i colori: che metto in soggezione, che sono arrogante… In parte è anche vero, ma la verità è che sono timido. Per me andare su un palco è stato sempre stato una violenza, ma quando supero il panico mi godo quello che succede. Non riuscirei dopo tutti questi anni ad andare in turné se ancora non vivessi quella paura lì che ogni volta rinnova la sfida. E paradossalmente meno gente c’è e più il timore cresce perché inizio a guardare gli spettatori uno a uno ed è la fine… sono un po’ un serial killer del palco.
Be’, di avere la sala vuota credo non vi capiti da tanto tempo…
Ah, non credere, all’estero suoniamo davanti a 100, a volte 50 persone! Abbiamo recuperato quel tipo di sensazione lì, di dover conquistare un pubblico che non ti conosce ed è molto bella. Se lo convinci delle cose che fai ritorna quella magia pazzesca dell’inizio. E’ un’emozione che ti aiuta a crescere e che ti serve a capire se sei ancora vivo o se sei il cartonato di te stesso, un gruppo che diventa karaoke di se stesso.
Tra di voi siete severi come musicisti?
Tantissimo, anche troppo devo dire!
Cioè, tu sei uno che fa i cazziatoni?
Sì, e che li fa a musicisti con una personalità della Madonna e che mi rispondono per le rime! Non c’è una dittatura vera perché tutte le volte viene scardinata dalla base (ride, ndr). Credo che però l’arte sia espressione dell’Io, un’espressione naturale e vera, anche mostruosa a tratti, ma è meravigliosa nella sua mostruosità perché è espressione di verità. Non esiste la democrazia in un gruppo. Se vogliamo essere sinceri dobbiamo accettare di essere anche dei mostri. Io non sono una persona civile quando sono sul palco e rivendico il mio diritto a non esserlo. Poi giù dal palco è un’altra storia. Ed è per questo che la gente si stupisce quando mi conosce, perché si aspetta d’incontrare un orco…
La prima volta che ti ho intervistato ero un po’ impaurita, in effetti…
Figuriamoci… (sorride, ndr)
Poi ho capito che sei una pasta…
Ecco! (ride, ndr)
Il 13 marzo hai compiuto gli anni, come hai festeggiato?
Diciamo che il Papa mi ha tolto la visibilità (ride, ndr). Avevamo organizzato una cena intima, io, i miei genitori, la mia compagna, mia figlia. Poi c’è stata l’elezione del Pontefice e questa cosa ci ha un po’ distratti, ma mi ha messo allegria, è diventato un giorno ancora più speciale. Diciamo che la Cristianità si ricorderà per sempre del mio compleanno! (ride, ndr)
Come vivi il passare degli anni?
Dipende, a tratti. Ho 47 anni, è un’età strana. Ci sono periodi in cui mi sento tranquillo e anzi contento degli anni che ho perché ho superato un sacco di angosce e problemi. Il declino fisico però comincia ed è difficile da accettare, alcuni giorni mi sento 20 anni altri me ne sento 200. Non sto sempre bene e non sto sempre male. Ho imparato però a non condizionare le cose che faccio con l’età che ho. Molta gente lo fa. “Cazzo, ho 47 anni, non posso più mettermi a dorso nudo sul palco!”. Ma se fai ridere fai ridere! Puoi essere ridicolo anche a 20 anni coi calzoni di pelle…
E sul palco ci stai bene o male ora?
Sul palco sto meglio adesso, mi sto abituando a non farmi influenzare dal giudizio degli altri. Da ragazzo soffrivo perché mi sentivo un dissociato, uno che sta fuori dalla comunità. Adesso è una cosa che accetto, non tranquillamente, ma la accetto.
IL TOUR DEGLI AFTERHOURS
MARZO
VEN 15 – NAPOLI - CASA DELLA MUSICA SAB 16 – TREPUZZI (LE) – LIVELLO 11/8 VEN 22 – ROMA – TENDASTRISCE SAB 30 – LIVORNO – THE CAGE THEATRE
APRILE
GIOV 04 – FIRENZE – VIPER THEATRE VEN 05 – FIRENZE – VIPER THEATRE SAB 06 – MOSCIANO (TE) PIN UP MUSIC AND BEER VEN 12 - CASELLE DI SOMMACAMPAGNA (VR) – AUDITORIUM MALKOVICH SAB 13 - PORDENONE – DEPOSITO GIORDANI GIO 18 - MILANO – FACTORY VEN 19 - MILANO – FACTORY MER 24 – MONCALIERI (TO) – AUDODROME CLUB SAB 27 – RIMINI – VELVET MER 30 – PERUGIA – URBAN CLUB