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Il Parlamento europeo chiede un salario minimo come rimedio alla disuguaglianza e alla povertà lavorativa

I deputati sottolineano che le leggi su lavoro e sicurezza sociale devono includere anche i "platform workers" e che le donne sono più a rischio di povertà rispetto agli uomini

Istockphoto

Il 21,7% degli europei è vittima di povertà e di esclusione sociale, il 10% dei lavoratori vive in uno stato di completa indigenza: numeri allarmanti peggiorati dal contesto pandemico in cui versa attualmente l'Europa. A tal proposito, il Parlamento Ue ha approvato con 365 voti a favore una relazione in cui viene chiesta l'istituzione di un salario minimo al di sopra della soglia di povertà e l'introduzione di nuovi sostegni per le categorie più a rischio, ovvero donne e precari.

Salario minimo - In 21 Paesi dell'Ue vigono salari minimi obbligatori. Sei invece gli Stati (fra queste anche l'Italia) dove la protezione del salario minimo è fornita esclusivamente dai contratti collettivi di lavoro. Una copertura solo parziale, dunque, che di fatto non tutela tutti gli altri lavoratori.

 

La direttiva Ue - Nell'ottobre del 2020, la Commissione europea ha presentato una direttiva Ue per garantire che i lavoratori nell'Unione siano tutelati da salari minimi adeguati in grado dunque di offrire loro una vita dignitosa. Un'iniziativa importante volta a ridurre la povertà lavorativa e a incentivare una ripresa economica inclusiva e sostenibile.

 

Le richieste del Parlamento Ue - I deputati hanno accolto la proposta della Commissione di direttiva Ue su salari minimi adeguati, descrivendola come un passo importante per garantire che tutti possano guadagnarsi da vivere con il proprio lavoro e partecipare attivamente alla società. Gli europarlamentari hanno inoltre chiesto alla Commissione europea e agli Stati membri di includere la prevenzione della povertà dei lavoratori nei loro obiettivi per porre fine al problema nell'Ue perché "il principio per cui 'il lavoro è la migliore soluzione alla povertà' non si applica ai settori con bassi livelli salariali e per coloro che lavorano in condizioni precarie e atipiche".

 

I precari della " gig economy " -  "Gig" non è un acronimo, ma un termine inglese che sta per "lavoretto" . Si allude chiaramente all'occupazione "free lance" tipica della nuova era digitale, quella in cui posto fisso e i diritti sono diventati termini obsoleti, caduti nel dimenticatoio, a favore di nuove parole d'ordine come "contratti atipici" e "lavori non standardizzati".

 

Un problema sociale di non poco conto, dunque, che il Parlamento vuole contrastare chiedendo in primis che il quadro legislativo relativo ai salari minimi adeguati venga applicato a tutti i lavoratori, compresi dunque i più vulnerabili che operano nelle condizioni precarie spesso create dalla "gig economy". Quest'ultimi - sempre secondo le volontà espresse dai parlamentari Ue - dovrebbero infine essere tutelati dal diritto del lavoro e da disposizioni precise in materia di sicurezza sociale, oltre a poter avere la possibilità di essere coinvolti in contrattazioni collettive.

 

Le donne - Guadagnano in media il 15% in meno degli uomini, non hanno spesso aiuti dallo Stato per conciliare vita privata e lavoro e, rispetto alla popolazione maschile, sono decisamente più a rischio di povertà e di esclusione sociale. A questo riguardo, il Parlamento Ue ha chiesto agli Stati membri di arricchire la direttiva per conciliare privato e lavoro e di prendere iniziative contro il divario retributivo di genere.

 

"Abbiamo bisogno di agire con urgenza. Avevamo bisogno di agire già da ieri in tutta Europa. Abbiamo bisogno di salari minimi. Abbiamo bisogno di sistemi di sicurezza sociali forti. Abbiamo bisogno di salari e redditi che permettano una vita decorosa", ha dichiarato la relatrice Ozlem Demirel (La Sinistra).

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