Tra i Paesi più industrializzati del mondo, il nostro è quello che investe meno nella cura delle malattie mentali
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Solo il 50% delle persone che soffrono di depressione riceve un aiuto adeguato in tempi rapidi. Non bisogna poi dimenticare che una persona su quattro non risponde ai trattamenti. Si parla di numeri importanti, dato che in Italia sono 3 milioni le persone che soffrono di questo disturbo psichiatrico (di cui 2 milioni donne). Queste cifre si traducono in costi umani e sociali enormi, in particolare legati alla depressione maggiore (2% della popolazione italiana): 2.612 euro per ogni paziente l’anno di costi diretti, a cui si aggiungono 42 giorni all’anno di assenza dal lavoro per un totale di 4 miliardi di euro all’anno.
Non devono poi essere dimenticati i costi associati ai caregiver (parenti o congiunti che assistono i malati), stimati oltre 600 euro a persona. Nel nostro Paese la spesa media per i servizi di salute mentale è inferiore al 3,5% della spesa sanitaria, contro l’8-15% investito negli altri stati del G7. A far emergere i costi della malattia in Italia è una indagine condotta dai ricercatori dell’Università Tor Vergata di Roma su più di 300 pazienti. La ricerca è stata presentata in vista della Giornata Mondiale della Salute mentale, che cade il 10 ottobre, dedicata quest’anno alla prevenzione del suicidio. La malattia è spesso sottovalutata, nonostante i casi siano in costante aumento (20% in più tra 2005 e 2015) e sia sia diventata la prima causa di disabilità a livello globale.
Francesco Saverio Mennini, docente di Economia Sanitaria Università Tor Vergata di Roma, ha spiegato a Repubblica che : “Nel periodo considerato nell’analisi, 2009-2015, 650 milioni di euro sono stati destinati agli assegni ordinari di Invalidità e pensioni di Inabilità, con un incremento dei costi di circa il 40%. Questi dati testimoniano che stiamo parlando di una malattia fortemente invalidante, che impatta in maniera significativa sulla vita dei pazienti e della società, da molteplici punti di vista”. Ha poi sottolineato la necessità di “maggiori investimenti culturali ed economici che si traducano in migliori e più tempestivi percorsi di prevenzione, cura e riabilitazione nell’ambito della salute mentale”.