Quattro riguardano il lavoro e uno la cittadinanza. Sono tutti abrogativi, cioè i cittadini possono chiedere di eliminare totalmente o in parte una norma esistente
L'8 e il 9 giugno 2025 i cittadini italiani saranno chiamati a votare su cinque referendum (quattro riguardano il lavoro e uno la cittadinanza). Sono tutti sono abrogativi, cioè i cittadini possono chiedere di cancellare totalmente o in parte una norma esistente: perché siano validi serve che vada a votare almeno la metà degli aventi diritto. Quattro quesiti sono stati promossi dalla Cgil e da altre associazioni della società civile, mentre il quinto (quello sulla cittadinanza) è stato proposto dal partito Più Europa con il sostegno di Possibile, Psi, Radicali Italiani e Rifondazione Comunista.
Le proposte di referendum hanno ampiamente superato, con milioni di firme, il limite minimo di 500mila adesioni necessario. I quesiti saranno su schede ciascuna di un colore diverso e si votano singolarmente (o anche solo alcuni).
I quesiti - I primi temi riguardano il lavoro e sono: Licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti; Indennità per licenziamenti nelle piccole imprese; Contratti a termine; Responsabilità solidale negli appalti. Infine c'è quello sulla cittadinanza italiana per stranieri.
Cosa prevedono quelli sul lavoro - Il primo quesito sul lavoro punta ad abrogare (quindi annullare) le norme sui licenziamenti che consentono di non reintegrare un lavoratore licenziato in modo illegittimo se è stato assunto dopo il 2015. Più nello specifico, il quesito chiede di abrogare la disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act, secondo cui le persone assunte dopo il 7 marzo 2015 nelle imprese con più di 15 dipendenti non devono essere reintegrate nel posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo nemmeno se un giudice stabilisce che l’interruzione del rapporto di lavoro era stata ingiusta o infondata. Adesso è previsto un indennizzo economico tra le 6 e le 36 mensilità di stipendio. Se la norma attuale venisse abrogata, si tornerebbe al sistema che c’era prima dell’entrata in vigore del Jobs Act, cioè quello dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori come era stato modificato dalla cosiddetta “legge Fornero” del 2012. In sintesi, per alcuni licenziamenti (come quelli considerati nulli per legge) sarebbe di nuovo possibile il reintegro della persona nel posto di lavoro, oltre al risarcimento economico.
Il secondo quesito sul lavoro chiede di eliminare il limite all’indennità per i lavoratori licenziati in modo ingiustificato nelle piccole aziende. L’obiettivo è aumentare le tutele per chi lavora in aziende con meno di 16 dipendenti: al momento in caso di licenziamento illegittimo si può ricevere un’indennità massima pari a sei mesi di stipendio. Con questa riforma non ci sarebbe più il limite delle sei mensilità e l’indennità andrebbe stabilita da un giudice sulla base di una serie di criteri, tra cui la gravità della violazione, l’età, i carichi di famiglia e la capacità economica dell’azienda.
Il terzo quesito sul lavoro è riferito sempre al Jobs Act e punta a eliminare alcune norme sull’utilizzo dei contratti a tempo determinato, cioè quelli con cui secondo la Cgil lavorano circa due milioni e 300mila persone. Oggi questi contratti possono essere stipulati fino a 12 mesi senza che un datore di lavoro debba indicare un motivo specifico. L’obiettivo del referendum è limitare il ricorso a questo tipo di contratti reintroducendo, tra le altre cose, l’obbligo per i datori di lavoro di indicare una “causale”, cioè il motivo per cui ricorrono a un tipo di contratto a termine e non a tempo indeterminato (al momento la scelta dell’azienda è insindacabile anche in un eventuale giudizio).
Il quarto quesito sul lavoro vuole aumentare la responsabilità dell’imprenditore committente in caso di infortuni sul lavoro o malattie professionali. Attualmente le norme stabiliscono che negli infortuni il datore di lavoro committente è responsabile in solido con l’appaltatore e i subappaltatori per i danni subiti dai lavoratori che non hanno la copertura assicurativa. La legge esclude però questa responsabilità se i danni sono causati da rischi specifici dell’attività dell’appaltatore o del subappaltatore. Il referendum vuole eliminare quest’ultima clausola, estendendo così la responsabilità dell’imprenditore committente.
Il quesito sulla cittadinanza italiana - L’obiettivo del referendum è ridurre da dieci anni (anche se per lungaggini burocratiche sono molto spesso di più) a cinque gli anni di residenza regolare necessari per poter chiedere la cittadinanza: una volta ottenuta, questa potrebbe essere trasmessa ai figli minorenni. La riforma riguarderebbe almeno 2,3 milioni di persone in Italia. Più nel dettaglio la proposta è modificare l’articolo 9 della legge 91 del 1992 con cui si è alzato il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia per poter presentare la domanda di cittadinanza. Il quesito non modifica gli altri requisiti per ottenere la cittadinanza italiana, come conoscere l’italiano, avere un reddito stabile e non avere commesso reati.