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San Raffaele, sperimentata terapia genica contro il cancro al fegato

Secondo i ricercatori dellʼospedale milanese alcune cellule del sangue possono essere utilizzate per veicolare geni anti-tumorali

San Raffaele, sperimentata terapia genica contro il cancro al fegato - foto 1
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Uno studio condotto dai ricercatori dell'Ospedale San Raffaele di Milano ha sperimentato e identificato una nuova terapia basata su una tecnica di terapia genica, in grado di contrastare le metastasi al fegato causate dai tumori del colon-retto in modelli sperimentali.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Embo Molecular Medicine, è stato coordinato dal dottor Giovanni Sitia, responsabile dell'Unità di Epatologia sperimentale dell'istituto milanese.

I ricercatori hanno dimostrato che i macrofagi, cellule del sangue normalmente richiamate nel tumore, possano essere convertiti in veicoli di geni anti-tumorali per combattere le metastasi al fegato da tumori colon-rettali. L'Irccs Ospedale San Raffaele rappresenta uno dei poli più importanti nell'ambito della terapia genica, come dimostrano i recenti sviluppi della ricerca sull'emofilia o lo studio di una tecnica rivoluzionaria per distruggere le cellule infette nei casi di Epatite B.

Cellule "ingegnerizzate" - La nuova terapia utilizza una tecnica di trasferimento genico e ingegnerizzazione delle cellule del sangue per il trattamento dei tumori. Questo approccio consiste nell'utilizzo di vettori lentivirali in grado di inserire nelle cellule staminali ematopoietiche (cellule madri di tutti gli elementi del sangue) un gene che svolge attività anti-tumorale nella loro progenie.

Il gene "miracoloso" - Il gene terapeutico, scelto per bloccare la crescita del tumore, è l'interferone alfa, una molecola prodotta normalmente dal nostro organismo in risposta a infezioni che ha mostrato anche una potente attività anti-tumorale. L'uso clinico dell'interferone è però stato finora limitato a causa di una elevata tossicità, se somministrato per via sistemica.

Come agisce la terapia - Per rendere la terapia selettiva contro le cellule tumorali, il vettore lentivirale è stato disegnato in modo da assicurare che il gene si attivi solamente in una specifica frazione di cellule differenziate del sangue "figlie delle staminali", i monociti/macrofagi. I macrofagi ingegnerizzati, richiamati nei pressi delle metastasi, producono interferone che, accumulandosi nel fegato e in particolare nelle zone cancerose, può esercitare la sua funzione anti-tumorale, evitando gli effetti tossici della somministrazione sistemica sull'organismo.

"Protezione a lungo termine nei test"
- "Una volta nel fegato, l'interferone agisce sul microambiente epatico, riducendo precocemente la crescita e la colonizzazione metastatica e in seguito favorendo la risposta immunitaria contro le metastasi da colon-retto", ha spiegato Giovanni Sitia. "Abbiamo inoltre verificato - ha aggiunto - che l'ingegnerizzazione dei macrofagi e la conseguente produzione specifica di interferone, è in grado di conferire protezione a lungo termine in modelli preclinici murini, senza causare apparenti effetti collaterali o incapacità a rispondere adeguatamente a infezioni virali sistemiche".