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Pi Greco Day, il prof-influencer Schettini: “Ci vogliono più esperimenti ‘poveri' a scuola. Genitori, stimolate i figli”

Il “Pi Greco Day” è un’occasione per ribadire l’importanza dello studio delle materie scientifiche. Intervistato da Skuola.net, Vincenzo Schettini, professore di matematica e fisica amatissimo sul web grazie al suo canale “La Fisica che ci piace”, proprio partendo dal 3,14 ne ha approfittato per spiegare come amare questa disciplina

Pi Greco Day, il prof-influencer Schettini: “Ci vogliono più esperimenti ‘poveri’ a scuola. Genitori, stimolate i figli” - foto 1
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Chi l’avrebbe mai detto che una materia ostica come la fisica potesse dominare i trend di social popolari tra i giovani come TikTok? Vincenzo Schettini, l’amato prof-influencer de “La Fisica che ci piace”, è riuscito nella missione (quasi) impossibile di rendere attraenti teoremi e formule fisico-matematiche attraverso anche, ma non solo, un approccio basato su esperimenti “fatti in casa”.

Proprio il materiale povero, quello a cui tutti i prof possono accedere, secondo lui è una delle chiavi per far scattare la scintilla della passione per le materie STEM.

 

In occasione del Pi Greco Day, la giornata più “nerd” dell’anno, il portale Skuola.net ha perciò chiesto proprio a Schettini di condividere con studenti, insegnanti e genitori alle prese con alunni e/o figli recalcitranti, i suoi segreti.

 

Vincenzo, tu "festeggi" il Pi Greco Day sui social ma soprattutto con i tuoi studenti? Secondo te può essere utile ricordare questa ricorrenza?

 

“Più che festeggiarlo mi piace ricordare la bellezza di questo numero ai miei studenti, un numero che contiene tutti i numeri, ed è una cosa magica, meravigliosa. Nel Pi Greco si può trovare qualsiasi tipo di sequenza: il giorno del nostro compleanno, la data della volta in cui ci siamo innamorati, di quando abbiamo cominciato a lavorare o ad andare all'università. Insomma, ci si trova un po’ tutto, ed è questa la bellezza del numero”.

 

Le materie scientifiche spesso sono “odiate” dagli studenti. Venditti scriveva addirittura “la matematica non sarà mai il mio mestiere”. Secondo te perché?

 

“Venditti lo canta perché interpreta il sentimento di tanta gente. Ha più senso dire “la matematica non sarà il mio mestiere”, più che il contrario, no? Questo perché a volte non riusciamo a vedere nella scienza la bellezza, la simmetria, la danza dell'universo e delle particelle di cui siamo fatti. Ed è forse proprio questo che ci allontana dai numeri, vederli staccati dalla realtà. Tanto da non renderci conto che è il linguaggio universale più bello che la natura ci ha donato. Perché mentre in ogni nazione si parla una lingua diversa, in tutto il mondo si parla la stessa matematica. Wow!”.

 

Come si fa ad amare una materia su cui si pensa di capire poco o niente?

 

“Per amare una materia con la quale c’è poca sintonia bisogna trovare l'approccio giusto. Può succedere, se hai la fortuna di avere un docente che ti offre quell'approccio, quell'aggancio, quel quid. Molti l'hanno trovato online, tramite le mie lezioni. Centinaia di migliaia di studenti mi fermano e mi dicono: “Io grazie a lei sto amando la matematica e la fisica”. E questo mi fa enormemente piacere, perché poi mi dicono anche: “Mi sono reso conto che non ero io che non capivo niente o che non riuscivo a entusiasmarmi, ma che ci voleva un click e con te ho cliccato!”.

 

Qual è, a tal proposito, il ruolo della scuola? Che tipo di bilancio ti senti di fare?

 

“La scuola ha il compito di far comprendere, mai come ora, quanto la scienza sia importante per una corretta visione di sé stessi e del futuro, e quindi di quello che si dovrà fare da grandi. Ma è anche importante renderci conto che ci sono tanti insegnanti bravi di matematica e fisica, e di conseguenza tanti studenti che hanno la fortuna di provare quel click, di superare quell’ostacolo insieme ai loro docenti. Quindi evviva i bravi docenti, che riescono a farlo”.

 

Da insegnante, avresti un consiglio per il ministro dell'Istruzione per riformare l'insegnamento delle materie scientifiche a scuola? Cosa si dovrebbe fare?

 

“Questa domanda è complicatissima! Io comprendo che è difficilissimo riformare la scuola. È arduo dare un consiglio che poi possa essere esteso e messo in pratica. Però la cosa che mi viene istintivamente da dire è di far sì che gli insegnanti di scienze possano apprendere quanto sia importante approcciare le materie scientifiche usando le cose che si trovano a casa, facendo quello che chiamo “esperimento povero, con materiale povero”.

 

Nel pratico, questo, come si traduce?

 

“Noi abbiamo una scuola piena di strumenti scientifici utili solo dopo che si capiscono le basi delle scienze, e che non possono essere usati come prima linea di lavoro. Invece bisogna iniziare dalle cose semplici: la bottiglietta, l'arancia, le cose che si trovano in casa. Gli insegnanti dovrebbero essere stimolati in questo senso. Magari, puntando su corsi di formazione che possano portare verso un approccio più divertente, giocoso ed entusiasmante. Invece, attualmente, si fanno centinaia di ore di formazione e poi, alla fine, si arriva a fare sempre le stesse cose, senza uno stimolo differente. Io farei questo, è veramente complicato, me ne rendo conto”.

 

Agli studenti abbonati al 5 in matematica e fisica, cosa diresti per non farli scoraggiare o per incentivarli a cambiare le cose?

 

“A questi ragazzi posso dare un solo consiglio, e cioè di studiare sul canale YouTube 'La fisica che ci piace', dove imparare la fisica e la matematica è un gioco da ragazzi”.

 

E ai loro genitori?

 

“Ai genitori consiglio di stimolare i figli, congratularsi quando sono felici, e di aiutarli quando invece entrano in crisi. E di supportarli sia in caso di bei voti che di giudizi negativi. Perché il brutto voto non è frutto di un insegnante che non è stato capace di valutare, anzi, al contrario. Il voto cattivo spesso sottolinea qualcos’altro: “studia”, “datti da fare”, “dai tutto te stesso”. Quindi questo direi ai genitori: stimolate questi figli, anche a lavorare”.

 

Quindi, in un certo senso, dovrebbero tornare a essere abbastanza rigidi quando si parla di scuola?

 

“Io non voglio dire che si debba tornare necessariamente alla severità, ma la severità non fa male. Perché un ragazzo vuole anche essere sfidato a dare di più, questo lo aiuta molto. Ai genitori dico di entrare in connessione con i figli anche a questo livello. So che può essere interpretato come una cosa negativa, ma in realtà non lo è affatto”.

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