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Ecco perché brillano senza collassare: dai laboratori del Gran Sasso la ricerca che svela il motore delle stelle

Eʼ la fusione nucleare tra atomi di carbonio, azoto e ossigeno che garantisce ai corpi celesti, soprattutto a quelli più grandi del Sole, quella temperatura e pressione che contrastano la forza di gravità

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Dopo 30 anni di studi trovato il motore che fa brillare le stelle nell'universo, soprattutto quelle che hanno una massa maggiore rispetto a quella del Sole e che sono le più numerose. E' stato possibile grazie ai neutrini, le particelle capaci di attraversare la materia e che dal cuore del Sole hanno raggiunto il rivelatore dell'esperimento internazionale Borexino, nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.

L'esperimento Borexino Il risultato, che ha conquistato la copertina della rivista Nature "è di valore storico", rileva l'Infn. "Per la prima volta sappiamo come e perché le stelle brillano", ha detto il "papà" dell'esperimento Borexino, Gianpaolo Bellini, dell'Università di Milano e ricercatore dell'Infn. Borexino è un esperimento che parla italiano, con un contributo dell'Università di Princeton e il cui principale finanziatore è l'Infn, con l'americana National Science Foundation e alcune agenzie tedesche. 

 

Come funziona il nostro Sole "Siamo riusciti a dimostrare non solo perché brilla il Sole, ma come brillano le stelle, soprattutto quelle massive, che sono le più comuni nell'universo", ha detto ancora Bellini. Le ultime misure risalgono a circa tre anni fa e avevano dato un quadro completo delle reazioni di fusione nucleare fra i nuclei di Idrogeno (protoni) che avvengono nel Sole e che producono il 99% dell'energia, impedendo alla nostra stella di implodere a causa della gravità della sua materia, dieci volte più densa del piombo. 

 

La reazione carbonio-azoto-ossigeno La sfida era scoprire l'origine del restante 1% ed è quanto è riuscito a fare l'esperimento Borexino. Nel 1938 era stata formulata l'ipotesi secondo cui le stelle con una massa superiore di almeno il 30% quella del Sole non avrebbero potuto esistere con ciclo basato sulle reazioni fra protoni: non avrebbero avuto una temperatura sufficiente a contrastare la forza gravitazionale. L'ipotesi di allora, dimostrata oggi, riteneva che l'energia delle stelle massive si basasse sulla reazione carbonio-azoto-ossigeno (Cno), capace di generare temperature di dieci milioni di gradi. "Fortunatamente l'1% dell'energia del Sole è prodotta con un ciclo Cno" e "i neutrini ci portano inalterate le proprietà del centro del Sole".

 

La scoperta grazie ai neutrini Per questo i neutrini solari catturati dall'esperimento Borexino hanno permesso di riconoscere le reazioni Cno. La difficoltà maggiore è stata catturare i neutrini, che non interagiscono con la materia. Basti pensare che che ogni secondo 60 milioni di queste particelle fantasma provenienti dal Sole attraversano un centimetro quadrato del nostro corpo. "Nonostante i successi eccezionali ottenuti e un rivelatore già ultrapuro, abbiamo dovuto impegnarci molto per migliorare ulteriormente la soppressione e la comprensione del bassissimo fondo residuo, in modo da riuscire a identificare i neutrini del ciclo Cno", ha detto Gioacchino Ranucci, della sezione Infn di Milano e co-portavoce di Borexino. Per Marco Pallavicini, dell'Università di Genova, della giunta Infn e co-portavoce dell'esperimento, il risultato "è il coronamento di uno sforzo incessante, durato anni, che ci ha portato a spingere la tecnologia a scintillazione liquida oltre ogni limite precedentemente raggiunto, e a fare del cuore di Borexino il luogo meno radioattivo del mondo". 

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