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Violenza giovanile, Gratteri: “No alla censura dei contenuti, meglio educare. I genitori smettano di fare gli amici dei figli”

Intervistato da Skuola.net, il procuratore della Repubblica di Napoli ha detto la sua su giovani, legalità, istruzione    

Violenza giovanile, Gratteri: “No alla censura dei contenuti, meglio educare. I genitori smettano di fare gli amici dei figli” - foto 1
Skuola.net

La censura serve fino a un certo punto, meglio sarebbe educare.

Per Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Napoli e simbolo della lotta all’illegalità, è questa la ricetta per arginare la violenza che sembra dilagare senza confini tra i giovani e la cui causa, secondo alcuni, risiederebbe proprio nei contenuti violenti o pornografici di cui si alimentano molti giovani. Non a caso uno dei provvedimenti ispirati dopo i fatti di Caivano è stato quello di introdurre un parental control su tutte le SIM intestate o riconducibili ai minori.

 

“I social, la musica, la cinematografia - dice il magistrato, intervistato dal portale studentesco Skuola.net - hanno il loro peso. Ma sta a noi (agli adulti) spiegare, dirigere. Senza aspettare che l’evento accada per paura di essere chiamati fascisti o retrogradi”.

 

Il ripristino delle regole per contrastare la violenza

 

Gratteri, dunque, sembra schierarsi dalla parte dei ragazzi. Spostando, piuttosto, l’attenzione sui loro genitori. In fondo, dunque, per lui tutta questa violenza non è un problema generazionale: “I ragazzi - secondo il giudice - quasi sempre sono il prodotto della famiglia”. “I genitori - prosegue - fanno sempre più gli amici dei figli e non i genitori”. Un tema, questo, che si presenta sempre più spesso su un terreno un tempo quasi immune alla violenza: la scuola. Perché, come sottolinea il procuratore, “quando arriva la punizione, i genitori tendono a fare il processo agli insegnanti. Entrano nella scuola sempre di più, è quasi un’invasione di campo”.

 

Invece, a suo modo di vedere, “un genitore dovrebbe entrare a scuola solo per due motivi: se c’è un insegnante pedofilo o uno che non conosce la lingua italiana”. Un ruolo importante, però, lo ha anche la scuola stessa: “I dirigenti scolastici - secondo il magistrato - devono essere più forti, più duri, non lasciarsi intimidire. Una regola per essere osservata deve prevedere una sanzione. I giovani devono conoscere sia regole che sanzioni. Già dalla prima elementare un bambino deve sapere qual è il comportamento da tenere. Se uno studente, ad esempio, imbratta il bagno come minimo deve ripulirlo a sue spese”.

 

Una scuola a tempo pieno può distogliere dalle cattive strade

 

Parlando in questo modo, dunque, Gratteri conferma la sua attenzione ai più giovani. Non a caso gira frequentemente per gli istituti di tutta Italia. E, per arrivare a un pubblico più ampio, ha raccolto l’invito di Skuola.net, punto di riferimento per antonomasia delle nuove generazioni. Perché le scuole, per il procuratore di Napoli, sono al centro di tutto. Anche per distogliere i ragazzi da pericolose “distrazioni”: “Ecco perché - evidenzia - insisto sulla scuola a tempo pieno, con più insegnanti per il pomeriggio, che possano tenere i giovani attivi e interessati".

 

Una delle tentazioni a cui badare di più, secondo il giudice, sono i social network. “Se i giovani non sono ben strutturati, accompagnati, guidati - avverte - quando questi tornano a casa e si chiudono nella loro stanza diventano figli dei social”. Rischiando di ispirarsi a cattivi modelli. Come le mafie, cavallo di battaglia del magistrato. Una delle vetrine principali della criminalità sono proprio le piattaforme sociali, TikTok su tutte: “I ragazzi si sono spostati tutti lì - ricorda - e questo le mafie lo sanno. Ecco perché è lì che adescano molti giovani. Si fanno vedere ricchi e potenti, promuovendo un modello apparentemente vincente”.

 

Ovviamente, però, un’attività di prevenzione dal potere di fascinazione delle mafie non può prescindere dal “racconto” dal vivo. Con delle precauzioni: “Perché il parlare non sia una perdita di tempo - ricorda Gratteri - bisogna innanzitutto essere credibili. Aver fatto qualcosa nella vita. Altrimenti i ragazzi ti sgamano subito e dopo tre minuti si mettano a giocare col telefonino. Molti parlano a sé stessi, facendo un bel discorso ma che nessuno segue”. Per il giudice, invece, si dovrebbe parlare di quello che piace ai giovani: “Di telefonini, di consumi, di moda”. Portando esempi concreti: “Spiegandogli, per dire, quanto guadagna un panettiere e quanto guadagna un corriere di cocaina. Cosa rischia l’uno e cosa l’altro”. Cosicché, nel momento del passaggio all’età adulta, quando dovranno fare una scelta per il futuro, avranno in mano gli strumenti per decidere consapevolmente. 

 

Droghe leggere: “legalizzarle” sarebbe un errore

 

Al discorso sulle mafie, poi, si lega un altro argomento che sta particolarmente a cuore al procuratore di Napoli: la lotta per il contrasto alle droghe. C’è una legge che giace da anni in Parlamento, e che ogni tanto torna alla ribalta, che vorrebbe legalizzare le droghe leggere. Ma, già adesso, sono tanti i giovanissimi che, già dalle scuole medie, raccontano di assistere quotidianamente, anche in ambiente scolastico, alla circolazione di queste sostanze, se non addirittura di esserne consumatori. Proprio per questo, per Gratteri, “è un tema importantissimo, ancora più importante della lotta alla mafia”.

 

Si sente spesso dire che, se noi legalizziamo le droghe leggere ne limitiamo l’uso e, parallelamente, allontaniamo i giovani dalla criminalità organizzata. Uno scenario che Gratteri respinge con forza, portando elementi sostanziali a sostegno della tesi contraria. “In primis - illustra il magistrato - con questa legge chiunque abbia compiuto 18 anni può andare in farmacia con un certificato medico che attesta la sua tossicodipendenza e può comprare un grammo di marijuana. E chi ha fino 17 anni, undici mesi e ventinove giorni? Se non può andare in farmacia, dove la compra?”.

 

Si dice, poi, che legalizzando le droghe leggere la polizia giudiziaria non perderebbe tempo con le piazze di spaccio ma si occuperebbe di cose importanti. “Ma chi controlla le piazze di spaccio vende anche cocaina, eroina, ecstasy - rammenta Gratteri - quindi rimane la necessità del controllo”.

 

In terzo luogo si prevede, attraverso la legalizzazione della marijuana, di impoverire le mafie. “Sì - dice il procuratore - ma di quanto? L’80% dei tossicodipendenti sono cocainomani. Inoltre, un grammo di cocaina mediamente costa settanta euro; un grammo di marijuana sette-otto euro. Il mancato guadagno sarebbe minimo”.

 

Ma, soprattutto, c’è un problema di salute, medico: “Ci sono degli studi - ricorda Gratteri - che stanno facendo diverse università, anche americane. In particolare quella di Chicago da oltre dieci fa il monitoraggio dei tossicodipendenti da marijuana, constatando che, specialmente nel periodo della crescita del bambino, si riduce lo spessore della corteccia cerebrale, che è la parte dove risiede la memoria”.

 

Per allontanare i giovani dalle droghe, semmai, Gratteri propone un’altra cosa, che di nuovo chiama in ballo la scuola e che si sostanzia nell’invito, rivolto ai dirigenti scolastici e agli insegnanti, “di portare gruppi di ragazzi, di pomeriggio, nelle comunità terapeutiche a parlare con i tossicodipendenti. Specialmente quando sono alle scuole medie. In modo tale che possano chiedere tutto quello che gli passa per la testa. Io le visito spesso: è un'esperienza devastante”.

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