energia

Bush: nuovo no a tagli ai gas serra

Dopo Kyoto, opposizione a una legge USA

03 Giu 2008 - 15:43

Questo lunedì è iniziato nel Senato americano il dibattito sul primo disegno di legge sul riscaldamento globale. Il pacchetto, detto anche Liberman-Warner dal nome dei due senatori che lo hanno proposto, si propone di settare dei traguardi per il taglio alle emissioni dei gas serra simili, ma meno ambiziosi, a quelli del protocollo Kyoto che gli Stati Uniti non hanno ancora ratificato. Si parla di un 66 percento entro il 2050 con numerosi traguardi intermedi che permettano una riduzione graduale e compatibile con i ritmi dell'industria: meno del 2 per cento all'anno.

Il pacchetto ha ricevuto l'approvazione e il sostegno di molti politici, da entrambi i lati delle barricate, cosa non da sottovalutare specialmente in tempi di elezioni presidenziali. Tanto democratici di lungo corso come l'ex-vice presidente Al Gore (nella foto) o il ministro ai lavori pubblici Barbara Boxer, quanto repubblicani neo-green come il governatore della California Arnold Schwarznegger o il governatore della Florida Charlie Crist hanno espresso il loro sostegno incondizionato alla legge Lieberman-Warner.
 
Il consenso bipartisan non è però bastato per convincere la Casa Bianca e prima ancora che la bozza della legge facesse il suo ingresso nel Congresso, la portavoce del presidente Dana Perino aveva già annunciato l'intenzione di George W. Bush di porre il veto alla legge. Bush, a cui restano meno di sei mesi da governare, ha giustificato la sua decisione puntando il dito contro l'eccessivo peso economico che l'introduzione della legge porrebbe sui cittadini e sull'economia americana, penalizzandola di fronte alle economie concorrenti: una rivisitazione in chiave populista della stessa motivazione che il presidente ripete da anni in merito al rifiuto di ratificare il protocollo di Kyoto. Secondo lo staff del presidente, l'applicazione della Lieberman-Warner costerebbe al governo americano 6 milioni di milardi di dollari. Cifre non riconosciute dai sostenitori del piano che sottolineano il numero non trascurabile di nuovi lavori che sarebbero creati dalla legge. Senza contare che il costo delle conseguenze del riscaldamento globale, giustifica un'azione a prescindere. 

In realtà, a Lieberman e Warner aspetta una dura battaglia già in Senato, dove circa un quinto dei senatori pare volersi astenere dal voto: è il prezzo che paga la politica americana alle influenti lobby petrolifere ed energetiche, a cui molti senatori, soprattutto repubblicani, sono legati. Diversi analisti sono pronti a scommettere che il veto minacciato da George W. Bush non si realizzerà mai e che prima di vedere una legge simile arrivare sul tavolo dello studio Ovale bisognerà aspettare un nuovo presidente.

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