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Scultura Italiana del XXI secolo

Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano

02 Nov 2010 - 16:15

A distanza di 5 anni dalla mostra sulla scultura italiana del XX secolo che inaugurava la nuova sede della Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano, gli spazi di via Solari 35 ospita, dal 20 ottobre 2010 al 30 gennaio 2011, un’esposizione che traccia un primo bilancio delle ultime tendenze italiane nel campo delle discipline plastiche.

Curata da Marco Meneguzzo, La scultura italiana del XXI secolo - tale è l’ambizioso titolo dell’iniziativa - presenterà le opere di 80 artisti, tutti nati nella seconda metà del secolo scorso, dagli ormai storicizzati Nunzio e Dessì, agli esponenti delle generazioni più recenti, quali Cattelan, Bartolini, Dynys, Arienti, Moro, Beecroft, a quelle ancora più giovani, con Cecchini, Sissi, Demetz, Cuoghi, fino alle ultimissime come Sassolino, Simeti, Previdi, Gennari.

L’esposizione, che si pone in linea di ideale continuità con quella del settembre 2005, testimonierà delle più diverse espressioni di quella che si potrebbe configurare come “la nuova tendenza della scultura”, oggi la disciplina più difficile da definire: i linguaggi si sono definitivamente ibridati, i codici tradizionali sono stati rapidamente abbandonati negli ultimi trent’anni, e quella che era la disciplina artistica più “certa” nelle definizioni è divenuta di fatto la più incerta.

Tentare una nuova definizione? Accettare tutto indiscriminatamente? Far dissolvere la scultura nelle cosiddette “installazioni” o addirittura nell’architettura? Questa la sfida lanciata con questa mostra dalla Fondazione, che nei suoi primi cinque anni di attività si è caratterizzata proprio per l’opera di diffusione e di ricerca internazionale sulla scultura, nelle sue accezioni storiche ma anche più contemporanee. Questa è la linea programmatica in cui s’inserisce l’evento, con l’intento critico, scientifico e storico di sostenere la produzione artistica italiana, facendola conoscere internazionalmente, con artisti che appartengono alle tendenze più diverse, senza preclusioni se non quelle della qualità e del curriculum di ciascun artista, anche se giovanissimo.

Accompagna la mostra un catalogo bilingue - italiano e inglese - edito dalla Fondazione Arnaldo Pomodoro.

Per  Marco Meneguzzo “Quando, cinque anni fa, esponemmo in questi stessi spazi La scultura italiana del XX secolo l’omogeneità disciplinare aveva ancora il colore e la consistenza del bronzo e del marmo, e ciò che vi si discostava appariva ancora come un succedaneo, un’imitazione di quelli; oggi, la presenza di quei materiali in una mostra, che è prima di tutto coloratissima e morbida, assume immediatamente i connotati della citazione. Certo, non è la qualità cromatica o tattile, per quanto così diversa, a poter determinare la domanda sull’esistenza in vita della scultura come disciplina a sé (dopotutto tutta la scultura antica era coloratissima), ma d’altro canto il confronto tra quello che è un prima e un adesso deve pur iniziare da qualcosa, e iniziare dall’evidenza è comunque una buona norma...
Si deve riuscire a distinguere la morte dalla palingenesi, cioè l’estinzione dalla trasformazione in qualcos’altro – generalmente più ampio e più sfumato –, che però possieda caratteristiche linguistiche di base già presenti in nuce nella versione precedente di quel linguaggio. Per fare un esempio, lontano dal nostro campo, quanto rimane del melodramma in un musical? E quanto rimane del musical in un videoclip o nel concerto The Wall dei Pink Floyd?…
Come noi, nel corso della nostra vita, assistiamo - ha aggiunto Meneguzzo - all’estinguersi di nazioni, di numerose specie animali, dobbiamo essere pronti anche alla sparizione di una disciplina artistica".

La Fondazione Arnaldo Pomodoro ringrazia il partner UniCredit Group con cui nel tempo ha costruito un legame duraturo e proficuo basato su un comune sentire che sostiene l’innovazione e la creatività.
UniCredit è da tempo impegnato in ambito culturale e numerose sono le attività intraprese con importanti istituzioni, tra cui spicca la Fondazione Arnaldo Pomodoro, per la valorizzazione del patrimonio artistico contemporaneo, a cui si unisce una forte attenzione verso l’opera di giovani artisti.


Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano
La scultura Italiana del  XXI secolo

Jacqueline  Ceresoli


Andare alla Fondazione Arnaldo Pomodoro non è mai una perdita di tempo, oltre alle mostre relative ai modi, tecniche e linguaggi della scultura  contemporanea, si entra in uno spazio monumentale che ti toglie il respiro: è un’ esempio straordinario di riqualificazione e di conversione di un ex -edificio industriale che non ha eguali in Italia.
Nel 2005, la Fondazione s’inaugurò con la mostra dedicata alla “Scultura  Italiana del Novecento”, a cura di  Marco Meneguzzo, cinque anni dopo si riprende il  tema  con  “La Scultura Italiana del XXI secolo” ( sempre a firma di Meneguzzo), malgrado  le difficoltà economiche e la crisi che limita  la sua attività culturale. 
All’ingresso della Fondazione fa capolino l’intervento giocoso di Bros, che ha incappucciato la punta dell’imponente  obelisco di Arnaldo Pomodoro con un  grande foglio di PVC su cui ha dipinto una vagina, che senza imbarazzi si concede  amorevolmente alla scultura  fallica del  maestro: è un totem che  celebra la vitalità dell’arte.
 Varcata la soglia, le sorprese continuano con  il cavallo tassidermizzato con la testa conficcata nel muro, immortalato  nell’atto di compiere  un salto impossibile oltre la parete di Cattelan, agitatore culturale per eccellenza che non sbaglia mai un’opera per l’inconfondibile  “sense of  humor”.
Il percorso labirintico, si snoda su tre piani e presenta  78  lavori  un po’ affastellati tra loro, accostati  per libere associazioni con uno sguardo concentrato sul presente, più che sul futuro. Il curatore non ha seguito un ordine cronologico, di generi o generazionale  degli artisti con l’obiettivo  di  mostrare  come si è declinata  la scultura, il manufatto di materiali diversi  nel nuovo millennio.
E’ una mostra un po’ ambiziosa, che ci  pone la domanda  se esiste ancora la scultura  nell’era digitale, e quale ruolo ha assunto nel nuovo millennio, poiché  si è declinata  in  installazioni e/o assemblaggi di  materiali  industriali, organici, “poveri” e di scarto,  ma   per mancanza di  finanziamenti non include  installazioni  multimediali.
Passeggiando tra le opere  ci chiediamo chi è lo scultore oggi e come lavora ?  Qual’ è il ruolo del materiale?  Qual’ è l’identità della scultura  italiana contro la  omologazione ?
Queste  è altre  domande  sono il contenuto della  mostra intelligente di Meneguzzo che però  non va oltre alla  esibizione un po’ caotica di lavori deja -vu, prestati  dalle gallerie e da collezionisti privati per mancanza di sponsorizzazioni  e  di fondi  economici, che hanno limitato  la sua scelta.
In ogni caso vale la pena  visitare la mostra perché  si fa il punto  sulla  versatilità e vitalità  della scultura del primo decennio  di  artisti  più o meno noti che  rappresentano l’Italia , anche all’estero.
Carlotta Montebello, nipote di Arnaldo, in rappresentanza  del maestro a  New York per un delicato intervento alla schiena, è coordinatrice generale e durante la conferenza stampa  ha  denunciato la  mancanza di fondi  della  Fondazione; è un  malessere comune  di molte  istituzioni culturali abbandonati  a se stessi  dallo stato. Questa  mostra è stata possibile grazie alla generosità  degli artisti, collezionisti e gallerie, che hanno accettato di  prestare le opere e di sostenere i costi di trasporto  per aiutare  la  Fondazione ad avviare la programmazione  del 2011, ancora incerta, perché a parte  l’Unicredit  non ha trovato,  per il momento, altri sostenitori per garantire la  sua sopravvivenza e una programmazione più aggiornata al presente.
Tornando alla  mostra, Meneguzzo  ha fatto miracoli, perché nonostante i limiti economici ha dimostrato che la scultura non è superata, non è “una lingua morta “, al contrario  è in costante rinnovamento, lo dimostrano le opere  in mostra realizzate con diversi materiali, che diventano materia plastica  versatile e innovativa  grazie alla creatività degli artisti.
La scultura  resiste nonostante la multimedialità  e i progetti sempre  più tecnologici che  hanno abbattuto il muro tra ingegneria, architettura e design è non si pone più il problema della durata, come i monumenti del passato.
Alla Fondazione non vi annoierete, è un supermercato di tecniche e linguaggi, troverete di tutto un po’,  sculture transitorie, effimere, ludiche, post-concettuali , neo-dada , trionfano i materiali che in ogni caso mettono in discussione la forma unitaria, la composizione, la simmetria, la durata, la relazione con lo spazio e con il pubblico. 
Nel percorso che  tenta di definire almeno in parte  qual è e cos’è la scultura italiana,  noterete   Nunzio, Paolo CanevariMassimo  Kaufmann, Liliana Moro, Claudia  Losi,  il video di Alessandro Piangiamore e il film di  16 mm di Rosa Barda, le serigrafie su legno bruciato di Nico  Vascellari, le installazioni  ibride di  ArientiDynys, Favelli, Bernardini, le sculture più astratte di Favretto, Trevisani, Previdi, Pozzi . Ci sono anche sculture un po’ kitsch, come il  W.C  scarnificato  di Simone  Racheli, il manager crocifisso al muro di  bubble gum di Maurizio Savini, la sedia e il cappio di cristallo Swaroski  di  Nicola Bolla, il David di Donatello in versione femminile di Giovanni  Rizzoli,  due  ballerini in filo luminoso neo-pop di Lodola , la venere di plastica e  unghie finte di Enrica Borghi, la “Madonna scheletrica “in argento di Bertozzi & Casoni, immortalata nell’atto di tosare un prato fiorito, che cresce su una grande zolla di terra che taglia  l’erba fatta in ceramica . Non poteva  mancare  Vanessa Beecroft, con elegantissime  gambe  in marmo nero del Belgio adagiato su un cuneo e su altri due blocchi marmorei; no la scultura  non è  morta e spesso ci sorprende con soluzioni formali imprevedibili.  
Inoltre  sono esposte un opera stencil  di Paolo Piscitelli, che rappresenta l’ombra inquietante di un elicottero militare in volo a  bassa quota, che evoca spettri di guerra e la  nostra angoscia  per il  terrorismo internazionale . Spiccano  tre  ombre  lunghe di bronzo patinato di  Alex  Pinna,  la tenda canadese  di cartapesta e  feltro di Perino& Vele,  500 pesci fuor  d’acqua di  Dari Ghibaudo. Cercate  l’imperdibile  mappa  “A nord del Futuro “ di  Diamante Faraldo, realizzata con la  camera d’aria, legno e  ferro,  l’indimenticabile opera “Archeologia di un istante “ di  Paolo Delle  Monache e  “Grande  volante” di Fabrizio Corneli , molto poetico e suggestivo che  fa apparire, grazie alle ombre prodotte  da lampade, una figura umana  sospesa  nel vuoto che  spicca il volo verso l’alto dai contorni evanescenti, alla ricerca di  nuove configurazioni  spazio-temporali .
Forse questa opera  evanescente  potrebbe  essere la  metafora della scultura contemporanea: una disciplina  che partendo dalla figurazione, dalla  manipolazione di materiali si rigenera costantemente ed  è destinata  a rappresentare  forme ed immagini che raccontano il futuro già presente.

 

biglietti: 8 Euro intero, 5 Euro ridotto;
Ingresso gratuito ogni seconda domenica del mese.

catalogo: dizioni Fondazione Arnaldo Pomodoro

ufficio stampa: CLP: CLP Relazioni Pubbliche srl
Via Fontana 21
20122 Milano
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FONDAZIONE ARNALDO POMODORO
Via Andrea Solari 35
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+39 0289075394 , +39 0289075395
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