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Scuola chiusa, problemi ancora aperti

Riceviamo e pubblichiamo l'intervento di Laura Parolin, Presidente Ordine degli psicologi della Lombardia

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Venerdì 5 marzo siamo tornati repentinamente alla chiusura delle scuole ad eccezione fatta per i nidi. Scuole materne, scuole primarie, secondarie, licei e università sono ritornate all’utilizzo della didattica a distanza. Come rappresentanti della comunità professionale delle psicologhe e degli psicologi della Lombardia non possiamo non esprimere la nostra preoccupazione per questa ennesima chiusura.

È chiaro che l’epidemia ha un andamento complesso e la flessibilità è un ingrediente necessario nell’integrare i bisogni della società, dell’economia, dei singoli.

Eppure, in questa richiesta di flessibilità, dimentichiamo di tracciare una linea che tuteli la salute non solo fisica, ma anche psicologica della nostra società. Questo è purtroppo drammaticamente evidente nel caso di questa ennesima chiusura delle scuole.

La scuola rappresenta per le ragazze e per i ragazzi una imprescindibile palestra relazionale dove il confronto con i pari, con i docenti, con le sfide dell’apprendimento, permette agli studenti di accrescere il bagaglio culturale da un lato ma soprattutto quello delle competenze sociali, relazionali ed emotive che saranno necessarie nel loro futuro di adulti.

La scuola è infatti il primo presidio sociale del benessere fisico e psicologico dei cittadini in età evolutiva (Aldridge & McChesney, 2018). In questo senso, la scuola è uguale per tutti e la sua mancanza accentua il divario sociale e culturale e il carico sul benessere psicologico soprattutto di bambini e ragazzi già in condizione di svantaggio.

Sembra ormai superfluo sottolineare come la pandemia abbia già generato un significativo carico di malessere psicologico per gli adolescenti. Con la chiusura delle scuole, le limitazioni alla mobilità e agli scambi interpersonali, da qualche tempo la routine di molti adolescenti (e non) ha subito cambiamenti considerevoli e potenzialmente destabilizzanti che possono generare sentimenti altamente contrastanti: dalla paura alla pseudo-indifferenza, dalla tristezza alla rabbia.

La ricerca testimonia come i ragazzi sperimentino paura, irritabilità, scarsa iniziativa, insonnia, oltre all’aggravarsi di comportamenti oppositivi-provocatori, depressione e ansia. Tipicamente appesi tra sentimenti di negazione e onnipotenza, gli adolescenti affrontano una fase di fisiologica crisi intrappolati da contenitori e norme non solo genitoriali, ma anche istituzionali e di contenimento del contagio (Chen et al., 2020; Loades et al., 2020).

Per più piccoli il malessere è legato all’ipostimolazione sociale e cognitiva. Recenti studi hanno evidenziato sintomi depressivi e di ansia, stati di noia e oppressione, oltre a disturbi del sonno intesi come difficoltà di addormentamento e una maggior frequenza di risvegli e incubi notturni. Si sono evidenziati, inoltre, maggiori atteggiamenti aggressivi e antisociali, e problematiche legate all’alimentazione (iper-alimentazione e ipo-alimentazione). Oltre che un ambiente emotivo spesso carico di preoccupazione e nervosismo (Garcia et al., 2020; Liu et al., 2020).

E ancora, l’assenza del contenitore scolastico aggrava la già complessa situazione di tutti coloro che hanno figli e che si destreggiano tra il mantenimento degli impegni lavorativi e quelli di accudimento. Le evidenze suggeriscono come il livello di gravità dei comportamenti disfunzionali nei bambini risulti significativamente associato al grado di malessere dei loro genitori. Nella comprensione delle motivazioni epidemiologiche che hanno portato al drastico ritorno alle misure di contenimento come quelle della chiusura scolastica, non possiamo non mettere sulla bilancia il peso che queste decisioni hanno su tutto il ciclo di vita, in particolare per tutti quelli in età scolare (Lee, 2020).

Repetita, non iuvant allora. Quello che ci troviamo davanti oggi è lo stesso quadro di qualche mese fa. Oggi però abbiamo la certezza dell’impatto negativo della chiusura delle scuole sulla salute psicologica dei ragazzi e delle ragazze: è davvero possibile che le difficoltà organizzative che, se superate, permetterebbero una frequenza tutelata, pesino di più sulla bilancia della tutela del benessere dei nostri ragazzi?

La nostra responsabilità di adulti, oggi e anche prima della pandemia, è quella di fornire ai ragazzi e alle ragazze dei messaggi chiari rispetto ai rischi e alle opportunità, una responsabilità che sembra, ancora una volta, non vogliamo prenderci, anche a costo di ignorare che le conseguenze psicologiche del contesto di oggi si ripercuoteranno in modo irreversibile sulle nuove generazioni.

 

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