PROCESSO JACKSON

La security di Jackson contro Murray

Al processo le testimonianza degli uomini della sicurezza di Michael: "Voleva far sparire una crema"

24 Ott 2011 - 11:48
 © Ap/Lapresse

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Al processo contro il dottor Murray per la morte di Michael Jackson l'accusa continua a stringere il cerchio attorno al medico. Sono stati presentati in aula dei filmati in cui si vede Murray camminare nervosamente nella sala d'aspetto dell'ospedale poco dopo la morte di Michael. E l'assistente del cantante ha affermato che Murray gli chiese di riaccompagnarlo a casa per recuperare una "crema" che non doveva essere trovata da altri.

La testimonianza del capo della sicurezza di Michael, Faheem Muhammad, è stata significativa per più motivi. Intanto per la descrizione della scena da incubo che si è trovato di fronte, con "Paris rannicchiata per terra che piangeva" e Prince "sotto shock, che piangeva in silenzio". Tutto questo mentre sotto i loro occhi Murray provava a rianimare un Jackson che Muhammad è parso subito senza vita.

Poi il particolare della "crema". Secondo Muhammad, una volta che Michael fu dichiarato morto, il dottor Murray chiese all'assistente della popstar, Michael Amir Williams, di accompagnarlo alla casa di Jackson per recuperare "una crema". Secondo Murray "una crema - ha detto lo stesso Williams durante la sua testimonianza - della quale Michael non vorrebbe si sapesse.

A quel punto il capo della sicurezza e Williams si trovarono d'accordo nel non far rientrare Murray in casa. Il sospetto è che il medico volesse tentare di occultare o far sparire elementi che potessero indicare una sua responsabilità. L'assistente di Jackson ha anche ribadito che Murray non gli chiese mai di chiamare il 911.

Al telefono mentre Jacko moriva
Conrad Munray stava telefonando ad un altro paziente mentre Michael Jackson stava esalando l'ultimo respiro. L'accusa ha fatto ascoltare alla giuria il nastro del messaggio che Munray lascio' ad un altro paziente alle 11:49 locali del 25 giugno 2009 (le 20,49 in Italia), appena sette minuti prima che, rientrato nella stanza di Jackson al termine della telefonata, Munray constatasse che il cantante non respirava più. L'elemento, secondo l'accusa, confermerebbe la negligenza di Munray che non stava monitorando Jackson come avrebbe dovuto dopo avergli iniettato una dose del potente anestetico chirurgico Propofol.

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