L'Indagatore creato da Tiziano Sclavi compie 25 anni, e Milano lo omaggia con una mostra nel segno di Sergio Bonelli, l'editore della serie recentemente scomparso
di Domenico CatagnanoCos'è rimasto di quegli anni 80 così ruggenti, spensierati, ottimisti, di quegli anni dove tutto sembrava facile, possibile, realizzabile? Poco, a guardarsi intorno, e non è forse un caso che, a 25 anni di distanza, siamo qui a celebrare Dylan Dog, l'indagatore dell'incubo, il lato oscuro del decennio delle illusioni.
"Solo" un personaggio dei fumetti, si potrebbe dire, ma chi legge Dylan da quell'ottobre 1986 sa benissimo che si sta parlando di qualcosa di più di semplici avventure tra i baloon.
Dylan è un ex poliziotto, astemio con un passato da alcolizzato, ipocondriaco, soffre di vertigini, detesta aerei e navi. Insomma un personaggio decisamente "fuori" dagli 80's. Eppure nasce proprio in quegli anni, come se rappresentasse la coscienza critica di una società "splendida splendente", perché esplora, con le sue indagini fuori dal normale, fobie, paure, incubi, frustrazioni che ognuno di noi coltiva più o meno consciamente. A partire da quelle di Tiziano Sclavi, il suo geniale creatore.
Il personaggio, forse la scommessa più ardita del suo editore, parte bene per esplodere poi negli anni '90, quando i suoi albi vengono pubblicati con "tirature da paura" (oltre 200mila copie mensili), non a caso quando cominciano a riemergere nel quotidiano tutte le ansie maldestramente spazzate via nel decennio precedente.
Da un quarto di secolo Dylan ci ricorda chi siamo e chi siano i veri mostri fuori e dentro di noi, con una buona dose di ironia (la sua spalla Groucho genera freddure da manuale in ogni episodio) e con storie avvincenti, colte, dense di rimandi e citazioni letterarie, cinematografiche, musicali e artistiche.
Milano rende omaggio ai 25 anni di Dylan con una bella mostra allo spazio fumetto Wow fino all'11 dicembre, presentando una carrellata di tavole originali e inedite, gadget di tutti i tipi, manifesti e preziose copie delle edizioni estere. In più, la ricostruzione di alcuni ambienti dove si muovono le storie di Dylan. Pregevole quella dello studio, con scrittoio, galeone, clarinetto e partitura del "Trillo del Diavolo", l'opera preferita dall'indagatore dell'incubo.
O ancora il portone d'ingresso della casa di Craven Road, quello con ilcampanello che suona come fosse un urlo. E ancora si potrà "impersonare" Dylan dal vero sostituendosi a lui su un set fotografico riproducente lo scenario della copertina del numero 1 “L’alba dei morti viventi” .
Una mostra, banale dirlo, da vedere e non da raccontare, per ritrovare Johnny Freak o immergersi nelle Memorie dall'Invisibile, ricordare i conigli rosa e il fantasma di Anna Never, fare un giro nella Zona del crepuscolo o a Golconda, imbattersi in Morgana e Cagliostro. Una mostra con una dedica speciale, quella per Sergio Bonelli, l'editore di Dylan Dog, che ha lasciato improvvisamente questa terra lo scorso 26 settembre, lo stesso giorno in cui, nel 1986, l'indagatore dell'incubo arrivava nelle edicole. Un beffardo segno del destino che neanche il narratore più ardito sarebbe mai stato in grado di immaginare.