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Voci dalla curva

Ogni settimana lʼappuntamento del dopo-partita con i tifosi

Tgcom24

Nel petto di tutti batte il cuore del tifoso. E questo spazio è proprio per i tifosi, per commentare a caldo, con il cuore più che con la testa, la partita della propria squadra. Scriveranno i giornalisti della redazione di Tgcom24, ma invitiamo anche voi a dire la vostra. Mandateci la vostra "voce dalla curva" cliccando qui!

LE VOCI DELL'ULTIMA GIORNATA

QUI INTER
E' finita. Finalmente. E adesso che è finita lo possiamo dire: ci siamo vergognati, noi poveri tifosi illusi, sedotti e abbandonati. Ci siamo vergognati per la nostra dedizione ma soprattutto per loro che settimana dopo settimana hanno affondato in modo misero quel che rimaneva di una squadra. E non è questione di pochezza, di giocatori scarsi, e neppure di sfortuna o di infortuni. Qui è questione di cuore, quello che le altre squadre hanno messo fino all'ultimo, tutte senza esclusione dai vincitori dello scudetto a chi si è piazzato, da chi si è salvato a chi non ce l'ha fatta. Tutti ci hanno messo il cuore e l'orgoglio, hanno sputato sangue su ogni pallone, hanno messo in campo seconde linee che hanno lottato come i campioni, hanno onorato la maglia fino a piangere anche per una partita che non valeva nulla, ma che è stata giocata fino alla fine (vedi il Siena ieri sera, retrocesso ma disposto a morire sul campo). Gli unici siamo stati noi. Abbiamo disonorato i colori fino all'ultimo, ci siamo fatti umiliare incapaci anche di un sussulto di dignità. Tranquilli, la faticaccia è finita, adesso tutti in vacanza. Già, se lo meritano. Non prima però di avere incassato il lauto stipendio, si intende. E quest'anno non c'è neppure la seccatura di una qualsiasi partita di preliminari, no quest'anno vacanze lunghe. Speriamo, per alcuni, lunghissime. Un amico interista mi ha detto che è troppo facile essere tifosi solo dopo il 22 maggio (2010). Io lo sono da quando non ho neppure memoria. Ma una delusione così non la ricordo. E secondo me pure all'avvocato Prisco da lassù oggi scappa un vaffa. Cara Inter, con il campionato è finita la pazienza. Riconquistarci non sarà facile.

Lella Confalonieri - @lellaconfa


QUI FIORENTINA

Caro Massimiliano,
   anche tu sei toscano, come me. Apprezzo tantissimo che tu abbia cercato di regalare la Champions alla squadra del capoluogo, la mia squadra. Sì, lo so che ce l'hai messa tutta: hai fatto vincere il Siena per un po', regalando un po' di gioia a una città che non se la passa molto bene in questo momento. Hai persino sbagliato l'inizio della stagione. Eppure, eppure, la tua buona volontà non è stata premiata. Nessun problema, Massimiliano, capisco: tu, in fondo, alleni il Milan e la tua società è pur sempre la più titolata al mondo e gli dei del calcio, ammesso che esistano, amano i vincenti. Noi, tifosi viola, ci accontenteremo dell'Europa League. Pazienza, è stato bello credere al terzo posto e ce lo saremmo anche meritato. Ma, ovunque tu andrai la prossima stagione, sappi una cosa: ti voglio bene lo stesso.
Grazie di tutto
Francesco Piccinelli Casagrande - @Ildiserbante

LE VOCI DELLA TRENTASEIESIMA GIORNATA

QUI TORO
Perché fischiare? Lo confesso: ieri sera mi sono vergognato anch'io, come si è vergognato mister Ventura (evidente), come si sono vergognati i giocatori esposti pure al surplus di vergogna dei 5 minuti (cinque!) di recupero finali (mi scusi, signor arbitro: ma che diavolo c'era da recuperare?). Però non ritratto quello che avevo scritto qui qualche settimana fa: meglio uno zero a zero scialbo con salvezza incorporata che i soliti applausi e lo spettro della serie B. Non ci voglio più tornare in serie B, non voglio più giocare con il Lanciano e il Crotone. Voglio costruire qualcosa di importante, passo dopo passo, centimetro dopo centimetro, in serie A, magari poi anche in Europa, come ha fatto l'Udinese, per esempio. E in un cammino del genere ci stanno anche momenti come quello di ieri, non proprio leggendari, ecco, ma utili. E allora perché fischiare? Lo dico ai fratelli granata: perché? Io non dimentico. Non dimentico che a inizio anno avremmo firmato per una salvezza con una giornata d'anticipo, non dimentico che questa squadra mi ha ridato l'orgoglio di essere granata, non dimentico che per due volte siamo stati a San Siro da protagonisti a testa alta, non dimentico che abbiamo riportato due giocatori in Nazionale, non dimentico che siamo stati indicati per una parte della stagione come modello di calcio, non dimentico la gioia di alcune giocate di Cerci, l'affermazione di Darmian, la grinta di Glik, la scoperta (a parametro zero) di Rodriguez (che la calvizie ce lo preservi), il recupero di D'Ambrosio, la generosità di Gazzi... Non dimentico. E perciò, seppur con il magone per quello che ho visto ieri, ringrazio il presidente Cairo e mister Ventura. Se il prossimo anno ci fanno fare un passettino avanti (la parte sinistra della classifica?) io giuro che butterò giù anche qualche altra partita come quella di ieri. E se voi volete continuare a fischiare, peggio per voi.
Mario Giordano

QUI GENOA
Una volta le partite del cuore si giocavano tra vecchie glorie, cantanti, piloti, divinità cinematografiche. Le partite dell'amore, invece, vanno di solito in scena verso la fine dei campionati, tra squadre che si vogliono così bene da passare novanta minuti più recupero passarsi il pallone. "Tieni cara, gioca un po' te". "Ecco caro, te lo custodisco un po' così non ti stanchi". Torino-Genoa è stato il match dell'amore supremo, una sacher a sette piani, dolcissima per i giocatori ma dal sapore amarognolo per i tifosi. Perché uno ci spera sempre che il calcio non sia così, che almeno per un'ora ci si giochi la partita, che sia uno sport e non un trattato di ragioneria. Ok, anche il legame tra i tifosi è stato rinsaldato, ma a che prezzo? Costretti tra uno sbadiglio e l'altro, a cambiare canale e tifare Udinese. Preziosi, sappi che ti ho messo in conto pure questa.
Gian Luca Rocco

LE VOCI DELLA TRENTACINQUESIMA GIORNATA

QUI TORO
Se mai i parrucconi della Fifa tornassero dell'idea di cambiare qualche regoletta del calcio, non potremmo che suggerire che quella di diminuire la durata delle partite, da 90 a 75 minuti, 80 al massimo. Essì, perché ormai da qualche settimana funziona così, in casa Toro. Giochi più o meno bene per tre quarti di gara, pensi di portare a casa almeno un punticino ma poi zac, inesorabile, arriva la botta. Oggi il Milan, nelle scorse settimane, a memoria, Juve, Fiorentina, Parma, Cagliari, Napoli. Tutte ci hanno punito nell'ultimo quarto d'ora. E questa è la quarta sconfitta consecutiva, che segue un copione che peggio di così non poteva essere scritto. Vince il Genoa che si porta a -1 da noi, e rimane a -4 il Palermo, e ci costa, ma quanto ci costa la bella notizia di essere riusciti a mantenere le distanze coi rosanero! Fa rabbia vedere questo torello che gioca ancora bene, strappa applausi ma di punti manco a parlarne. Fa rabbia vedere un Cerci così che macina gioco per niente e ne fa ancora di più Barreto che si divora sullo 0-0 ben due palle gol. Siamo più belli di squadracce che ci stanno avanti in classifica ma ci mancano la concretezza e, ovviamente, quel pizzico di fortuna che noi storicamente non abbiamo nel dna. Ci salveremo, perché non si può andare in B dopo un'annata giocata a questi livelli. Ma ora torniamo a essere Toro, magari meno belli ma più pratici. Mercoledì battere il Genoa sarà fondamentale. Ricordandoci, soprattutto che le partite durano 90 minuti. Più recupero.
Domenico Catagnano

QUI JUVE
I cugini, come potete leggere qualche riga sopra, non se la passano bene. In casa Juve, però, siamo abituati a guardare all'interno delle nostra mura, soprattutto quando c'è uno scudetto da festeggiare. E nemmeno troppo "sobriamente", avverbio finito in soffitta lo scorso capodanno anche se qualcuno (vedi Letta) sta provando a rilanciarne la moda. La sobrietà, noi, la lasciamo agli altri. Evviva i colori bianconeri, evviva il tricolore che anche l'anno prossimo sarà sulle nostre maglie. Che volete farci?, è un'abitudine. Guardate il nostro "speciale scudetto" quanto è ricco. Aumenta voglia di...Juve! Lo speciale Juventus campione d'Italia 2013

LE VOCI DELLA TRENTAQUATTRESIMA GIORNATA

QUI MILAN
Torna Balotelli, torna la vittoria. Ed è una vittoria fondamentale, che ci permette di conservare quel vantaggio sui viola guadagnato con la remuntada e poi un po' buttato nella trasferta di Firenze. La partita col Catania ha dimostrato ancora una volta che la forza di questa squadra sta soprattutto nel reparto offensivo, anche perchè dietro i numeri fanno paura: 3 tiri in porta dei siciliani e due gol (vero Amelia?). E' il Milan degli attaccanti e soprattutto il Milan di Balotelli. Con lui davanti la squadra ha molte più soluzioni e il ritorno dopo le due (scandalose) giornate di squalifica ha reso il tutto ancor più palese. Vedere SuperMario è come vedere Ibra l'anno scorso: tutti i compagni si appoggiano a lui, lui domina con la classe e il fisico e la squadra dipende dalle sue giocate. Ma allora il quesito è: Allegri sa far giocare la sua squadra solo così? Possibile che in tre anni non abbiamo mai visto un gioco corale degno di questo nome? Possibile che il Milan, manifesto del bel gioco in Europa per anni, debba dipendere così tanto dal suo top-player? La curva ieri sera si è schierata col Mister, che sicuramente ha grandi meriti nella rimonta e nella scoperta di molti giovani, ma se neanche il presidente ha fiducia in lui, vale davvero la pena confermarlo anche l'anno prossimo? Non lo so, ma la risposta a un altro quesito che ha caratterizzato la stagione mi sembra cristallina: chi ha guadagnato dallo scambio Cassano-Pazzini? Come sempre, il MIlan (sorrido mentre scrivo i nomi di Pirlo e Seedorf per fare degli esempi). A proposito di Inter, la chiusa è per il capitano nerazzurro: forza Javier, torna presto, sei l'unico campione in un mare di me...diocrità.
Marco Mugnaioli

QUI TORO
La storia si conferma: la Juve ruba e noi soffriamo. Non c'è altro da dire: rigore grosso come una casa su Jonathas, una roba che lo vede anche Steve Wonder quando c'è nebbia, a noi non l'hanno dato. Che cosa deve succedere ai nostri attaccanti perché finalmente ci diano un rigore a favore? Li devono abbattere con un bazooka? Con il kalashnikov? I difensori devono intervenire in campo con una ruspa? Con un bulldozer? Nella nostra area è vietato anche soffiare forte, nelle aree avversarie si possono strattonare giocatori come se fossero pupazzi. Pirlo, poi, non lo espelle più nessuno. Gode dell'immunità diplomatica, come una volta Baresi del Milan. Sono giocatori così: l'Italia è loro grata, per cui possono violare le regole del gioco liberamente. Nessuno li punisce. Se Pirlo azzoppa la squadra avversaria l'arbitro lo ringrazia: prego, s'accomodi, faccia ancora. Il povero Glik invece, anche quando ha il singhiozzo gli viene considerato gioco pericoloso. Mi sono rotto le balle. E noi rischiamo di andare in B perché giochiamo bene, siamo bravi, ma lassù nessuno ci ama.
Mario Giordano

QUI JUVE
Ci sono 19 squadre che partecipano al campionato di serie A, e poi c'è la Juventus. Un'altra cosa, un'altra categoria, un altro pianeta. Lo si era intuito lo scorso anno, si è avuta la certezza in questa stagione. Lo scudetto che sta per arrivare, ormai distante solo un punto, ne è la dimostrazione: chi scrive (per fortuna ci sono decine di testimoni) da inizio anno fa un solo rimprovero al nostro fantastico mister, ovvero quello di aver "aggredito" ogni singola partita in maniera persino eccessiva considerato quanto fosse scontato il risultato finale.
Nel derby (2-0, dopo il 3-0 dell'andata, tanto per gradire) se ne è avuta l'ennesima dimostrazione: talvolta, la Juve vince anche senza "volerlo". I tre punti vengono da soli: con una giocata, sfruttando la stanchezza altrui, con un tiro da fuori o con un colpo di testa a due metri dalla linea di porta. Arrivano e basta. Ai rivali non resta che arrendersi all'evidenza.
Il derby non è stato di alto livello, ma per fortuna è stata partita vera, con un Toro degno dell'evento (a differenza dell'andata, quando picchiò e basta). Ventura e i suoi meritano (verbo orrendo, trattandosi di calcio) la salvezza alla grande: sono ordinati e sanno giocare a calcio anche senza avere grandi individualità. Possono fare risultato quasi contro chiunque. In quel quasi c'è la Juve, purtroppo per loro. Lo scorso anno, nel finale di stagione, arrivarono 10 successi in 11 partite (unico pari, quello con il Lecce in casa firmato... Buffon). Quest'anno, siamo a sette vittorie nelle ultime sette. Ne mancano quattro. Vabbè, non ho altro da aggiungere. Ciao e un sincerio "inboccalupo" ai cugini per la salvezza.
Alberto Catalano

QUI FIORENTINA
Se la Fiorentina farà scappare Montella giuro che riconsegnerò la mia tessera del Viola Club di Massa Marittima, nel Grossetano. La squadra vista oggi in trasferta ha tutta la forza dell'aeroplanino. Liajic è un genio e i meccanismi di Montella sono perfetti. A Marassi c'eravamo solo noi. Mi dispiace per la Samp, ma il Milan che spero rimarrà di Allegri è nel mirino.
Francesco Piccinelli Casagrande - @Ildiserbante

LE VOCI DELLA TRENTATREESIMA GIORNATA

QUI TORINO
 Adesso però basta. Basta con i complimenti, basta con le imprese epiche e sfortunate, basta con gli applausi e la sfortuna, basta con i tanti gol fatti e peccato che gli altri ne abbiano fatto uno in più. Adesso che siamo alla fine dell'avventura non voglio più spettacolo, voglio la salvezza. Nuda, cruda, sporca, brutta, cattiva, voglio gli zero a zero che fanno classifica, voglio i palloni buttati in tribuna, voglia le barricate davanti alla porta, basta con il 4-2-4 voglio il mitico schema 9-1, campa balon là in avanti e mordi le caviglie altrui, voglia la linea Maginot davanti a quella porta, voglia la bava alla bocca dei terzini, basta con gli errori, le disattenzione, quelli belli e un po' svagati, allo spettacolo ci penseremo poi, io voglio lo spettacolo di tornare a giocare a San Siro il prossimo anno e non a Lanciano. L'avete capito, amici miei con la maglia granata? Vi guardo in campo e godo, poi guardo la classifica e sto male. Vorrei fare cambio, per queste ultime giornate. L'unica cosa che conta è la salvezza. E io comincio ad avere un po' di paura.
Mario Giordano

LE VOCI DELLA TRENTADUESIMA GIORNATA

QUI GENOA
Fino ad oggi, lo ammetto, non ho mai creduto delle esperienze post mortem. Fino ad oggi. Perché dal minuto 28 del primo tempo al minuto 35 del secondo tempo del derby della Lanterna, sono morto. Stecchito, kaput, deceduto. Io come tutti i tifosi genoani, ovviamente. Trafitti dalla scorreggina beffarda e rasoterra di un giocatore dal nome che sa di shampoo (Eder), ci siamo avviati verso lo stramaledetto tunnel di luce. Sempre tenendoci per mano e cantando Forza Genoa alè alè (più irripetibili cori all'indirizzo degli sfortunati possessori di maglietta a stravaganti strisce orizzontali, buona magari per il Giro d'Italia, meno per il giuoco del pallone). La nostra vita calcistica ci è passata davanti, come un nastro che correva velocissimo: abbiamo rivisto la cavalcata trionfale della B, i primi gol di Borriello quando era un giocatore di calcio (e stava con Belen, particolare non da poco). Abbiamo sorriso mentre Milito e Thiago Motta ci portavano quasi in Champions, abbiamo pianto quando Preziosi li ha venduti. Ci siamo stretti e abbiamo cantato a squarciagola sui campi dell'Europa League, poi abbiamo rivisto gli anni stanchi in cui non riusciamo ad affezionarci a giocatori e allenatori che cambiano più veloci degli outfit di una donna indecisa su cosa mettersi al suo appuntamento della vita. Insomma, eravamo davvero morti. Lo sapevamo. La B rossastra sopra la fine del tunnel, d'altronde, la conosciamo bene. Purtroppo è un purgatorio che l'ultima volta è durato una dozzina di anni (con graziosa parentesi in serie C, tanto per gradire). Poi, una pernacchia di Matuzalem e sono (siamo) tornati alla vita. Il brasiliano più cattivo del mondo (anche oggi ha mietuto una vittima, il povero Kristic) è stato il defribillatore dei tifosi. Ci ha risuscitati. Ma niente miracoli. No, non è come quei film che il morto si alza e via, bello e fresco come se niente fosse. Siamo ancora più di là che di qua, più in B che in A. Ma almeno siamo vivi. Ed è già molto. E poi, diciamocelo, va bene calcisticamente essere uccisi dalle squadre più forti, ok anche il suicidio, persino quello assistito dagli arbitri: ma farci fare la festa da quelli della delegazione, sarebbe stato davvero troppo.
Gian Luca Rocco

QUI TORO
Alla voce "partite maledette" di quest'anno,  Torino-Roma si candida a occupare un posto d'onore. Che brutto perdere così! Che brutto perdere con un Pupetto Cerci in questa forma strepitosa: gigante sulla fascia, prende due pali e causa un'espulsione. Cerci con una marcia in più, dunque, ma troppa gente ha giocato con il freno tirato. E l'attacco sembra essere ripiombato nell'anonimato di qualche mese fa: Bianchi e Meggiorini continuano a parlare lingue diverse, i loro sostituti in corsa Barreto e Jonathas non pungono. In difesa, poi, si continua a tremare parecchio. Certo, il 2-1 romanista è nato da una magia di Lamela, ma l'impressione è che Ogbonna debba ancora riacquistare sicurezza e che con lui tutta la linea difensiva balli più della prima parte del campionato. Il mantra che ora dobbiamo ripetere ossessivamente è "dobbiamo salvarci". Palermo e Genoa sono ancora lontanucci, ma ci aspettano Fiorentina, Juve e Milan. Insomma, il baratro potrebbe essere più vicino di quanto sembra, considerato che il Siena è in gran forma. La Dea Bendata ci deve qualcosa, speriamo se ne ricordi già domenica prossima.
Domenico Catagnano

LE VOCI DELLA TRENTUNESIMA GIORNATA

QUI MILAN
Rieccolo qui, Paolo Tagliavento. A rubare il titolo buono o cattivo, a incrinare - per non dire proprio distruggere -, il giudizio su una partita, sulla prestazione della propria squadra, tutto quello che dovrebbe rimanere al termine di 90 minuti. C'era già riuscito alla grandissima un anno e spiccioli fa, partita Milan-Juventus, inutile stare a rivangare la rava e la fava muntariana. Con Fiorentina-Milan, il confuso (e scadutissimo, purtroppo) arbitro ternano ha fatto il bis. Allegri è riuscito a fare un'analisi e a dare una pagella - insufficiente - al Milan del Franchi tirando fuori dal mazzo i fischi a casaccione del nostro non-eroe. Per i poveri, mortali tifosi è più difficile. E diventa complesso spiegarsi che alla fine è giusto così, che c'è stata una compensazione evidente autogestita dall'arbitro, che è giusto ammettere che senza l'affrettata, ingiusta espulsione di Tomovic sull'1-0 per noi la partita avrebbe potuto avere un'altra storia. I rossoneri hanno pagato con interessi salatissimi nella ripresa l' "aiutino" recapitato nel primo tempo. E ancora prima di farsele roteare per il mezzo rigore per la Fiorentina moltiplicato fino a due penalties, a quello solare del 93' non concesso sul fallo di mani di Roncaglia, per le considerazioni sulla gestione degli altri cartellini, qui quello che imbestialisce è che non esiste, non può esistere nel calcio del 2013 una sorta di autoprocesso per direttissima dell'arbitro. Che, a seconda della sentenza, indirizza un risultato. Se sbagli, sbagli. Verrai sotterrato da critiche. Qualcuno ne sarà favorito e qualcuno penalizzato. E' la storia (antipatica) del calcio fino a quando non si deciderà di intervenire pesantemente con la tecnologia e con la maggiore trasparenza (esempio? Eccolo: perché gli arbitri non possono parlare mai?). Ma così, amico Tagliavento, è ancora peggio. E Fiorentina-Milan, al di là del bilancino degli errori, passa al rango di partita falsata: l'equità raggiunta attraverso giudizi iniqui è un ossimoro da testate nel muro per chi ancora vive il calcio come passione pulita.
Andrea Saronni
Twitter:
 @andysaro


QUI TORO

Beh, dai, quest'anno ci stiamo proprio divertendo come non ci capitava da tempo. Questo torello un po' matto in queste ultime settimane se la gioca con tutti, corre, scalpita e a vincerla ci prova. Pazienza che ultimamente, Lazio esclusa, abbia subito un paio di rimonte brucianti. E anche col Bologna sembrava così, se non fosse stato per quella zampata nel recupero del recupero di Rolandone nostro, bomber triste che ricorda un po' quei cannonieri brasiliani del tempo che fu che soffrivano di saudade. Due a due, quindi, punto fondamentale per la salvezza, ma, diamine, anche stavolta, abbiamo rischiato grosso. Diciamo che da un paio di mesi a questa parte dalla metà del secondo tempo in poi ci tocca tremare.  Cagliari, Parma e Napoli ci hanno demolito a suon di gol, in tre ce ne hanno fatti 14, parecchi dei quali proprio dal 60esimo in poi. La sfida, adesso, è questa: mantenere la spregiudicatezza del calcio d'inizio e tenere i nervi saldi per 90 minuti.  E arrivare almeno fine aprile con scioltezza e determinazione. Il 28, non dimentichiamolo, c'è il derby. E ce la dobbiamo giocare alla grande. Da Toro. Yeah. 
Domenico Catagnano

QUI JUVE
Doveva essere una formalità, utile soprattutto a ritrovare entusiasmo dopo la sconfitta di Monaco, ma non lo è stata. Juventus-Pescara 2-1 si spiega così: giornata-no per i bianconeri sotto porta, giornata-sì per Pelizzoli, portiere praticamente scomparso dai radar della serie A da tempo e "tornato" giusto in tempo per meritarsi i complimenti del "pensionato Buffon", ammirato in panchina. A sbrigare la pratica, comunque, ci ha pensato Mirko Vucinic, uno che deve solo ricordarsi di collegare il cervello ai piedi per scoprirsi campione: due gol e +12 (momentaneo) sul Napoli. Lo scudetto è sempre più vicino, il traguardo è ormai a un passo grazie alla seconda stagione straordinaria degli uomini di Conte. L'anno scorso a sbalordire furono le 38 partite consecutive senza sconfitte, quest'anno è la media punti, superiore rispetto alla stagione della rinascita nonostante la Champions League di mezzo (nessuno, tra i rivali, pensava fosse possibile, e invece...). D'altronde, con quel portiere lì, con quella difesa lì, con quel centrocampo lì e, soprattutto, con quell'uomo lì in panchina, tutto diventa più semplice. In Italia, aspettiamo rivali all'altezza, in Europa stiamo per emergere. Essere tra le migliori otto è solo l'inizio. Nel 2014, con due attaccanti nuovi (uno è Llorente), tutti dovranno fare i conti con la Juve fino alla fine.
Alberto Catalano

LE VOCI DELLA TRENTESIMA GIORNATA

QUI TORO
Che ci volete fare? Quest'anno va così. Per l'ennesima volta usciamo tra gli applausi ma a mani vuote. Detto questo, Toro-Napoli è stata una gran bella partita: otto gol, bel gioco a viso aperto, insomma uno spot al calcio. Ci ha rovinato la rete di Meggiorini, quella del 3-2 dell'inattesa rimonta. Quel gol ci ha ubriacato, ci ha fatto assaporare l'impresa, ci ha fatto girare la testa. E ha fatto suonare la carica per gli azzurri, in particolare per il Matador Cavani, che ha così sfogato la rabbia per il goffo fallo di mano che aveva provocato il rigore del 2-2. Questa sconfitta toglie poco al bel campionato granata, semmai ci conferma quanto la squadra sia cambiata in questi ultimi mesi. Più spavalda e spregiudicata in avanti ma pericolosamente più allegra in difesa. Per metà stagione la nostra forza è stato il reparto arretrato, visto che quello avanzato dormiva. Ora, grazie anche ai nuovo arrivi, si segna di più, ma la Maginot davanti a Gillet è diventata più burrosa. La nuova sfida di Ventura è dare equilibrio a questa squadra. Che gioca, ma fa giocare troppo l'avversario. Ne riparliamo il prossimo campionato, per questo basterebbe tenere presente che le partite durano 90 minuti, e che fino all'ultimo il risultato è in bilico. E' il caso di ricordare, solo epr fermarci alle ultime giornate, che a Cagliari, a Parma e ora col Napoli, se le partite fossero durate un quarto d'ora di meno qualche punto lo avremmo portato a casa?
Domenico Catagnano

QUI JUVE
Questione di punti di vista. La più bella cosa di Inter-Juve al 3', a partita ancora aperta. La più brutta al 95', a partita chiusa. Tra la perla balistica di Quagliarella e la vergogna del giocatore con la maglia numero 19 dell'Inter un derby d'Italia di buon livello, degno delle attese tra due squadre evidentemente di opposto spessore ma di simile orgoglio. Noi siamo la squadra più forte e lo dimostriamo andando a prenderci la meritata rivincita sul campo del più acerrimo dei nemici, “vendicando sportivamente” l'imbattibilità perduta all'andata. Nonostante la giornata autunnale, la Pasqua e il Bayern, Conte riesce a infondere ai nostri titolari ancora fame di successo, caricando come una molla Quagliarella, Pirlo, Barzagli e Buffon. La Juve segna, gioca e controlla dimostrando di essere pronta per la sfida di martedì. Quel che resta dell'Inter della gara di andata ci mette volontà e cuore ma possibile pensare di spaventare i campioni d'Italia con Pereira o Ricky? Francamente è poco. E poco concede la Juve, con una sola sbavatura oltre all'incursione vincente di Palacio (leggasi la conclusione di Cassano su corner a tu per tu con Buffon). La squadra c'è, la determinazione anche: lo prova la caparbietà con cui Quagliarella cerca sulla linea di fondo l'imbucata decisiva del 2-1. Forse un'altra squadra avrebbe inserito il freno a mano per rifiatare e portare a casa un punticino ma Conte non l'avrebbe certo presa bene (una preghiera al mister: non accosti mai più il suo nome alla panchina che fu di Mancini, Mourinho, Benitez, Leonardo, Gasparini, Ranieri e ora di tale Strama).

PS – siamo tifosi, a noi piace ancora parlare di arbitri mentre agli addetti ai lavori pare faccia ribrezzo. Rizzoli ha tollerato un po' troppo, ha sorvolato giustamente sul mani di Bonucci e Zanetti ma ha preso due topiche colossali (Handanovic-Vidal nel primo tempo, Chiellini-Cassano nella ripresa)

PS 2 – Sconcertante la follia dell'interista con la maglia numero 19. Giovinco ha rischiato di chiudere la carriera per quell'entrata. Un fallo da codice penale: a tempo scaduto, senza motivo e volutamente mirato a far male. Una società seria multerebbe qualsiasi tesserato autore di un fallo simile, magari aggiungendo una simbolica giornata di stop a quelle del giudice sportivo. Una società seria, appunto, non chi “è vicina a C. per quanto accaduto in campo”
Sauro Legramandi
@Sauro7
1

QUI
 MILAN
Ora, qui io ho davanti un calendario e una classifica. Il calendario mi dice che mancano 8 giornate alla fine, e che al prossimo turno il Milan giocherà a Firenze contro la Fiorentina. La classifica, invece, mi dice che il Milan è terzo in classifica, con sei punti di vantaggio sulla quarta, che è la Fiorentina stessa. La somma di queste due informazioni, infine, mi dice che se l'Associazione dovesse allungare il suo filotto di vittorie anche sul campo dei viola, la qualificazione perlomeno al preliminare di Champions League sarebbe cosa pressoché fatta. Tra il dire e il fare non c'è dubbio che ci sia di mezzo una trasferta difficile, contro una delle squadre che - pur se un poco a intermittenza, nell'ultimo periodo - ha prodotto con la Juventus il calcio migliore del campionato. Passi lunghi e ben distesi, insomma, anche il pareggio pulirebbe l'orizzonte europeo da altre nuvole. E comunque, al di là di come andrà a finire c'è il dato per cui il Milan, con 7 - sette! - giornate di anticipo avrebbe sostanzialmente centrato l'obiettivo che si era prefisso nel momento in cui era cominciata, proprio dopo il penoso rovescio a S.Siro con la Fiorentina, la scalata a posizioni più nobili della classifica. Lo scetticismo, anche dentro certi ambienti milanisti, era grande come il nostro fantastico Duomo: il lavoro di Allegri (Roma? Quale Roma?), la crescita di diversi elementi che hanno cominciato a dare una mano al Faraone, unico appiglio delle prime giornate, e il devastante impatto di Balotelli sulla squadra e soprattutto sugli avversari hanno compiuto un vero miracolo. Considerando il mister e i tanti giocatori nostrani che stanno ricostruendo un Milan buono per sognare, si può davvero di nuovo miracolo italiano. Presidente style.

Andrea Saronni
twitter @andysaro

 

 



LE VOCI DELLA VENTOTTESIMA GIORNATA

QUI JUVE
Lo scudetto numero 30 verrà ricordato per sempre come uno dei più belli (se non il più bello) dell'ultracentenaria storia della Juventus. Per mille motivi: perché il primo post Calciopoli, perché il più inaspettato di sempre, perché arrivato in rimonta prima e con una striscia finale strepitosa poi, perché caratterrizzato da un entusiasmo contagioso dovuto anche al nuovo stadio, perché ha consentito a Del Piero di lasciare l'ennesimo ricordo indelebile nelle menti di tutti gli juventini, perché perché perché... Lo scudetto numero 31, quello ormai a un millimetro di distanza grazie al successo con il Bologna arrivato al minuto 91 per opera del "piedinho di Giaccherinho", avrà un altro sapore: meno "gustoso", forse. Al tempo stesso, però, anche più "bianconero". Perché la Juventus è abituata a primeggiare, a essere odiata, a essere invidiata, a mettere in riga tutti secondo pronostico. Rieccola, la Juve che avevamo lasciato nel 2006. Manca poco, poi tornerà se stessa al cento per cento. Per i meriti ci aggiorniamo nelle prossime puntate, man mano che il traguardo si avvicinerà. Antonio Conte, in questo senso, è già in fuga solitaria...
Alberto Catalano

QUI GENOA
Guardatevi sempre da chi dice "io/noi sono/siamo diversi". Soprattutto se parliamo di calcio. Caro amico milanista, sappi che sei proprio come tutti gli altri. La tua squadra è identica alle tanto odiate Juventus, Inter e Roma. Perché caro amico milanista, sappi che quando vai a giocare con le medio/piccole, sei sempre in superiorità numerica. E non lo ammetti, anzi, piagnucoli che gli avversari sono cattivi. Dalla tua parte c'è sempre l'omino vestito di nero (o di giallo). No? Guarda la partita di Marassi. Quattro rigori (di cui 3 netti) non assegnati, una gestione dell partita decisamente casalinga. Ah, sì, piccolo particolare: in casa ci giocava il Genoa. Sì, lo so cosa stai per dirmi. Che Portanova ha fatto un fallaccio, che Bertolacci pure, che il Genoa picchiava. Nel caso, ti ricordo, che il gioco del pallone prevede lo scontro fisico durante la partita. Ma lo so, sei perseguitato. Guarda cosa è successo contro la Juventus lo scorso anno. Sì, è stata una terribile tragedia, ma non si capisce perché a pagare debbano essere tutte le squadre che il Milan ha affrontato da allora. Comunque, se vogliamo parlare di calcio, noi portiamo a casa gli ennesimi applausi, pacche sulle spalle da zero punti. Ancora una volta il migliore in campo è il portiere avversario e il peggiore è l'arbitro. Tutta benzina per alimentare lo stupendo falò del vittimismo rossoblù e prolungare la sofferenza. Insomma, ci piace moltissimo. La nota positiva è che dalla prossima, dopo Roma e Milan, si spera torneremo a giocare 11 contro 11. Quanto a te, caro amico milanista, a Barcellona farò il tifo per voi come ho sempre fatto quando giocate in Champions (ammetto che stavolta mi costerà molta piu' fatica del solito). E sono sicuro che porterete a casa la pelle. Purché vi ricordiate che, in Europa, quello vestito di nero, non gioca con voi.
Gian Luca Rocco
Twitter: @gianrocco

LE VOCI DELLA VENTISETTESIMA GIORNATA

QUI TORINO
Non la volevamo vincere e ci siamo riusciti benissimo. Il Toro sente la primavera, e s'accontenta platealmente di un tristo zero a zero in casa con il Palermo ad un'ora in cui si dovrebbe mangiar la pastasciutta, mica giocare a calcio... Se devo essere sincero, non mi sono divertito. Anzi, a dirla tutta quasi quasi preferisco addirittura i sapori forti della sconfitta di Cagliari della settimana scorsa che questo brodino di oggi. Là dentro ce n'era abbastanza di cui andare orgogliosi di essere granata: i torti arbitrali, le espulsioni, i rigori subiti, Diop, la gomitata, la forza di reagire 9 contro 11 e di agguantare il pareggio, la beffa finale con il solito riconoscibile destino che si accanisce contro di noi. Qui, invece, oggi che cosa c'è? Cerci che va a mezzo servizio (e gli basta per essere di una categoria superiore), Santana che deve aver litigato ferocemente con Masiello perché non gli passa mai la palla neppure per sbaglio, Meggiorini che è tornato se stesso (a San siro aveva mandato il suo avatar, probabilmente), Brighi e Gazzi che lottano come leoni, Vives che deve andare al corso raddrizzamento piedi, un bel palo di capitan Bianchi, e D'Ambrosio un po' in ritardo agli appuntamenti con il pallone (speriamo sia più puntuale a quelli galanti…). Non basta per rendere felice una domenica che forse ci fa fare un passettino avanti verso la salvezza, forse toglie le speranze di restare in A a una diretta concorrente, ma di sicuro ci ruba un po' dei sogni delle ultime settimane. Lo dico sottovoce perché non vorrei in nessun modo irritare san Ventura, nostro eroe e salvatore. Per altro: lui ha perfettamente ragione a dire che i tifosi del Toro sono capaci di farsi del male anche quando non ce n'è bisogno. Ma del resto se non si è capaci di farsi un po' del male, come si fa a tifare Toro?
Mario Giordano

QUI JUVE
C'è chi non vince mai e c'è chi vince anche pareggiando. Quest'ultimo è il caso della Juventus che con il segno "x" in schedina nella sfida-scudetto di Napoli (1-1, gol di Chiellini e Inler) compie un altro importante passo verso lo scudetto numero 31 grazie al vantaggio negli scontri diretti. Eppure, non sono molto soddisfatto del pari del San Paolo (a proposito: grazie dell'accoglienza ai simpatici tifosi partenopei che hanno trasformato il pre-partita in guerriglia). Perché non sono soddifatto? Innanzitutto perché nel primo tempo bisognava chiudere i conti mandando in depressione i settantamila sugli spalti e i dodici avversari Mazzarri compreso) in campo; poi perché andare a +9 (+10, in realtà) sui rivali avrebbe consentito una programmazione perfetta in ottica-Champions; infine perché sempre più spesso patisco la mancanza di un campione in grado di fare la differenza in attacco (diciamo che Giovinco non è Del Piero, per usare l'eufemismo del secolo). Resta comunque un buon pareggio quello del San Paolo, anche perché rappresenta l'ennesimo step evolutivo della squadra, matura a sufficienza per gestire un risultato senza andare a cacciarsi nei guai per voglia di strafare. Dove non arrivano le gambe, deve arrivare il cervello.
Chiudo dedicando qualche riga alle inevitabili polemiche arbitrali. Al termine di Juve-Genoa, in questa rubrica rimproverai Conte per l'esagerata reazione avuta a fine partita, figlia di un arbitraggio oggettivamente discutibile così come molti altri negli ultimi tre mesi. Bene, a Napoli non ci è certamente girata bene, eppure il Mister non ha fiatato, ha sorriso davanti ai microfoni ed è risalito sul pullman (precedentemente distrutto) dando una lezione di sportività a tutti i suoi detrattori. Mazzarri e De Laurentiis non li commento nemmeno. Su Cavani, invece, nonostante si sia reso protagonista di un gesto violento e pericoloso, parliamo dove e quando volete: resta un campione e Chiellini ha fatto benissimo a stringergli la mano a fine partita.
Alberto Catalano

LE VOCI DELLA VENTISEIESIMA GIORNATA

QUI TORO
Partite balorde, noi granata, ne abbiamo viste parecchie, ma come quelle di Cagliari ne ricordiamo poche. Già giocare a spalti vuoti fa una certa impressione, ma poi... andare sotto, rimontare, subire la controrimonta, pareggiare al fotofinish, due rigori contro, gara finita in nove, perdere con un autogol nel recupero. Un concentrato di emozioni che sarebbe stato esaltante se alla fine non dovessimo imprecare per questo 4-3 che non ci va proprio giù. Peccato, peccato davvero. Non è bastato Pupetto Cerci ancora in stato di grazia a uscire imbattuti dall'Is Arenas. Ma siamo sicuri che entrambi i rigori ci fossero? E siamo sicuri che quella manata dell'appena entrato Diop meritasse il rosso diretto? Siamo sicuri invece che il protagonista negativo della gara è stato Ogbonna. Vero è che ha subito un fallo da rigore non visto, ma entrambi i penalty contro vengono da suoi interventi, più o meni pesanti. E uno gli è costato l'espulsione. Una giornata-no capita, anche se Angelone non si discute. Al di là del risultato, la squadra è viva. Magra consolazione, ma oggi ci tocca accontentarci di questo.
Domenico Catagnano

QUI JUVE
Meno dodici. Tante sono le giornate che ci separano dalla fine del campionato e da un altro appuntamento che non scriviamo per scaramanzia. Adesso, archiviata la vittoria numero 18 su 26 partite, tutti in poltrona a vedere il derby della Madonnina, fondamentale e imperdibile sfida “galattica” per stabilire chi sarà per questa settimana l'antagonista dell'antagonista (Lazio?) dell'anti-Juve (Napoli). Siamo ormai a marzo, la stagione è in salita e la Juve sembra aver imboccato la strada giusta. Vincere contro questo Siena non era scontato e nemmeno facile: i toscani sono nella miglior fase della loro annata e non si danno mai per vinti. Per questo la Juve gioca più con la testa che con i piedi. L'aspetto più difficile sta nel tenere la concentrazione alta per novanta minuti vista la conclamata difficoltà di Vucinic e compagni di mettere per tempo in cassaforte una qualsiasi partita. Oggi la Juve ci riesce alla grande. Stavolta sull'1-0 non ci sono sbavature in difesa o scollature in mezzo al campo. Solo dopo il 2-0 di Giovinco (giù di forma ma oggi decisivo sottoporta) ci si ricorda di avere un certo Gigi Buffon tra i pali. Solo quando vedi Chiellini correre in mezzo al campo ti ricordi che giochiamo da tre mesi senza uno dei migliori difensori italiani nonché uno dei simboli di questa Juve. Battere questo Siena alla fine risulterà pesante come l'affermazione a Verona. Venerdì pronti alle forche caudine del San Paolo dove non sarà per niente facile. Non sarà facile per noi ma nemmeno per il Napoli che in 90 minuti si gioca tutta una stagione.
Sauro Legramandi

LE VOCI DELLA VENTICINQUESIMA GIORNATA

QUI INTER
Sul 2 a 0 ho cambiato. Ammetto, sono scappata, sono andata a cercarmi un film divertente su Premium, ho voluto allontanare da me le ignobili immagini di una ex grande squadra che le prendeva di santa ragione. E probabilmente avrebbe voluto farlo anche il mister Strama, che non sapeva dove voltarsi, che non ha capito nulla della partita, che già al fischio d'inizio probabilmente non vedeva l'ora finisse, come quando si sta sulla poltrona del dentista. Non sopportavo la visione di una maglia buttata nel fango (altro che il gesto di Balo che getta la maglia dopo l'epica impresa contro il Barcellona….), strappata, umiliata. E che dire di una società che con scientificità ha distrutto la squadra del triplete, che dilapida il vivaio con una irresponsabilità alla quale non si crede. E in questo ci metto pure l'allenatore, giovane, che può uscire bruciato da questa esperienza. Al quale sono stati affidati acquisti senza senso, senza testa. Il risultato è che siamo senza difesa, senza centrocampo e quel poco di attacco si è frantumato giovedì, insieme al ginocchio del Principe. Per amore di squadra sorvoliamo sui nomi dei sostituti, usciti dalla brillantissima campagna acquisti. Onore al merito della Fiorentina, ma segnare così da soli davanti al povero Handanovic mi sa che sono capaci tutti. Il portierone lasciato solo dai suoi compagni (media voto della difesa 3 di stima passata) ha fatto i miracoli per non prenderne altri 5. Ci stiamo disamorando, e questa è la colpa più grave di tutte. E domenica c'è il derby, oh signur…..
Lella Confalonieri

QUI TORO
In Nazionale Alessio in Nazionale. Con un Cerci così, non ci ferma nessuno, pensa il tifoso granata doc. Dopo di che, però, comincia a enumerare le sfighe che possono capitare a quell'ala fenomenale: si romperà un gamba? Comincerà a uscire tutte le notti con una schiera di modelle moldave? Scoprirà i piaceri dell'alcolismo? Si schianterà in motorino? Litigherà con mezza squadra? Diventerà buddista e fuggirà in Tibet vestito d'arancione? Colto da crisi esistenziale deciderà di arruolarsi nella Legione Straniera? Il tifoso granata doc non riesce a essere ottimista nemmeno dopo la vittoria che garantisce un passo importante verso la salvezza. Del resto capitelo: il tifoso granata doc è cresciuto a pane e sfiga, si sente perseguitato dal destino e dunque è convinto che avendo noi trovato (grazie Ventura, grazie Cairo) un altro giocatore di cui è possibile innamorarsi, dopo anni di Abbruscati e Pancari, qualcosa succederà. Non è possibile che continui a deliziarci così. E' troppo bello. Non ci credo. Intanto, se proprio Prandelli lo vuole, glielo prestiamo per la Nazionale. Ma che ce lo tenga da conto, per l'amor del cielo: per la prima volta su quelle ali abbiamo ricominciato a sognare e vorremmo continuare per un po'. Sfiga permettendo
Mario Giordano

QUI JUVE
E brava la Roma! Sembrava pronta a crollare, eppure si è rialzata sul più bello, contro la Juve, ovvero l'unica squadra d'Italia in grado di restituire energie misteriose a chiunque la affronti e di riempire un Olimpico in odore di maxi contestazione. I Nostri, però, questa volta hanno clamorosamente fallito l'appuntamento. Pessima prestazione quella dell'Olimpico, simile a quella con il Milan di tre mesi fa: come allora, non abbiamo giocato; come allora, ci ha fregato la Champions. D'altronde, Juventus-Chelsea e Celtic-Juventus sono stati i due crocevia della stagione bianconera. Ad oggi, le uniche partite da "dentro o fuori" della stagione: sono arrivati due 3-0 tondi-tondi. L'effetto-rebound, però, si è poi fatto sentire in campionato, dove gambe e testa non hanno retto a sufficienza. Passo falso, quindi. Non ci voleva, ma tutto sommato ci sta. Anche perché manca sempre il fuoriclasse puro, ovvero il campione in grado di "farti vincere le partite che meriteresti di perdere". Un Totti dei bei tempi, ad esempio. Anche se pure quello in versione autunno-inverno 2013 non è niente male...
Ps. Da diversi anni considero Totti il più forte calciatore italiano degli ultimi 25 anni. Chissà quando qualcuno mi farà cambiare idea...
Alberto Catalano

QUI MILAN
Tre punti, terzo posto, terzo gol da fermo di Balotelli in tre partite e terza vittoria consecutiva in casa nel girone di ritorno. Insomma, 3 is the magic number e la 3 è la posizione di classifica che vogliamo occupare anche a fine stagione. La vittoria col Parma per 2-1 (tre gol…), però, non è stata una bella vittoria. Il Milan ha giocato male, ha concluso il primo tempo in vantaggio senza mai tirare in porta e ha chiuso la gara grazie a una punizione che non c'era. I risultati molto positivi del 2013 stanno mascherando le ancora notevoli carenze di gioco, velocità e organizzazione e se la squadra si esprimerà come nelle ultime uscite anche contro il Barcellona, bisognerà andare allo stadio col pallottoliere per tenere il conto dei gol blaugrana. Ma comunque quest'anno l'obiettivo non è e non può essere la coppa, quindi godiamoci la sfida coi più forti del mondo, accogliamo al meglio il 4 volte pallone d'oro Messi e lasciamo perdere vane speranze di fare risultato. La Partita con la P maiuscola è quella di domenica coi cugini, che dopo aver ululato contro SuperMario per novanta minuti settimana scorsa, ora si lamentano per il goliardico “Milito salta con noi” della curva sud. Dopo tanto tempo siamo riusciti a metterli dietro, dove è giusto che stiano, ora dobbiamo riuscire a batterli per dimenticare la rabbia dell'andata. Magari con un bel 3 a zero…
Marco Mugnaioli

LE VOCI DELLA VENTIQUATTRESIMA GIORNATA

QUI INTER
Datemi della fanatica, ma io, più che essere felice dei tre gol segnati, del ritorno del Principe, dell'allegria dell'attacco, sono preoccupata per il gol subito, per l'immobilità della difesa. Ma le avete visto le belle statuine ferme come gatti di marmo farsi infilare come polli? Ecco, non ci facciamo abbindolare troppo, il problema è lì, a volte i nostri perdono la posizione e pure gli avversari. Speriamo Samuel torni presto. Al capitolo “buone notizie” mettiamo la reazione dopo la figuraccia rimediata a Siena, un ritrovato Milito, e pure il recupero di Dejan. Senza dimenticare Cassano, che ha illuminato a tratti le azioni di attacco e la buona volontà di Gargano. Da rivedere i nuovi arrivi, con nomi che ancora non ricordiamo. Ma la difesa…. Non è possibile che tutte le volte che gli avversari superano la metà campo l'interista medio debba misurarsi la pressione che schizza verso l'alto. Urge rimedio. Una nota a margine: anche a me girano pensando alla nuova allegria di Supermario Balotelli in salsa milanista. Ma gli slogan da bestie, no, le offese a sfondo razziale no no e poi no. Vi ricordate come ci siamo arrabbiati quando altre tifoserie apostrofavano in quel modo Balo? Allora per una volta, una sola, non ci facciamo riconoscere, dimostriamo dissenso per il cambio di casacca. Ma isoliamo gli imbecilli, ne guadagneremo tutti.
Lella Confalonieri

QUI MILAN
Tutto sommato un buon punto, veniamo via da Cagliari con questa convinzione. Perché quella sarda è storicamente una trasferta difficile, perché delle altre (Inter a parte) non ha vinto nessuno e perché, detto sinceramente, non avremmo meritato di portare a casa i tre punti. Contro un Cagliari molto ben messo in campo, in tutto il primo tempo la manovra è stata lenta (si è sentita più del previsto l'assenza di Montolivo), non abbiamo creato un'occasione da gol degna di questo nome e siamo andati sotto sull'ennesima palla inattiva. Nonostante i nostri centrali siano tutti alti e teoricamente forti di testa, infatti, quello di ieri è il 13esimo gol subito in questo modo, decisamente troppi. Nella ripresa poi la musica non è cambiata, almeno fino agli ultimi 15 minuti, quando il Cagliari è rimasto in dieci, ha avuto paura e si è barricato dietro. Troppo poco per sperare di vincere, ma va bene così. La Lazio resta a tre punti, abbiamo guadagnato un altro punticino su Roma e Fiorentina e ne abbiamo persi due nei confronti dell'Inter. Inter che ieri sera, dopo essere stato in balia del Chievo per 25 minuti, ha vinto una partita che ha ridato morale ai suoi tifosi, i quali hanno deciso di festeggiare la vittoria insultando a pieni polmoni il nostro Balotelli, cecchino infallibile dagli undici metri. Dopo l'anticipo di venerdì col Parma e la supersfida col Barca, toccherà proprio alla partita coi cugini, crocevia fondamentale per il campionato quanto la gara della settimana successiva con la Lazio. Il derby è già cominciato, obiettivo sorpasso, e che bello se fosse firmato da un gol di SuperMario…
Marco Mugnaioli

QUI
 TORO
L'Udinese è rognosetta, e con noi anche fortunata. All'andata strappò un punto immeritato all'Olimpico (quanti legni centrammo? Neanche fosse stata la finale con l'Ajax...), oggi minimo risultato, medio sforzo e massima posta. Peccato aver preso gol subito, peccato per un tempo giocato davvero male, ma soprattutto peccato per non aver segnato nella ripresa, quando un po' di gioco s'è visto. Ma tant'è: oggi la voglia di giocare sembrava ce l'avesse solo Cerci, magari caricato dalla presenza di Prandelli in tribuna. Sembra proprio che il nostro Pupetto stia maturando, sta studiando da leader trascinatore e se la sregolatezza non prende il sopravvento sul genio ci darà grandi soddisfazioni. Peccato per quel gran tiro che ha fatto tremare la traversa friulana... Per il resto, registrata una difesa un po' svagata, l'attacco, privo di Bianchi (l'infortunio gli ha tolto l'amarezza di un'altra probabile esclusione), sembra aver fatto un passo indietro. Barreto sembrava più avvelenato col pallone che con la sua ex squadra, Meggiorini è tornato in letargo. Meglio le due punte della ripresa: Jonathas si è mosso bene, su Diop, rientrante, confermiamo quanto detto mesi fa: è forte, dategli tempo. Ora ce l'Atalanta. Ricordate? All'andata gliene facemmo cinque a domicilio. Ha la maglia nerazzurra, fate credere al Meggio che si rigioca contro l'Inter. Hai visto mai che si risveglia?
Domenico Catagnano

QUI JUVE

Bella e spietata. Come piace a noi. La Juve torna ad essere la Juve di Pirlo e Conte nel momento clou della stagione, quando serve continuità in campionato e slancio in Europa. Troppo esile la Fiorentina di Viviano e Montella per poter pensare di infastidire questa Juventus. Allo Stadium non c'è stata partita perché la Juve ha tamponato, costruito e segnato. La Fiorentina invece ha dimostrato i suoi limiti tra difesa e portiere, un centrocampo a fasi alterne e l'eccessiva dipendenza da Jo-Jo. La Juventus ha giocato con il trio delle meraviglie in mezzo al campo ma un monumento se lo meritano anche Barzagli e Vucinic. Al montenegrino servirebbe un pizzico di narcisismo in meno per segnare molti più gol. In forma europea anche Matri. Archiviamo la pratica interna e speriamo di rivedere la Juve bella, spietata e vincente anche martedì a Glasgow
Sauro Legramandi
@Sauro71

Tutta qua la Fiorentina? Prima dell'inizio della partita, ricordando l'andata e temendo piccole distrazioni pre-Champions, avevo quel pizzico di tensione che amo da morire. E' durata 19 minuti: al gol di Vucinic è evaporata; altri dieci minuti e ho capito che la vittoria non ci sarebbe sfuggita; altri dieci minuti e il regalo di Vidal per Matri ha fatto esplodere lo Stadium; a fine primo tempo è scattata la sigaretta liberatoria. Ciao Viola, ciao Viviano. Mai festeggiare in anticipo, ma i limiti dei giovanotti di Montella erano evidenti.
La Juve c'è, direbbe Guido Meda. Anche con qualche assenza di troppo, anche con qualche acciaccato di troppo, anche con qualche viceallenatore di troppo, quella bianconera resta la squadra da battere. Ottimo Pirlo, perfetto Barzagli, strepitoso Vidal. Campioni che la Juve ha, e gli altri vorrebbero. Campioni che inseriti in un'organizzazione di squadra ottima sostenuta (oggi) da una buona condizione atletica, consentono a Conte di schiacciare gli avversari per 70 minuti a partita circa.
In serata è arrivato anche il pareggio del Napoli, nobile avversario destinato a rimanere tale ancora a lungo, probabilmente fino alla fine. Fra tre giornate la partita-verità (si fa per dire): con un pareggio, considerato il risultato dell'andata, la Juve prenderebbe due punti. Attaccare, Mazzarri. Per una volta, sarai costretto ad attaccare (almeno sulla carta).
Alberto Catalano
@abicatalano

QUI NAPOLI
Forse credevano di essere al Sambodromo. Per 60 minuti gli azzurri hanno guardato i laziali manco fossero ballerine brasiliane. Incantati dai loro ritmi ossessivi. All'11mo ecco la stella filante di Floccari per il vantaggio biancoceleste (l'aquilotto poi ha centrato pure 2 legni, uno anche Cavani). Nell'ultima mezz'ora il Napoli ha fermato la parata danzante e si è riappropriato della tradizione carnascialesca. Con la spavalderia di Pulcinella ha preso a bastonare la porta avversaria fino al pareggio di Campagnaro in extremis. Risultato che riporta la Juve a più 5. Ora basta scherzi. O i Mazzarri boys finiranno per essere solo "chiacchere" e distintivo.
Ida Barone

QUI FIORENTINA
L'Incompiuta è uno tra i capolavori della musica classica. Schubert, però, ha un vantaggio nei confronti di Montella: mentre componeva la sua sinfonia, non aveva da fare punti per entrare in Europa, possibilmente nel tabellone della Champions. A volte, mi chiedo se l'allenatore della mia squadra sia consapevole di questo gap. Soprattutto, la cosa che mi fa innervosire è che sfide come quella dello Juventus Stadium dovrebbero esaltare i calciatori che le devono giocare. La tua piazza odia la Juve. Hai la possibilità di affrontarla a casa sua. I campioni, quelli veri, in un contesto del genere si esaltano. I nostri? Schubert quando si mise a scrivere l'Incompiuta era già un grande. La Fiorentina di stasera, invece, è piccola  piccola piccola. O, più semplicemente, incompiuta.
Francesco Piccinelli Casagrande 
@Ildiserbante

LE VOCI DELLA VENTITREESIMA GIORNATA

QUI MILAN
Visto che dopo una vittoria con doppietta del nuovo acquisto che ci rilancia in classifica è naturale lasciarsi andare a facili entusiasmi, partiamo dalle cose negative: abbiamo vinto grazie a un rigore regalato al 90esimo. Senza quel tiro dal dischetto staremmo parlando di un'enorme occasione sprecata e di una squadra che non è in grado di chiudere le partite. Ma le note negative si fermano qui, perché la squadra ieri sera ha giocato una buona partita, ha concesso poco agli avversari e, nella gelida serata milanese, ha scaldato gli animi dei tifosi con giocate di classe. Il pubblico di San Siro, giunto allo stadio più numeroso del solito per il battesimo di SuperMario, è tornato a divertirsi e ora, complice l'andamento lento di Inter e Lazio, crede nel terzo posto. Allegri l'aveva detto in tempi non sospetti: “Vedremo dove saremo a fine febbraio” e ora in effetti la classifica inizia a sorridere. Lazio a tre punti e Inter finalmente agganciata: dopo Cagliari e Parma toccherà ai nerazzurri e ai biancocelesti, poi sapremo se possiamo giocarcela fino alla fine. Avanti Milan, con questo Balotelli crederci è d'obbligo e se segnasse anche ai cugini…
Marco Mugnaioli

QUI INTER
Comunichiamo ufficialmente che la curva color nerazzurro, squadra milanese ex blasonata ora solo bastonata, è in sciopero fino a data da definire. Fino a quando non ci restituiranno un undici appena appena guardabile, del quale non ci si debba vergognare e che non ci lasci in balia delle battutacce (alcune davvero di scarsa levatura) dei tifosi avversi. E finché non finiranno dietro la lavagna (e sono buona) i dirigenti che hanno sperperato i soldi del Presidente per mezze calze che non riescono neppure a stare in piedi, che non hanno idea di come si sta in campo. Finché non faranno tornare quelli che invece avevano messo insieme il dream team di qualche anno fa, e sono stati indegnamente accompagnati alla porta dopo infiniti anni di onorato lavoro interista sul campo e fuori , come ci insegna Ligabue (un aiutino, comincia ori e finisce per ali). Finché non ci restituiranno un allenatore entusiasta, con l'idea di una squadra : va bene anche Strama, ma per favore che ci faccia vedere qualcosa di buono, l'Inter degli ultimi mesi è una pena autentica e un regalo a tutti gli avversari. Inutile continuare a dire che l'obiettivo è la Champions. Ci va bene che siamo quasi a quota salvezza, altrimenti ci sarebbe da temere. Non si prendono in giro così i tifosi, contando sull'eterno amore. Anche gli interisti , nel loro piccolo, si possono arrabbiare (parafrasi, sono pure sempre una signora).
Lella Confalonieri

QUI GENOA

Finalmente. Alla fine non era così difficile: bastava un allenatore normale, dei giocatori normali (Cassani, Manfredini, Portanova, Matuzalem) e gli altri messi al loro posto (Rossi, Moretti, Bertolacci, Borriello) per trasformare la banda dei brocchi in una onesta formazione di mezza classifica, capace a tratti di giocare bene, ordinata, decisamente attenta. Certo, poi il Genoa è il Genoa. Non si poteva vincere semplicemente portando a casa il 2-0 maturato nel miglior primo tempo della stagione. No, per ricordare a tutti i suoi tifosi perché hanno almeno due bypass coronarici, la vittoria è maturata all'ultimo secondo, dopo un errore dell'arbitro che ha regalato il pareggio a una grigissima Lazio (ma Pektovic è davvero un ottimo tecnico e anche un signore. In Italia non farà strada). Serviva il gol dell'ultimo arrivato all'ultimo giorno di mercato per infiammare lo stadio e portarci fuori dalla zona retrocessione. E dopo Juventus e Lazio, ora sotto con il Parma: ne vedremo delle belle. Il malato non è guarito, ma almeno dà segni di vita. Grazie Ballardini, mister che ha un solo, grande difetto: è troppo normale nel nome e nei modi per piacere ai Soloni del calcio.
Gian Luca Rocco
twitter @gianrocco

QUI JUVE
I gufi possono attendere: la Juve ha meritatamente vinto una gara che pochi a settembre avrebbero considerato decisiva. Eppure le rimonte subite da Samp, Parma e Genoa avevano giustamente ridato fiato alle rivali della Juve e trasformato la gara di Verona in un importante crocevia della stagione. Missione compiuta: Pirlo e compagni hanno vinto nonostante cinque titolari assenti, dimostrando di poter tornare presto ad altissimi livelli. Magari in concomitanza con l'appuntamento di Champions. A Verona abbiamo ripristinato le ingiuste distanze (nel senso che meriteremmo di essere almeno a +5 sulle inseguitrici) e inviato un segnale al campionato: la nostra testa è ok, psicologicamente siamo ancora il gruppo roccioso dell'anno scorso. Il primo tempo col Chievo lo dimostra, la reazione al gol di Thereau lo conferma. Il migliore dei nostri è stato Lichtsteiner anche se il gol di Matri ha fatto brillare gli occhi a molti. Dietro la lavagna Giovinco. Decisivo avere Pirlo in mezzo al campo anche se limita Pogba. A fasi alterne Vidal ma il suo guizzo non manca mai. Adesso Fiorentia-Celtic-Roma: non c'è tempo per riposarsi, figurarsi per guardarsi alle spalle
PS – immancabile post scriptum. Finalmente una domenica mattina senza polemiche e attacchi ad arbitri e al sistema. Lo stesso Pulvirenti (padrone del Catania vittima di topiche arbitrali con Juve, Milan e Inter) non ha protestato per il mani di Zuniga e nemmeno per il cazzotto di Grava. Strano: di solito una parolaccia o un'offesa ci sarebbe scappata. Ma con De Laurentis evidentemente non se l'è sentita.
Sauro Legramandi
twitter @Sauro71

QUI TORO

Sette partite senza perdere. E' questo il dato più importante dopo il brodino casalingo con la Sampdoria. Uno 0-0 bruttino, con pochissimi lampi ed emozioni quasi nulle. Ci poteva anche stare, dopo la bella vittoria a Pescara e il partitone a San Siro con l'Inter, considerato che i doriani sono in gran forma, a Torino avevano fatto bottino pieno con la Juve e venivano da una goleada proprio con gli abruzzesi. Una partita che in altri tempi ci sarebbe piaciuta pochissimo, ma i ragazzi hanno acquistato parecchio credito ultimamente. Quindi perdoniamo tranquillamente un attacco svogliatuccio, un approccio poco battagliero e un secondo tempo da partita di fine stagione, di quelle che "un pareggio fa sempre comodo". In fondo siamo pur sempre una neopromossa, dobbiamo salvarci e la zona a rischio è ancora abbondantemente lontana. Primo, non prenderle. E non le abbiamo prese. Avanti così.
Domenico Catagnano

 

LE VOCI DELLA VENTIDUESIMA GIORNATA

QUI NAPOLI
Ciao ciao Tardini, un bacio ancora... Quanti altri schioccare di labbra vorremmo vedere rivolti alla curva! Da quando il Matador ha ingentilito la sua esultanza, ogni rete è più dolce. E ci avvicina a un sogno tricolore. Il Napoli vince a Parma con l'ennesimo gol decisivo di Cavani. Senza il passaggio di Lorenzinho forse sarebbe andata diversamente. Ma la domenica era cominciata all'insegna della speranza, con gli anticipi del sabato tutti a favore dei partenopei. "Che occasione, non sprechiamola" il primo sms della giornata a un amico. Risposta istantanea: "Qui a Parma il cielo è azzurro. In città si parla napoletano. Incrociamo le dita". Dopo la grande paura del pareggio, la sofferenza degli ultimi minuti, quegli smack smack liberatori verso la tv, ecco il secondo messaggino dalla trasferta: "L'avventura continua, la squadra mi sembra più matura. Nothing is impossible". Come dargli torto? A meno tre dalla capolista bianconera si può tornare a credere nell'happy end: ...e poi per sempre ti amerò (con tante scuse a Modugno e Dorelli per la parodia di Piove).
Ida Barone

QUI TORINO

Essere a San Siro e uscire a testa alta, non mi capitava da tempo. Nell'antistadio ho incontrato il Ds Comi: “forse è dai tuoi tempi che non giocavamo così bene qui…”. Ricordo un uno a zero, mi pare gol di Cravero, forse era la fine degli anni Ottanta. Essere a San Siro e uscire a testa alta, coni nerazzurri mogi mogi e noi sotto la curva (“Vi vogliamo così”), che soddisfazione, dopo una settimana di sorrisini in redazione perché avevo scritto che il Toro cominciava a far vedere un po' di libidine (“Per una vittoria col Pescara? Libidine?”). Essere a San Siro e uscire a testa alta, beccatevi questa e inghiottitevi i vostri sorrisetti, la libidine c'è, Mister Ventura è un grande, Barreto fa frullare la palla, Cerci vola, el Pelado Rodriguez ci fa persino dimenticare che da mesi stiamo giocando senza il nostro giocatore più forte, tale Angelino Ogbonna. Ora siamo una squadra, come scrivono i giornali, dei singoli ci interessa fino a un certo punto, se persino Meggiorini, vituperato Peggiorini fino a qualche settimana fa, esce da San Siro con una doppietta, una partita fantastica e persino il lusso del rimpianto (ah, se metteva dentro il terzo gol)… Essere a San Siro e uscire a testa alta, ecco, tutto qui. Ci basta. Per ora.
Mario Giordano

Cos'altro aggiungere? Godiamocelo, questo Toro, che finalmente gioca, ci fa divertire, richiama paragoni importanti ed esce da San Siro da padrone. Godiamoci questo Meggiorini, che in 90 minuti ha fatto meglio delle altre 17 partite in cui era sceso in campo. Godiamoci Barreto, che ha ritrovato il Meggio come quando si ritrova un vecchio compagno del liceo. E speriamo che i due abbiano ancora tanto da dirsi. Godiamoci Pupetto Cerci, che vola e domina la fascia. Godiamoci i Rodriguez, i D'Ambrosio, i Glik, artigiani del calcio, gente da Toro. Godiamoci questa libidine venturiana, fino a quando durerà, e pazienza se contro l'Inter potevamo anche vincere. Noi siamo il Toro, dove l'importante non è nè vincere ma neanche partecipare. L'importante è esserci. E adesso ci siamo.
Domenico Catagnano

QUI FIORENTINA
Basta alibi. La squadra è spenta e inguardabile. Bella, a tratti. Ma il gioco del calcio non è come i tuffi: non c'è una giuria a bordo campo che dà giudizi da uno a dieci sul palleggio. Fine della storia. Il rigore su Jovetic? Lo so che c'era. Ma gli arbitri non devono essere la nostra ossessione: le grandi squadre vincono anche in dieci e anche contro di loro. Capito, Montella?
Francesco Piccinelli Casagrande
@Ildiserbante

QUI JUVE
Sono un tifoso juventino arrabbiato. Il perché lo spiegherò tra poco. Prima un paio di righe dedicate ai novantatrè minuti di campo - solitamente l'unica cosa che conta per il sottoscritto - di Juventus-Genoa 1-1. Inutile dire che è stata un'occasione persa dai Nostri.
I rossoblù sono poca cosa, più che altro fanno "colore": come spesso accade, infatti, Buffon è uscito dal campo senza una goccia di sudore sul viso. Fatto sta che non aver battuto Ballardini allo Stadium farà marcire il fegato di molti bianconeri per qualche giorno. Cos'è successo? E' successo che Vucinic era in giornata no, che le assenze (orami di media-lunga durata) di Pirlo-Chiellini-Asamoah pesano, che Barzagli per una volta si è distratto, che Marchisio deve ancora ritrovare la forma migliore e che l'arbitro ci ha messo del suo. Rimboccarsi le maniche, gente. Ma senza perdere la serenità: lo scudetto resta a portata di mano.
Perché sono arrabbiato? Per una serie di motivi. Primo perché la direzione di gara ci è stata ancora una volta cotraria (penso alle partite con Torino, Parma, Milan, adesso Genoa etc etc e mi viene un pizzico di nervisismo; Catania e Inter le uniche partite "pro"). Secondo perché gli avversari (in questo caso la Preziosi's company) hanno dimostrato ancora una volta che (quasi) nessuno, in Italia, è capace di dire "stavolta ci è andata bene, ciao". Terzo perché il "mio" allenatore deve stare più sereno. Negli ultimi tre mesi la "sorte arbitrale" gli ha spesso detto male, ma lui ha sempre gestito bene la situazione. Mai una polemica vera, mai una incazzatura fuori luogo. Ieri sera gli ho visto anche la tiroide, ho visto un dito puntato minacciosamente verso l'arbitro, ho visto la paura di chi teme di non riuscire a vincere e non la forza di chi sa di essere il più forte. Dai, mister, abituati a essere superiore a tutti coloro che sbraitano ogni due minuti. Alla fine, conterà sempre e solo il campo. E se ci dirà male, diremo bravi agli avversari. Ma degli arbitri, te lo chiedo "in ginocchio", facciamo parlare gli altri. Quelli abituati a perdere...
Alberto Catalano
@abicatalano

 

 

LE VOCI DELLA VENTUNESIMA GIORNATA

QUI MILAN
Qualche anno fa, fu Silvio Berlusconi a citare tra le sue principali ispirazioni Erasmo da Rotterdam e il suo "Elogio della Pazzia". Ecco, qui, molto più modestamente rispetto al presidentissimo, ci si limiterà all'Elogio del Pazzo, inteso come Pazzini Giampaolo, professione centravanti neanche troppo considerato del Milan. Due gol al Bologna, da vecchia cara punta d'area, una spintarella al difensore, una spintarella dalla fortuna ed ecco una doppietta che, alla giornata 21, lo fa approdare alla fatidica doppia cifra, considerata da sempre la "mission" (per continuare con la terminologia cara al patron) di ogni puntero che si rispetti, il numero che si vuole stampato per benino al suo posto nella schedina personale dell'almanacco del calcio. Pazzini è arrivato dall'Inter totalmente scarico (non per colpa sua), ha fatto il botto proprio col Bologna all'esordio dal primo minuto e poi è sparito dai radar, facendo emergere nei milanisti il timore che i dirimpettai non ci avessero rifilato un "Pazzo", ma un "Pacco". Lui se ne è stato buono, zitto, ha accettato la panchina senza diffondere lamenti al cielo e, soprattutto, ha lavorato: un golletto qui, uno là, un rigorino ogni tanto hanno contribuito a ricreare i giusti presupposti di testa. E adesso, ecco il giocatore che tutti ricordavano nella Sampdoria e nel primo anno interista: una palla decente in mezzo all'area, e tranquilli che qualcosa succede. Dicono: non è tecnico. Oppure: si mangia ancora troppe occasioni buone. Io rispondo che le occasioni buone nascono proprio perché il Pazzo è lì in mezzo a svangare e non è a fare lambade ai limiti dell'area o chissà dove. E quando la palla non è in area, un lavoro sporco, utile alla squadra, punto di riferimento e sportellate a favorire i blitz del Faraone o di chi passa da quelle parti. Qualche stazione di radiomercato parla di un Pazzini in bilico, di un via libera verso la sua vecchia Samp nel caso Galliani metta a segno la sua, di doppietta (Balotelli e Kakà): io, prima di disfarmi di uno che sa coniugare gol, esperienza, senso della squadra e professionalità ci penserei una doppia cifra di volte. Speriamo che in via Turati la pensino alla stessa maniera.
Andrea Saronni
twitter: @andysaro


QUI GENOA
La voce della curva questa settimana andrà in onda in forma ridotta per la grave indisposizione (nausea e vomito) che ha colpito i tifosi dopo l'ultima, indegna prestazione della banda di Del Neri. L'autore, per evitare la censura, sostituirà le espressioni ingiuriose con l'aggettivo “splendido”.
Splendida prestazione di splendore della splendida banda dello splendido allenatore Gigi Del Neri, capace di interpretare splendidamente la partita con una splendida e azzeccatissima formazione che prevedeva, tra l'altro, lo splendido Sampirisi, che, oltre ad essere uno splendido giocatore, è giù stato venduto all'Atalanta (questa è l'unica buona notizia di questa splendida domenica). Il nostro splendido bomber Borriello, eroe di mille discoteche e sempre in splendida forma di giorno, sbaglia a porta vuota un gol che segnava anche mia nonna di 90 anni. Da lì è tutta un'altra partita: era tipo il quarto minuto. Il Catania aveva da poco segnato, gioca bene (meritatissima la sua posizione in classifica, bravi) e il Genoa e i suoi splendidi giocatori non ci capiscono più niente. Il resto, come cantava Califano, è noia. E anche un po' di splendido splendore. Ora, i tifosi aspettano la testa di Gigi Del Neri che verrà a lungo ricordato come il più splendido degli allenatori della centenaria storia del Grifone (e ultimamente di splendidi interpreti ne abbiamo avuti parecchi). Basterà a salvarci? Intanto ci basterebbe una domenica un po' meno splendida di questa.
Gian Luca Rocco
twitter: @gianrocco

QUI TORO

Cenni di libidine. Il primo tempo del Toro è stato perfino bello, forse Santana era un po' in fuorigioco, forse è stato pure fortunato, però in campo c'eravamo soltanto noi. Barreto ha la pancetta ma conosce a memoria il gioco che piace a Ventura, le due ali volano, la squadra gira, per l'appunto s'intravvede un po' di quella libidine che il mister aveva promesso al popolo granata. Non ci siamo fatti mancare niente, oggi a Pescara, persino Meggiorini che sfiora il gol Cerci che manda a quel paese i compagni (perdonato), qualche brivido come da copione e San Gillet pensaci tu che fa il suo solito miracolo, altrimenti alla sera manco riesce a prendere sonno. Ecco qui, cronaca di una domenica così è perfetta che non sembra nemmeno possa essere da Toro. Ditemi che non sto sognando. Ditemi che la libidine è vera. Ditemi soprattutto che è solo l'inizio…
Mario Giordano

QUI NAPOLI
Con il centesimo goal in serie A Cavani sigla un pareggio che vale di più. Perchè la partita con la Fiorentina era tosta come un cantuccino prima d'inzupparlo nel Vin Santo. E quel punto solitario, sommato ai due di penalizzazione riavuti in settimana, fa giusto 3. Come una vittoria. Meglio essere ottimisti e vederla così. Non si può incolpare Morgan De Sanctis di aver sciupato tutto. Per una sua papera, quante parate decisive! Basta pensare al poker con la Roma, merito tanto del matador quanto del pirata. Certo... Facundo Roncaglia adesso starà ancora festeggiando per la rete beffa da fuori area. Ma il Napoli deve valutare il match coi viola senza recriminazioni. Se la sfortuna ha baciato la capoccia ipotricotica di Pandev davanti alla porta, Behrami ha evitato per un pelo l'espulsione. Non stiamo a spaccare il capello, insomma. Necessaria concentrazione per obiettivo Champions.
Ida Barone

QUI JUVE
Il Napoli recupera 7 punti in 10 giorni? La Lazio ne recupera cinque in una settimana? Nessun problema, chi ha esperienza e classe superiore alla media sa come comportarsi. E' questo il caso di Paul Pogba il quale, conscio del difficile momento della Juventus, ha preso per mano la squadra come deve fare un veterano come lui e l'ha trascinata ad un rotondo 4-0 interno contro l'Udinese (squadra modesta, per la verità). Tutto vero, con il solo particolare che l'uomo del match di anni ne ha 19 (diciannove) e una volta di più ha fatto capire al mondo perché Alex Ferguson si arrabbiò moltissimo quando, lo scorso aprile, il giovanotto "targato Raiola" firmò per la Juve per una manciata di spiccioli. Doveva essere un anno di conoscenza (della lingua e del calcio italiano) ma quando uno è superiore, lo dimostra anche senza volerlo, anche se viene piazzato a fare il vice-Pirlo senza somigliargli nemmeno da sdraiato, anche se inserito in un contesto che non è quello ottimale (il top della forma la Juve non l'ha ancora raggiunto). Tutto questo conta poco o nulla quando hai un destro terrificante. E i giovani ricordino: nel calcio, the shot on goal è come il colpo del ko nella boxe. Se non ce l'hai, sarai sempre un campione a metà. E così, grazie a Paul, la partita con l'Udinese si è trasformata in un'amichevole dopo la prima oretta di gioco. Due ganci al mento, e Guidolin non si è più rialzato. Ora vediamo se riescono a rialzarsi gli avversari per lo scudetto, a cominciare dal Napoli. Consigliamo a Mazzarri di non abbassare mai la guardia. Altrimenti...
Alberto Catalano

LE VOCI DELLA VENTESIMA GIORNATA

QUI MILAN
Che pochezza questo Milan. Nella notte in cui tutti sognavamo di superare la Roma e accorciare sulle altre in zona Europa, andiamo via da Marassi con un punticino che non serve a nulla e sta perfino un po' stretto a una Samp priva peraltro di Maresca e Maxi Lopez. Una sola vera occasione creata in 90 minuti, un tridente (Niang a parte perché il ragazzino almeno si è sbattuto) impalpabile e la solita difesa fragile, salvata soltanto dall'imprecisione degli avanti blucerchiati e da un paio di interventi di Abbiati, che non è sicuramente un fenomeno, ma a differenza di Amelia almeno a parare ci prova (vedi punizione di Giovinco mercoledì e gol di Candreva a Roma). E anche a centrocampo le cose non vanno sicuramente meglio, con il solo Montolivo (seconda consecutiva da capitano per lui) a tirare la carretta e un Boateng sempre più deludente, che per quanto mi riguarda sarei molto felice di veder cambiare aria prima della fine del mercato. Il mercato appunto, l'unica speranza a cui possiamo ancora aggrapparci per cercare di dare un senso a questa seconda metà di stagione e raggiungere quanto meno la qualificazione in Europa League. Servirebbe almeno un giocatore per ruolo, bisogna ricostruire l'ossatura della squadra, un centrale forte, un centrocampista dai piedi buoni e un centravanti, senza dimenticare il portiere. Galliani e Braida, tocca a voi, salvateci da questa pochezza.
Marco Mugnaioli

QUI GENOA  
Comincia il girone di ritorno e la mia voce dalla curva è già un flebile sussurro. L'afonia colpisce il genoano al minuto 84, quando Conti insacca il gol del 2-1, completa la rimonta e ci rispedisce all'inferno. Cambiano gli interpreti, Manfredini e Pisano al posto di Canini e Sampirisi, ma non cambia il risultato: la difesa rossoblù è, se non la peggiore, sicuramente la più lenta e statica del campionato. Contribuisce non poco al caos il pessimo Delneri con i suoi cambi cervellotici che mettono in luce la pochezza della rosa rossoblù. Piscitella, nomen omen, non è pronto per la serie A, e forse nemmeno per il calcio che conta. Seymour è un onesto mestierante se il suo mestiere fosse il fabbro: come calciatore decisamente meno. Jorquera non giocherebbe probabilmente nemmeno se ad allenarlo fosse la mamma. Floro, dopo la lunga vacanza a Granada, entrerà in forma forse a maggio. Insomma, problemi, problemi e ancora problemi che si sommano ad una cronica mancanza di personalità: in vantaggio 1-0 non puoi e non devi farti rimontare. Comunque il campionato è ancora lungo. Certo, sarebbe stato meglio fosse finito domenica scorsa. Ma aspettiamo gli altri mirabolanti colpi prima di decidere se saremo o no spacciati. Certo la traversa di Kucka (sempre il migliore, quando lo vendiamo?) è un segnale del destino poco incoraggiante. Ma per piegare le ali al Grifone, ci vuole ben altro.
Gian Luca Rocco
Twitter @gianrocco

QUI JUVE
La Juve ce la mette tutta per riaprire un campionato già chiuso a dicembre e - senza troppa fatica - ci riesce, lasciando sul campo cinque punti alla Lazio in soli otto giorni. Se con la Samp eravamo stati puniti da un errore di Buffon e dalla testa, a Parma ci sono mancate gambe in avvio e lucidità nel finale. Altrimenti non si spiega il pareggio contro un'onesta formazione ma nulla di trascendentale: la Juve, come l'anno scorso, è appesantita nella forma al rientro dalla pausa e al Tardini ha pagato dazio per le assenze, Chiellini su tutti. Ci conforta il fatto che sia accaduto più o meno lo stesso l'anno scorso quando gennaio e febbraio furono mesi difficili con Conte che mischiava le carte attingendo dalla panchina. Per nostra fortuna l'esito di quella preparazione e di quel turn over forzato lo sappiamo sin troppo bene. In giornate grigie come a Parma- con Vucinic risparmiato dall'inizio - si evidenzia la mancanza di un elemento in grado di decidere da solo la partita. Giovinco migliora ma non trascina, Quagliarella si sente sempre sotto esame (al pari di Matri, soprattutto con il mercato aperto), Pirlo illumina sì ma non sempre Lichtsteneir (pecca di incisività) e l'esterno sinistro di turno sono alla sua altezza. Bene Pogba, in ripresa Vidal. Bocciato Caceres: la fascia sinistra diventa un problema. Sabato sera arriva l'Udinese, avversario non facile ma i primi tre punti dell'anno vengono prima di bel gioco e forma.
PS – è bello notare come l'odio verso di noi unisca almeno il 50% degli italiani. Se la Juve di Conte, in otto giorni, avesse battuto il Cagliari in casa con un rigore benevolo allo scadere e poi l'Atalanta grazie a un pallone volontariamente controllato di mano, prima dei Tg delle 20 di domenica sera si sarebbe già insediata una Commissione d'inchiesta parlamentare sui bianconeri. Invece è accaduto alla seconda squadra di Roma e allora vale tutto pur di intravedere meglio le terga bianconere in classifica. E stiamone certi: al primo episodio negativo contro Lotito rispunterà la richiesta di una Commissione d'inchiesta
Sauro Legramandi
Twitter @Sauro71


QUI TORO

Il Rosina dell'ultimo anno al Toro fu disastroso. Ci aveva illuso per tre stagioni, pensavamo di avere il top player in casa (lo chiamavamo Rosinaldo....), invece naufragò, lui come tutta la squadra, in quella sciagurata annata 2008/2009, quella del ritorno in serie B. Ci aveva illuso, deluso ma ora, da avversari, gli diciamo grazie, perché quel rigore sbagliato ci ha consegnato una vittoria chiave. Torino-Siena 3-2, quindi, ma quanta sofferenza! Certo, schieravamo una difesa rattoppatissima, ma sul 3-1, in casa, con un risultato in cassaforte contro l'ultima in classifica, era impensabile che avremmo dovuto soffrire fino all'ultimo. E invece, se Rosina non avesse calciato fuori il penalty del possibile 3-3 praticamente al 90° (rigore giusto su fallo inutile, tra l'altro), saremmo qui a mangiarci le mani. E' stato un bel Toro per un tempo: gol del ritrovato Brighi, raddoppio di Rolandone capitano, gran tris in contropiede di Pupetto Cerci, che quando parte in quarta non si fa raggiungere da nessuno. Poi la ripresa, affannata e affannosa, come se i nostri avessero speso tutto nei primi 45 minuti. Ci è andata bene, come era andata bene a Catania: due rigori contro sbagliati e abbiamo tre punti in più in classifica. Ma sappiamo benissimo che non sarà sempre così, sorella sfiga è sempre in agguato. Però, a distanza di sicurezza dalla terz'ultima, ci fa meno paura.
Domenico Catagnano

QUI INTER
Una premessa è doverosa. Sono interista, e come tale non mi va mai bene nulla, ho lo spirito critico sempre vigile e rompiscatole. Fatta questa premessa, vado alla sostanza. La partita non mi è piaciuta, e , diciamola tutta, se il Pescara avesse sfoderato una prestazione come quella di settimana scorsa, quando ha inchiodato la Fiorentina a casa sua, oggi non staremmo a parlare di una vittoria, ne sono sicura. Ci sono state però un paio di cose estremamente positive, a parte capitan Zanetti monumentale che dove lo metti sta e ci mette l'anima. La prima è Palacio ispiratissimo, mobile, disinvolto. Un bellissimo primo gol, un assist al bacio per il tiro di Guarin che non poteva che metterla dentro, altrimenti il Dio del pallone lo avrebbe incenerito sul posto (cosa che non ha fatto peraltro con lo sciagurato Jonathan, che la scorsa settimana si è divorato il più gustoso dei gol, e ieri puntualmente è stato beccato dai fischi). La seconda buona, buonissima notizia è Marco Benassi da Modena, appena maggiorenne, per nulla intimidito lì in mezzo al campo. Ha fatto il suo, è stato diligente, ha corso molto, è rientrato quando doveva, ha proposto quando era il caso, ha buttato pochissimi palloni. Solido, mi è piaciuto, abbiamo anche noi il nostro baby, sperando di non rovinarlo in un amen. Per il resto la partita non è stata un granché, e la squadra neppure. C'è ancora tanto da lavorare e da ricucire. E non fa ben sperare la prima vera cassanata di Cassano, infuriato per la sostituzione, nervoso. No, davvero non un bel segnale. E il bilancio diventa quasi negativo se penso all'espressione triste di Wes, sotto un cappellino, forse l'ultima volta sugli spalti del Meazza. Triste come noi, a vederlo andare via.
Lella Confalonieri

LE VOCI DELLA DICIANNOVESIMA GIORNATA

QUI INTER 
Bene, si inizia come si era finito. Anzi peggio. Troppo panettone appesantisce, le lenticchie poi… e ci troviamo con un brutto bruttissimo risultato frutto di una partita imbarazzante. Ancora una volta ci si vuole aggrappare agli episodi. Ma l'unico episodio che avrebbe davvero fatto la differenza era un gol, nostro, subito quando si poteva, quando si doveva. E questo non è arrivato. Basta non c'è altro. Non facciamo i piangina (tradotto per chi non è di Milano e dintorni, Strama compreso forse, i lamentosi un po' carpicciosi), non attacchiamoci al destino cinico e baro, non pensiamo che la colpa sia sempre di qualcun altro. Le regole del calcio sono semplicissime: segni e non fai segnare, e allora vinci. Le nostre riprese dopo le feste sono sempre un problema, troppi giocatori hanno il jet lag nella testa e nelle gambe. Se poi troviamo sulla strada l'Udinese, bestia nerissima, a mezzogiorno, orario che non ha mai portato bene, le cose non possono che complicarsi. E noi ci mettiamo sempre del nostro. Jonathan dovrebbe essere retrocesso ai campetti dell'oratorio, dovrebbe riempire una lavagna di “ ho i piedi a banana” per l'errore fatto sotto porta. Lo stesso vale per Palacio, per la difesa, il centrocampo, la panchina e persino i massaggiatori. Gli affezionati clienti dell'hashtag #amala su twitter oggi si spingevano a dire che tutto sommato il risultato non era male, che così la società si deciderà a investire nel mercato di gennaio. Eh no, cari miei. Un' umiliazione così non deve essere mai giustificata, fa male alla squadra, fa male a noi (soprattutto al nostro fegato). E purtroppo dà spazio a risolini là davanti (anche se gli zebrati oggi devono tacere, che scoppola anche loro…) e alimenta illusioni là dietro (già ne ho sentiti di rossoneri liberati dalle zavorre mentali, anche se mi sembra che la partita non sia stata esaltante. Ma loro ne hanno segnato uno in più e questo, come dicevo, fa la differenza….). Mio Dio, che anno ci aspetta……
Lella Confalonieri

QUI JUVE

Dopo un 2012 da record, la Juve inizia il 2013 facendo (letteralmente) sognare. Gli avversari, questa volta. Sì, perché allo Stadium è arrivata la prima sconfitta del nuovo anno, la terza stagionale. Bianconeri battuti 2-1 dalla Sampdoria tra lo stupore generale, anche perché avanti di un gol, e con l'uomo in più, a Pirlo e compagni non è riuscito il colpaccio. Colpaccio? In casa con la Samp? Sì, perché gli stolti non sanno che la Juve vive di programmazione, sapendo bene che la stagione è lunga, il vantaggio sulle avversarie - avversarie? - è importante, e che la Champions è un obiettivo vero. Due allenamenti al giorno, dal 27 dicembre (mica dal 2 gennaio, come l'Inter), hanno inevitabilmente appesantito le gambe dei Nostri, già privi di uomini importanti (da Chiellini a Vucinic, da Lichsteiner ad Asamoah per finire con Vidal). Il risultato è stato quello visto: Juve sbiadita e Samp più blucerchiata che mai, con un talentino (Icardi) che potrebbe fare parecchia strada (e magari arrivare a Torino). Comunque, calma gente. L'ultima sconfitta della Juve era stata con il Milan, dopo il Chelsea e prima di Torino e Shakhtar. Il Napoli si era riportato a -2, i sognatori sognavano e la "voce dalla curva bianconera" recitava così (copia e incolla):
Durante la partita, personalmente ero la persona più tranquilla del mondo. Vincere, perdere o pareggiare avrebbe fatto poca differenza. E non solo per i 17 (diciassette) punti di distacco che c'erano tra le due squadre a inizio gara. Il campionato è ancora lunghissimo: la Juve era avanti alla prima giornata, lo è oggi, e non vedo perché non dovrebbero esserlo a fine maggio. Ci aggiorniamo.
PS. Dai, Principino, recupera in fretta... Ti aspettiamo più forte di prima.
Alberto Catalano
Twitter @abicatalano

Molto nero e poco bianco nella prima Juve dell'anno. La sconfitta con la Sampdoria non mina affatto la classifica bensì fa male a livello di testa sia per lo spessore dell'avversaria sia (e soprattutto) per le modalità con cui è arrivata. Ancora una volta siamo stati artefici della nostra sventura, non chiudendo per tempo (ossia il primo) una gara sin troppo dominata. E siamo stati giustamente puniti perché un errore in stagione di Buffon può sempre starci (vedi Lecce l'anno scorso), perché la nuova difesa non può essere compatta come la vecchia, perché a centrocampo Pogba non brilla, Pirlo pecca di superficialità e Marchisio non sta bene. E perché un carneade come Icardi (bravo ma non un fenomeno) può azzeccare la giornata da raccontare ai nipoti. Va da sé che non possiamo costruire tanto e raccogliere poco come nel primo tempo di oggi. Non possiamo nemmeno regalare l'uomo di vantaggio a nessuno come invece è successo con la Samp: premesso che Conte ha un credito illimitato con noi tifosi, non pare azzeccata l'idea di giocarsi due cambi in un colpo solo con Marchisio sofferente, Bonucci ammonito e teso e una partita da raddrizzare. Giovinco il migliore dei nostri, Buffon il peggiore. Lecchiamoci le ferite, speriamo di recuperare per il campionato gli acciaccati e pensiamo al Milan in Coppa Italia mercoledì sera. Quale migliore test per rivedere la vera Juve?
Sauro Legramandi
Twitter @Sauro71

QUI TORINO

Se rimani in dieci e sbagli un rigore, di solito, queste partite le perdi. Lo avranno sicuramente pensato i tifosi del Catania, ci abbiamo creduto noi del Toro. Ma le leggi non scritte del calcio, se mai hanno un senso, non valgono per noi, che alla fine dobbiamo pure essere contenti per aver strappato questo pareggiaccio esterno, prezioso e contro una squadra rognosa. Granata più colletti bianchi che operai, quindi, bravi a timbrare il cartellino e nulla più. Per le imprese c'è tempo. C'è tempo, soprattutto, per correggere in corsa questa squadra, ma è singolare che a tenere banco in questi giorni sia il mercato in uscita che in entrata. Serve un attaccante ma si parla solo di Sansone, che con Ventura non s'è pigliato proprio e che a quanto pare è la merce di scambio per arrivare a qualcuno. A chi non si sa, ma intanto sembra certo che l'ex bomber del Sassuolo partirà. E Meggiorini rimarrà. Misteri del calcio. Ma non pensiamoci troppo e godiamoci questi 21 punti meno uno in classifica al giro di boa, roba che avremmo sottoscritto all'inizio del campionato ma che ci lasciano un pizzico di amarezza perché potevano essercene quattro-cinque in più. Al momento in più c'è solo quel punticino che nell'anno solare 2013 ci mette davanti all'altra squadra sotto la Mole. Soddisfazioni piccole, minime, infinitesimali, ma pur sempre soddisfazioni!
Domenico Catagnano

QUI MILAN
A livello di gioco il Milan ha iniziato il 2013 come aveva finito il 2012, male. Nell'impegno casalingo contro il fanalino di coda Siena i rossoneri giocano una partita lenta, mediocre, che a tratti scatena anche i fischi dei pochi tifosi di S.Siro. A livello di risultato però questi sono tre punti che pesano molto: Inter e Fiorentina hanno perso e Napoli e Roma stasera si toglieranno necessariamente qualche punto, quindi abbiamo rosicchiato qualcosa in prospettiva Europa. Una zona che rimane comunque inarrivabile se il gioco continuerà ad essere questo e dalla finestra di mercato di gennaio non arriveranno dei rinforzi di valore. Tra le poche note liete, oltre alle magliette contro il razzismo con le quali i nostri sono entrati in campo, la vivacità e il gol decisivo (finalmente!) di Bojan e il solito El Shaarawy. Tra le molte note meno liete, la proverbiale fragilità del reparto difensivo (e l'emergenza non dev'essere un alibi perché il Siena ha messo il naso nella nostra metà campo giusto un paio di volte ed è stato comunque sempre pericoloso), l'infortunio di Costant, il nervosismo palpabile di Boateng nonostante gli applausi dello stadio e Pazzini, che rigore inesistente a parte non ne ha davvero azzeccata una. Teniamoci stretti i tre punti e speriamo che qualcosa sul mercato si muova in fretta.
Marco Mugnaioli

LE VOCI DELLA DICIOTTESIMA GIORNATA

QUI MILAN
Speriamo che Babbo Natale ci porti qualche acquisto sotto l'albero, perché con questa formazione già a Pasqua rischiamo di aver finito la stagione, di non avere più obiettivi. La partita con la Roma ha detto chiaramente, una volta per tutte, che questa rosa non è in grado di competere per le posizioni più alte della graduatoria. Il sogno terzo posto con questa pochezza, soprattutto difensiva, è irraggiungibile. Onore alla squadra di Zeman, che quando gioca così è uno spettacolo, ma per un tifoso rossonero è inaccettabile vedere il Milan soccombere in questo modo, per un incontestabile ko tecnico. Su le maniche e al lavoro ragazzi e società, perché la pazienza di noi tifosi sta finendo.
Marco Mugnaioli

QUI TORO
Si chiude l'anno, e si chiude col sorriso, con tre punti belli, pesanti, di quelli che se non valgono doppio poco ci manca. Battere il Chievo era fondamentale, la zonaccia brutta si allontana e possiamo guardare a un 2013 da percorrere se non in discesa almeno in pianura. La squadra ha giocato, ci ha creduto, Pupetto Cerci ha fatto quello che gli riesce meglio (accelerazioni sulla fascia e coprire, quando serve) ed è stato il migliore in campo. Tuttavia, se dovessimo scegliere un uomo simbolo di questo Toro da serie A, al momento sceglieremmo Glik. Si', proprio lui, crocifisso dopo il derby (capita a tutti di sbagliare, e per fortuna il suo sbaglio non ha fatto male a nessuno se non al Toro in quella sciaguarata partita), che difende con unghie e denti e segna più di Meggiorini (ieri si pensava che la zuccata fosse sua). Troppo agonismo, forse, qualche ingenuità (due rigori contro sono venuti su suoi falli), ma il polacco incarna lo spirito granata: gagliardo, battagliero, mai domo. Il ragazzo si farà. Torello più lui di Ogbonna, di Bianchi e di Gillet, torello quasi quanto lui Gazzi, altro gregario, che con i veronesi ha realizzato il secondo gol in campionato. Anche lui, per la cronaca, ha segnato più di Meggiorini. Ecco, questo Toro operaio di Glik e Gazzi, povero di stelle ma pieno di carattere, ci fa sperare. Continuiamo così
Domenico Catagnano

QUI INTER

Buon Natale! Davvero, buone feste a tutti, passatele insieme ai vostri cari in serenità……Partita? Quale partita? San Siro?.... ah era una partita di calcio quella? Ma pensa a me sembrava che giocassero a bella statuina (del presepe), a “ciapanò”, a palla avvelenata, a “io non corro e neppure mi sogno di segnare”. Sembrava proprio l'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze, con gli studenti in nerazzurro che si nascondevano sotto il banco, speriamo non mi interroghi. E in tanto nascondersi prendono un gol. La più bella della giornata è che a segnare è stato Immobile… esattamente come i nostri. La fiammata si è avuto solo dopo la gran paura. Strama a fine partita ha candidamente detto “ringrazio i ragazzi, hanno dato tutto”. Se quello era “tutto” tremo al pensiero di cosa possa essere “appena appena un po'”. D'altronde siamo onesti, a scorrere la formazione vengono i brividi. E ci si mette a piangere se la si paragona a quella di un paio d'anni fa. Facciamo la zuppa con gli ingredienti che abbiamo, a volte è mangiabile, talvolta persino gustosa, altre volte viene decisamente sciapa, come oggi. Non si può sperare troppo in rinforzi, soldi da investire, pochi. Noi, a differenza di altri, non ci possiamo permettere spese pazze (ma dove li vanno a prendere tutti quei denari altre squadre, in tempi come questi quando fabbriche importanti , faccio per dire per esempio di auto -ma è solo un esempio- sono così in crisi? Mah, mistero…). Quindi così è, se vi pare. Noi ce la faremo passare presto, torneremo carichi più di prima. E intanto auguri a tutti, a partire dal Presidente che oggi non sarà stato davvero felice. Esattamente come noi.
Lella Confalonieri


QUI JUVENTUS

"I'm dreaming of a black and white Christmas". Che bel regalo ci ha fatto la Juve a una manciata di giorni dal Natale! Tre gol e tre punti cercati con i denti contro un Cagliari che ha svolto il suo compitìno fin quando le gambe hanno retto. La Juve non ha affatto giocato da Juve ma è stata salvata dalla sua rabbia agonistica e dalla sua voglia di giocarsi tutto fino in fondo. Contro tutto e contro tutti. Abbiamo vinto e non convinto ma mica si può giocare sempre a mille: a Parma Vidal e Asamoah erano con la mente già in vacanza, Quagliarella imballato e di riflesso Giovinco a mezzo servizio. Primo tempo regalato al Cagliari, secondo tempo svoltato sul l'espulsione di Astori anche se era chiaro che il trend della partita era cambiato. Conte deve aver fatto il diavolo a quattro nello spogliatoio e i risultati si sono visti. Azzeccati i cambi, azzeccato il modulo dell'ultima mezz'ora. Capitolo arbitro: dire che Damato non sia stato all'altezza e' un eufemismo. Su quattro episodi da rigore non ne ha fisicamente visti tre, sui certi falli ha usato due pesi e due misure. E i suoi collaboratori non sono stati da meno.
Sauro Legramandi
@sauro71

LE VOCI DELLA DICIASSETTESIMA GIORNATA

QUI NAPOLI
Era la 17ma giornata, si è rivelata la più nera. Ma, fra occasioni perse e ingenuità difensive, il Napoli ha poco da imputare alla sfiga. Non sono bastati i gol di Gamberini e Cavani a riaggiustare le sorti della posticipo. Il Bologna ha approfittato delle distrazioni azzurre: rimonta e controrimonta, bravo Piol, complimenti ai rossoblu. E MO' BASTA! Bisogna guardare al futuro con maggior determinazione. La classifica si complica. Se la Juve vola a più 7 dall'Inter, le inseguitrici sono tutte vicine e lotteranno col sangue agli occhi per conquistare il secondo e terzo posto validi per l'ammissione in Champions. Gli azzurri come vogliono affrontare questo "campionato nel campionato? Dopo 2 sconfitte consecutive arriverà la penalizzazione per il calcioscommesse: un'emorragia di punti da fermare al più presto. Con forze fresche, sul mercato di gennaio. E nuova motivazione. Anche se quella non si può comprare...
Ida Barone

QUI JUVENTUS

Se qualcuno avesse ancora dei dubbi è pregato di farsi da parte. Siamo sicuramente la squadra più affamata d'Italia e probabilmente quella che gioca il miglior calcio. Mentre tagliamo l'effimero traguardo di campioni d'inverno, il campionato è ancora alla caccia di chi potrà essere l'anti-Juve. Bontà loro scegliere la reginetta perché la dominatrice c'è ed è quella che ha vinto 13 partite delle 17 sinora disputate. L'evidente manifestazione di forza non ha risparmiato l'Atalanta, capitata allo stadio sbagliato nella domenica sbagliata. Segnare dopo una manciata di secondi, avere un portiere che para un rigore in movimento al quarto minuto e chiudere la partita prima della mezz'ora non capita a una squadra normale. Alla Juve sì. E la Juve che vuole Conte e piace a noi tifosi è quella che non ha tirato il freno a meno nemmeno a risultato acquisito: Pirlo, Vidal, Chiellini e compagnia bella sono sempre arrivati prima sui palloni anche nella ripresa. Così belli e forti quasi quasi da non aver bisogno della pausa invernale. Intanto godiamoci questo +7 in classifica, roba d'altri tempi.
Sauro Legramandi
@Sauro71


QUI MILAN
Milan, tanti auguri di buon compleanno e avanti così. La quarta vittoria consecutiva ci mette di fronte una classifica che finalmente inizia a concedere qualche speranza: ci sono sei squadre in sette punti, con l'Inter a guidare il gruppo e noi a chiuderlo. La trasferta romana di sabato sera diventa così (ritorno con l'Anderlecht a parte) la partita più importante di questa prima metà di stagione: con un successo supereremmo la squadra di Zeman e forse rosicchieremmo qualche punticino anche alle altre, impegnate quasi tutte in trasferte non facili. Vincere a Roma vorrebbe dire chiudere l'anno un po' più vicini a quel terzo posto che ci serve come l'ossigeno se speriamo di fare un mercato quantomeno dignitoso la prossima estate e vorrebbe dire quinta vittoria di fila, relativa iniezione di fiducia e conseguente sosta serena. Ma tutto il bello che può venire dalla vittoria, si trasformerebbe in qualcosa di tragico in caso di sconfitta, perché il disastroso inizio non ci consente alcuna pausa, dobbiamo vincere sempre. E per vincere a Roma servirà una prestazione nettamente migliore di quella di ieri col Pescara, quando, nonostante il gol dopo trenta secondi, per lunghi tratti della ripresa siamo stati messi in difficoltà dalla squadra peggiore del campionato e abbiamo messo al sicuro i tre punti solo grazie a due goffe autoreti. E allora speriamo che il vecchio diavolo, dopo essersi fatto il regalo per i 113 anni di storia, se ne faccia uno anche per Natale ed espugni l'Olimpico. Forza Milan, con questa classifica al terzo posto si può e si deve credere!
Marco Mugnaioli

QUI ATALANTA
Puntata natalizia di “Chi l'ha visto?” quella andata in onda domenica pomeriggio allo Juventus Stadium. La Sciarelli era sulle tracce della nostra squadra. La peggior Atalanta dell'anno contro i campioni d'Italia in uno dei loro migliori momenti di forma: il 3-0 va ancora stretto alla Juve. L'Atalanta non è mai stata in partita. Col Parma la spina dorsale era stata decisiva, con la Juve la stessa spina dorsale è stata inguardabile: Consigli ha sulla coscienza il gol di Marchisio, Manfredini un minuto di follia (inaccettabile da un professionista come lui), Cigarini non pervenuto e Denis imperdonabile nel graziare Buffon su errore di Marrone. Il resto è molto poco se non Bonaventura ultimo ad arrendersi e primo ad uscire. Tre figuracce in cinque giorni però noi tifosi non le meritiamo: il brutto ko di Roma in Coppa Italia, il pasticciaccio brutto di Stendardo e la Caporetto di oggi.
Giacomo Perego


QUI GENOA
Del Neri è contento, bontà sua. Un bel punticino in casa con una avversaria diretta per la salvezza, è proprio un buon risultato. D'altronde in parte ha ragione: è il secondo risultato positivo che ha centrato. Se si esclude la fortunosa e immeritata vittoria di Bergamo, è la prima volta che il Genoa porta a casa punti durante la sua gestione. Qualsiasi allenatore in Italia, sarebbe già a casa da un pezzo. Qualsiasi allenatore di preziosiana memoria, sarebbe saltato dopo l'agghiacciante spettacolo del derby. E invece no, Del Neri mangerà il panettone e magari anche la colomba. E fa bene a ingurgitare delle calorie: i brodini a cui sottopone i tifosi, non solo scaldano poco, ma risultano vagamente indigesti. Come l'ennesima scialbissima prova rossoblù, nobilitata dalle prove di Granqvist (che infatti sarà ceduto) e Vargas, unico giocatore di calcio presente in organico ma con evidenti problemi di tenuta atletica. Per il resto, anche Frey pare essere tornato quello dello scorso anno e ci mette ancora lo zampino. La traversa ci salva dall'ennesima sconfitta e le speranze di salvezza, tutto sommato, restano intatte. A gennaio, d'altronde, arriveranno Floro Flores, Matuzalem e altri centododici giocatori di cui centoundici inutili. Del Neri perderà la prima partita e la squadra costruita attorno alle sue (poche e sconclusionate per la veriotà) idee, verrà condotta da Di Canio, Juric, Chiappino, Marchioro, Malesani, CarbonMagni o qualche altro "traghettatore". Solo che, caro Preziosi, questa volta l'approdo è scontato: una serie B mai, come in questo girone, meritata. I tifosi ringraziano sentitamente per questo splendido Natale calcistico.
Gian Luca Rocco

QUI TORO
In ordine sparso Fiorentina, Milan, Sampdoria, Lazio e -ora- Genoa, ossia quasi un terzo delle partite giocate finora, nelle quali, passati in vantaggio, non siamo riusciti a portare a casa i tre punti. Cosa che ci è riuscita solo col Bologna (1-0 mantenuto fino alla fine) e Pescara (dove poi abbiamo dilagato). Insomma questo torello ci prova, ma si dimostra ancora acerbo per questa dura serie A. Nessuno ci deve insegnare la nobile arte della sofferenza, sappiamo stringere i denti come pochi, però, mannaggia, non possiamo diventare un po' più bravi e cinici a capitalizzare il golletto di vantaggio? Facciamo un po' di fantacalcio: se avessimo vinto tutte queste partite cominciate bene, avremmo undici punti in più in classifica, saremmo lassù, nei piani alti, a solleticare la zona Champions. La realtà è che siamo ancora lì, risucchiati tra le pericolanti, e con l'impressione di aver perso un'occasione. Il Genoa non prendeva punti in casa da oltre due mesi, e quel gol di Rolandone ci aveva fatto sperare, e tanto. Poi il pari, che per le cronache passerà come "giusto", ma proprio a Sgrigna doveva capitare quella palla favolosa stampata sulla traversa? E la zuccata di Vives non poteva angolarsi cinque centimetri, solo cinque centimetri di meno? Sorella sfiga ha colpito ancora, come tante volte successo finora. Ma almeno stavolta fratel torto arbitrale non s'è fatto vivo.
Domenico Catagnano

QUI INTER
Cosa dicevo? Oggi siamo spariti la scorsa settimana eravamo super. La notizia è che oggi l'”anti” non c'è, è scomparsa da tutti i titoli. E onore al merito di chi è già campione d'inverno. Noi abbiamo perso, abbiamo giocato così così, manifestando tutti i limiti di una squadra incompiuta e matta, che una settimana fa faville e quella successiva si perde un po'. Ma avete visto così tanta differenza nella partita di sabato? Io no, ma io sono tifosa (anche se interista e quindi incline per nascita all'autoflagellazione). La verità è che abbiamo preso un gran gol, una rasoiata di Klose con due dei nostri appiccicati. Ma potevamo anche farli noi, un paio gol. Con le recriminazioni però non si va da nessuna parte, non si arriva in alto, almeno in zona Champions. Roma è fatale quest'anno, almeno all'andata. Per il ritorno vedremo. Certo un aggiustamento nel mercato di gennaio ci starebbe, ma forse (e giustamente, dico io) il Presidente non ha molta voglia di mettere altri quattrini. A meno che non vogliamo dire davvero addio a Wes. Il cuore sanguina, ma uno spreco così non ce lo possiamo permettere, un campione di questa levatura messo da parte, infruttuoso. Temo che andrà a pennellare i suoi passaggi millimetrici da qualche altra parte. Ah, nostalgia canaglia….
Lella Confalonieri

LE VOCI DELLA SEDICESIMA GIORNATA

QUI NAPOLI
Immeritato. Il risultato non rende giustizia al Napoli. L'Inter ha fatto un paio di tiri in porta e ha preso un palo con Cassano. Gli azzurri andavano a due velocità: guizzanti Cavani, Hamsik, Insigne, Behrami che hanno stordito i nerazzurri con passaggi fulminei, geometrie imprevedibili, grinta da Briganti del sud. Indifendibile la difesa. Cercasi Maschio Angioino! Serve un uomo "fortezza" nella retrovie. Non è possibile continuare con gli svarioni di questi mesi.
2-1 immeritato come il tuo facile accesso al bagno, bambino interista che scalpitavi davanti alla fila delle donne. "Ma così perdo l'inizio del secondo tempo" ti lagnavi, perfettamente conscio dei minuti di recupero, ma non abbastanza adulto da metterti in coda con gli uomini. Le due solerti sciure che ti accompagnavano hanno superato decine di ragazze per farti entrare prima nella toilette. Una s'infilava dentro con te. Per aiutarti, certo... Ormai sorpassata, ti auguravo di uscire da San Siro dopo una rimonta bruciante. Invece avrai capito che chi salta la coda, fa prima e meglio. E un Inter non irresistibile può vincere comunque, scavalcando i partenopei con la stessa facilità. 
Immeritato e odioso il coro "...sei la vergogna dell'Italia intera". O le frasi sul Vesuvio, che non ho sentito, ma mi hanno riferito. Gli Strama Boys meriterebbero una curva diversa. Spero che le 2 solerti sciure ti abbiano tappato le orecchie, bambino interista del secondo arancio. Quelle stupidate, più di tutto il resto, è meglio non impararle. Quanto mi manchi San Paolo.
Ida Barone


QUI TORO
Il poker di partite terribili è finito, e non poteva finire peggio. In quattro gare, con Roma, Fiorentina, Juve e Milan, un solo punto, undici gol subiti (nelle precedenti dodici gare ne avevamo preso solo dieci...) e a poco serve recriminare con i troppi torti arbitrali, che non sono mancati neanche nella partita con i rossoneri. Tempi duri, caro Toro. La saracinesca s'è inceppata, il gioco c'è solo a sprazzi e là davanti è il solito pianto. S'è sbloccato Rolandone (più Rolandino che Rolandone, in verità, in questi ultimi mesi), ma  è la classica rondine destinata a non far primavera. Il baratro è lì, a un solo punto. E ora? Ora ci sono, in fila, cinque-partite-cinque nelle quali si deciderà la nostra sorte. Ci toccano Genoa, Chievo, Catania, Siena e Pescara. Dobbiamo fare punti, e tanti, altrimenti saranno dolori. E sperare in qualche regalo di Natale. Non pretendiamo compensazioni con gli errori arbitrali che ci hanno penalizzato, per carità, ma semplicemente che sotto l'albero Cairo ci faccia trovare un attaccante vero. E magari anche un centrocampista che ragiona. Chiediamo troppo?
Domenico Catagnano

QUI ATALANTA
Quando nel calcio non esistevano moduli e ripartenze ti insegnavano che una squadra per essere tale doveva avere una solida spina dorsale: un portiere, un difensore, un mediano e una prima punta di tutto rispetto. Poi il resto veniva da sé. Contro il Parma abbiamo dimostrato di avere una grande spina dorsale. I migliori sono stati Manfredini, Cigarini e Denis mentre Consigli si è preso un turno di riposo (praticamente inoperoso). A completare i fantastici quattro Jack Bonaventura, ormai elemento imprescindibile per la Dea (se ne accorgerà mai Prandelli?) e con ogni probabilità uno dei pezzi da novanta del mercato estivo. Contro Donadoni siamo partiti forte ma poi il Parma e il freddo ci hanno imbrigliato, rischiando di farci perdere tre punti a dir poco fondamentali. Anche l'arbitro ci ha messo del suo, sventolando a casaccio cartellini gialli. Ma l'Atalanta di sabato era quella che conquista, non spettacolare ma concreta. Denis finalizza, Cigarini e Bonaventura creano, Manfredini conserva. E adesso sotto con i bianconeri: domenica i campioni d'Italia, poi l'Udinese. Senza acqua alla gola, possiamo giocarcela sempre a testa alta.
Giacomo Perego

QUI JUVE
Se non fosse per Antonio Conte in panchina saremmo davanti alla solita instancabile Juve. A Palermo abbiamo vinto con il coltello tra i denti una gara fondamentale perché veniva dopo derby e Champions e prima della sfida di San siro tra le eterne aspiranti seconde in classifica. Nell'acquitrino del Barbera, abbiamo faticato contro una squadra giustamente con il freno a mano tirato ma motivazioni e qualità hanno fatto la differenza. Buffon spettatore non pagante, difesa implacabile, centrocampo solido e attacco purtroppo leggero. Vucinic col pallone fa quello che vuole tranne segnare, Matri subisce la pressione di dover dimostrare ogni volta quanto valga. Ma, in attesa dell'allegra macchina da guerra in attacco, siamo meritatamente inchiodati al primo posto. E con un Conte in più.
Sauro Legramandi

QUI MILAN
Altri tre punti e questo è quello che conta di più. Terza vittoria consecutiva, 10 punti in quattro partite (tutte difficili), l'attacco che comincia a girare e il calendario che (trasferta di Roma a parte) nelle prossime giornate dovrebbe sorridere. I motivi per essere ottimisti finalmente ci sono, forse abbiamo iniziato quel filotto di vittorie di cui abbiamo assoluto bisogno per avvicinarci alla zona Europa. Ottimismo che deriva, però, più dai risultati che dal gioco: la squadra è senza dubbio meno spaventata e smarrita rispetto a inizio stagione, ma gli errori non mancano mai e l'attenzione è scostante. Inoltre l'assenza di Montolivo (molto bravo, ma sicuramente non è Xavi) si sente troppo: senza il centrocampista azzurro nessuno sembra in grado di dare ordine alla manovra e le azioni nascono più da episodi o errori avversari che da geometrie cercate dai rossoneri. Per battere un Torino insolitamente fragile in difesa e, al solito, poco incisivo in avanti è bastato giocare così, ma altri avversari richiederanno sforzi maggiori. Comunque mettiamo in cascina i tre punti e aspettiamo che gli altri rallentino, obiettivo strappare il terzo posto ai cugini.
Due parole sui singoli: promossi De Sciglio, il ragazzo è in continua crescita e l'assist per Robinho per un istante (solo uno) mi ha ricordato Cafu, Emanuelson, l'olandese è spesso confusionario ma è uno dei pochi in grado di accelerare e verticalizzare la manovra, e, come sempre, il Faraone, che al di là del gol procurato e di quello fatto si è sbattuto anche in ripiegamento. Bocciati: Nocerino, l'assist a Santana non si cancella certo con un gol a porta vuota da due passi, Abate, ultimamente sempre troppo timido, non punta l'uomo e non scende mai a crossare, e Amelia, non che abbia particolari colpe, ma non dà sicurezza nelle uscite (come Abbiati) e non è bravissimo coi piedi (come Abbiati). Al Milan servirebbe un portiere e il mercato di gennaio mi sembra una buona occasione.
Ps Dispiace per De Jong che, infortunato al tendine d'Achille, ha probabilmente finito la stagione. Speriamo però che questo ko porti all'acquisto di un centrocampista importante per gennaio, magari qualcuno in grado anche di giocare il pallone in verticale.
Marco Mugnaioli

QUI INTER
Allora, ricapitoliamo. La scorsa settimana era il Napoli l'anti-quelli là, e noi eravamo una schifezza. Oggi siamo noi i fenomeni e gli azzurri precipitano. Il giochino va avanti da qualche tempo. La verità è che non siamo l'anti - niente, ma ce la possiamo giocare se solo manteniamo la testa là dove deve stare. Rientra Cassano e le cose vanno meglio, trovi un Guarin che non credevi di avere nello spogliatoio, aggiusti un po' la difesa e la mira del Principe. Et voilà. Semplice no? Certo, in mezzo c'è la solita sofferenza che non ci facciamo mancare mai. Il primo gol è un capolavoro di tattica, il secondo è una specialità di casa Milito. Ma che paura fino all'ultimo minuto con il Napoli mai vinto, a sfiorare in più riprese il pareggio. Strama alla fine era sfinito come fosse stato sul campo, e anche noi sugli spalti gelati di San Siro e davanti a Premium non avevamo la forza neppure per alzarci da divano. Ma la nostra Beneamata pretende questi sforzi, e noi li facciamo volentieri.
Lella Confalonieri

LE VOCI DALLA QUINDICESIMA GIORNATA

QUI INTER
C'è una sola buona notizia, i tre punti. Il resto lo possiamo anche buttare. Compresa la stucchevole e fastidiosa contesa con Sneijder, uno che deve all'essere arrivato a Milano ( che bei tempi, vigilia di un derby da sogno…) il ripescaggio dopo la panchina madridista. Ma che, non ce lo scordiamo noi invece, ci ha regalato il triplete, inseme ad altri eroi della banda Mou. Magari Snaijderman ci farebbe anche comodo là davanti per fare arrivare qualche pallone decente alle punte. E si è visto che quando non c'è pure Cassano la sofferenza del gol si fa pesante. Oggi dobbiamo ringraziare la sciagurata (per lui) deviazione nella sua porta di Garcia. E' vero, come dice Strama, che la nostra difesa non ha sofferto quasi mai. Ma è pure vero che nostri tiri decenti non ne sono arrivati, che noi in questa fase riusciamo a fare sentire il Barcellona qualsiasi squadra ci incontri. Così non va. C'è solo da sperare che sia una congiuntura astrale sfavorevole. l'Inter è del segno dei Pesci, svagati e sognatori, estrosi e artistici. Ma non troppo, per favore.
Lella Confalonieri

QUI ATALANTA
Che rabbia perdere così! A Bologna l'Atalanta avrebbe dovuto almeno pareggiare se Carmona non si fosse sentito Pirlo e non avesse voluto uscire palla al piede dalla nostra area al 70' quando avevamo la gara in mano. Dall'improbabile dribbling del cileno e dal suo fallo su Perez è nato il maledetto gol dell'ex che ci fa restare inchiodati a quota 18 punti da un mese. Peccato perché i lampi di Gabbiadini e Diamanti erano ormai scemati e il gol di Denis lasciava ben sperare, quantomeno per il pareggio. Pazienza. L'Atalanta è questa: ancora una volta siamo andati in campo senza nessun nuovo acquisto, con l'undici che potevamo schierare anche dodici mesi fa. Colantuono fa miracoli ma possibile che nessuno storca il naso? La campagna acquisti è stata nulla, complice l'infortunio di Biondini e gli alti livelli di Bonaventura e Maxi, capaci di inchiodare alla panchina De Luca e soci. Tanto di cappello ai soliti noti, Cigarini su tutti, se navighiamo in acque tutto sommato tranquille ma serve un'inversione di tendenza. Il mercato di gennaio possiamo saltarlo: dobbiamo ancora capire quanto valgano gli acquisti di agosto.

PS – Le lamentele non sono il punto forte della Dea. Ma il perseverare negli errori arbitrali pare eccessivo: a fronte del rigore benevolo con l'Inter, paghiamo il gol buono di Denis annullato a Marassi, il rigore non visto su Bonaventura di domenica in casa col Genoa e l'affossamento in area di Manfredini oggi sull'1-0. Percassi non è Pulvirenti, non pesta i pugni in sala stampa ma i torti subiti cominciano ad essere tanti.
Giacomo Perego

QUI NAPOLI
Una manita... e ciao ciao paura. Il 5-1 contro il Pescara lascia la top tre invariata, ma quanto cambia psicologicamente! Affrontare con ansia l'ultima in classifica non è vezzo scaramantico. Più che le insidie abruzzesi, bisognava temere la tenuta mentale del Napoli. Dopo il vantaggio inziale di Inler e il tip tap di Hamsik per il raddoppio, la partita sembrava già chiusa. Invece il gol di Bjarnason evocava i fantasmi delle rimonte subite con Milan e Torino. Gli uomini di Bergodi, con la maglia gialla della promozione in A, tutto d'un tratto parevano in grado di farcela. Alla ripresa però la divisa-amuleto non è bastata. Il fallo di Bocchetti su Cavani segna la svolta: espulsione, rigore, 3-1. Nella mezz'ora finale le doppiette di Gokhan e del Matador. Una cinquina che consente di guardare con sereno distacco gli altri match. E prepararsi per trasferta di domenica 9 dicembre contro l'Inter. Senza paura.
Ida Barone

QUI JUVE
L'elenco alla Fazio-Saviano di settimana scorsa mi ha divertito, così la “voce dalla curva bianconera” post derby (3-0, per gradire) sarà un'altra serie di considerazioni buttate lì in ordine sparso: Vucinic è un genio, il colpo di spalla dopo lancio di 50 metri decisivo per innescare Bentner (il quale ovviamente ha cannato da tre metri) è stata una magia che ricorderò almeno fino al 15 febbraio 2013; il Toro non era pronto per una partita di tale livello e di cotanta tensione; a Glik consiglio di valutare la possibilità di fare altro nella vita, magari il serial killer; a Ventura auguro più serenità nei post-partita, soprattutto quando ha torto marcio; bravissimo (sai che novità) Antonio Conte, che ha vinto una partita importante facendo riposare Chiellini, Asamoah, Vidal e Quagliarella ben sapendo che mercoledì ce ne sarà una ancora più importante; Buffon non ha toccato un pallone (sai che novità) e merita una decurtazione del 25% dello stipendio; ho deciso che a Babbo Natale chiederò solo un bomber per la Juve, così faccio felici 14 milioni di tifosi che non meritano di vedere Bendtner in campo; domenica prossima, a Palermo, tornerà Conte e sparirà Alessio, ovvero due buone notizie in una; De Ceglie, Bendtner, Giaccherini Marchisio e – cominco a temerlo – Isla non sono da Juve, ma forse con Marchisio mi sbaglio; mercoledì a Donetsk il Principino sarà assente per squalifica, e questa non è una buona notizia; Pirlo è un fenomeno, ma la smetta di tirare i calci di rigore; per la seconda volta consecutiva la Juve è stata gravemente danneggiata dall'arbitraggio: di fatto è stato “annullato” un gol regolare a Pogba, Basha andava espulso al minuto 40 e in occasione delle folli proteste granata dopo la sacrosanta esplusione di Glik non si è visto nemmeno un giallo. Tutto sullo 0-0 ovviamente. In giro, però, non ho letto granché…
Alberto Catalano

Quale miglior occasione di tornare “Juve” se non nella partita con l'altra squadra della città di Torino? Un 3-0 che alla lunga sta stretto, figlio di un kamikaze chiamato Glik e di un nuovo assetto tattico corretto in corsa. Adesso ci attende la settimana più lunga, quella della sfida verità con i minatori dello Shakthar Donetsk e poi del rientro di Antonio Conte, condannato perché “non poteva non sapere” che Pippo Carobbio e combricola si vendeva le partite. Con l'altra squadra del capoluogo piemontese, abbiamo faticato per mezz'ora, complici Giaccherini e Giovinco a fasce invertite e una buona dose di sano agonismo avversario. Uno spavento su Meggiorini, poi un difensore polacco ha scambiato il ginocchio di Giaccherini per un bersaglio mobile e la gara ha svoltato. Dalla mezz'ora in poi solo Juve e col passar dei minuti la certezza che prima o poi Gillet avrebbe capitolato. Così è stato, con larghi tratti della ripresa trasformati in accademia. A livello di singoli prima partita da Juve di Giovinco, Pogba ormai non è una rivelazione mentre Marchisio è destinato a raccogliere l'eredità di Del Piero nel Pantheon del tifo bianconero.
Non merita di passare sotto silenzio la direzione di gara di Rocchi, degno dell'hashtag #rocchihorrorpictureshow. Eccezion fatta per l'espulsione, ha sbagliato tanto: grazia Darmian su Giovinco due volte in avvio, salva Basha sul secondo giallo sul rigore e il nostro Barzagli nel finale per un mani. Se invece della moviola in campo puntassimo al professionismo degli arbitri?
Sauro Legramandi

QUI TORINO
Derby? Perché? Stasera c'era il derby?
Mario Giordano

Prima che in campo, un derby inizia almeno una settimana prima tra i tifosi, con affettuose schermaglie, qualche sfottò, tutto per condire la trepidante attesa per la partita dell'anno. E una volta allo stadio, fino a qualche anno fa, era abitudine dividersi più o meno proporzionalmente gli spalti. Tre quarti alla squadra ospitante, due curve e una gradinata a quella ospitata. Perché il derby è una festa, fatta di coreografie e striscioni, di colori e di cori. Quest'anno quegli altri si sono presentati col nuovo stadio, la loro casa, bbellabbellissima, con tre, dieci, venti, cento stelle, che sono davvero tante, milioni di milioni (neanche quelle dei salami Negroni...) piazzate ovunque, a ricordare che loro hanno subìto, la storia gli ha rubato qualcosa. Avete letto bene: la storia gli ha rubato qualcosa. Ai tifosi "ospiti", a noi granata, insomma, pochi biglietti, un misero spicchio di curva, trattamento come a qualsiasi squadra che mette piede nel mausoleo. E loro invece? Gran curva, gran tifo, grandi altoparlanti, grandi striscioni, uno dei quali -ridicolo- con una gigantografia dell'ultimo padrone di casa Agnelli che occupava mezza curva, roba da propaganda maoista. Ma che avrà mai vinto questo? Tra i tanti striscioni uno, ovviamente, becero. In 63 anni non hanno ancora perso il gusto del sano umorismo che li contraddistingue. Complimenti. Poi la partita, certo, che è andata com'è andata. Ma era un derby questo?
Domenico Catagnano

QUI MILAN 
Milanisti esultiamo, ma non troppo. Per la prima volta quest'anno otteniamo il terzo risultato utile consecuitvo in campionato, vinciamo due partite di fila (che diventano tre con il successo sull'Anderlecht) e finalmente respiriamo l'aria della metà sinistra della classifica; inoltre abbiamo un ragazzo di vent'anni che guida con merito la classifica dei cannonieri. I motivi per essere contenti, soprattutto visto l'inizio shock della stagione, ci sono, ma non bisogna illudersi, i problemi non sono finiti. La squadra non era tanto scarsa da occupare la zona salvezza prima e non è diventata tanto forte da puntare allo scudetto adesso, qualsiasi cosa pensi il nostro Faraone. La vittoria di ieri, pur venuta su un campo molto difficile, è arrivata però contro un Catania privo di due titolarissimi come Gomez e Spolli, è maturata solo quando siamo andati in superiorità numerica ed è stata viziata da un clamoroso gol in fuorigioco. Nel primo tempo la squadra è sembrata ancora molle, imprecisa e soprattutto paurosamente incerta in difesa, dove Acerbi (forse anche perché gioca col contagocce) in questo momento non è presentabile. Come dimostrato dal gol subito, continuano anche i problemi sulle palle alte, sulle quali Allegri si ostina a difendere a zona e a centrocampo, escluso Montolivo che ormai ha in mano le chiavi della squadra, non siamo quasi mai precisi nei passaggi e fatichiamo a costruire una manovra fluida. Insomma non siamo ancora fuori dal tunnel, ma cominciamo a intravedere la luce (emblematico in questo senso il caso Boateng, tornato al gol dopo una vita, ma poi espulso, a dimostrare che i problemi sono tutt'altro che alle spalle). Le vittorie portano vittorie e da adesso il calendario, almeno sulla carta, ci sorride. Un bel filotto di vittorie ci avvicinerebbe alla zona Europa, traguardo fondamentale se contiamo di comprare qualcuno la prossima estate. Non resta che sperare che il vento sia cambiato davvero.
Marco Mugnaioli

 

LE VOCI DALLA QUATTORDICESIMA GIORNATA

 

QUI NAPOLI
Napoli 30 (in classifica) e lode. Supera l'esame sardo nonostante arrivi a Cagliari con una formazione incompleta: Cavani squalificato, Pandev azzoppato, senza nemmeno Campagnaro. Si chiede a Insigne di fare "O' Professore", quando è ancora matricola. Non è una squadra che può salire in cattedra, deve passare la prova. La lezione per fortuna arriva da Hamsik al 72mo. 0-1! Ai rossoblu non mancano le occasioni per bacchettare i partenopei: 2 legni per i sardi e una traversa per Lorenzinho. La concentrazione degli azzurri, va riconosciuto, resta alta per l'intero match. Dopo il gol di Marek, Mazzarri blinda la difesa per rispondere all'offensiva dei padroni di casa. I nostri tornano sotto il Vesuvio a meno due dalla Juve. Con nuova maturità, sognando di nuovo il bacio accademico finale. Evviva!!! 
Ida Barone

QUI INTER
Mi chiedo, da interista, se tra le motivazioni che hanno spinto le Nazioni Unite a conferire un riconoscimento a Massimo Moratti per la sua attività filantropica nel mondo, ci sia anche il fatto di aver pagato lauti stipendi a gente come Domoraud, Sylvestre, Okan, Hakan Sukur, Brechet, Pacheco, Rivas, Suazo, Van Der Meyde, Gilberto, Rambert, Robbie Keane, Kily Gonzales, Caio, Vampeta, Gresko, Farinos, Womè, Maniche e, fino ad arrivare ai giorni nostri, Alvaro Pereira e Alvarez ... La lista ahimè potrebbe essere ancora lunga ... A pensarci bene, in pochi hanno fatto altrettanta beneficenza INTERNAZIONALE ... P.S: Non aggiungo Pancev solo perchè era stato comprato dal precedente presidente Pellegrini ...
Leonardo Panetta

QUI MILAN

Miracolo a Milano. De Sica? No, De Sciglio. Simbolo di una serata che il milanista stava aspettando da parecchio: archivio alla mano, era dalla primavera 2011 che non battevamo una delle nostre rivali più tradizionali, la Juventus, che, vale la pena ricordarlo, l'imbattibilità esterna non l'aveva ancora perduta. Il rigore-vittoria, oggettivamente inesistente, può annacquare il trionfalismo, gli sfotto' da lunedì, i proclami. Meglio così, alla fine dei conti. Vuol dire che emerge la prima prestazione davvero di squadra, votata all'attenzione e all'intensità prima e al cuore, alla volontà di portare a casa il risultato poi. Un complesso nato intorno a Riccardo Montolivo, uomo-squadra alla prima da capitano. In meno di 20 partite, tra campionato e Coppa, il Caravaggio si è preso il Milan, al quale inietta una fondamentale dose di personalità e qualità, quella qualità che ancora fa mancare Boateng, quella che assicurerebbe Bojan se Allegri si convincesse a inchiodarlo in squadra, quella che con ogni probabilità non avremo mai più da Pato. Accanto a quello di Montolivo, il visino altrettanto pulito di questo ragazzo, lui, Mattia De Sciglio, che 20 anni dopo Albertini ci regala la gioia di un progetto di campione costruito nelle officine di Milanello e subito pronto per le battaglie del Milan senior. Non ci fosse stata l'austerity proclamata da Berlusconi, sarebbe stato probabilmente mandato in Serie B a farsi le ossa, e un prestito dopo l'altro l'avremmo perso per strada. Una storia da ricordare anche nel momento in cui -chissà - papà Silvio tornasse a socchiudere il portafoglio. Intanto, ci basta il suo ritorno a Milanello e in tribuna: riemerso lui, riemerso il Milan, ma guarda il caso. Che fa venerdì, presidente? Non è che passa da Catania?
Andrea Saronni

Finalmente!! Finalmente un lunedì mattina in cui è un piacere leggere i giornali, finalmente una vittoria contro una squadra di vertice, finalmente una partita giocata col cuore, finalmente una squadra concentrata per novanta minuti. La partita di ieri sera coi gobbi torna a far assaporare ai tifosi rossoneri il dolce sapore della vittoria in una gara importante e, per come è arrivato il successo, dà anche un po' di speranza per il futuro, perché vincere aiuta a vincere e farlo con la Juve ancora di più. Allegri aveva dichiarato che poteva essere la partita della svolta, speriamo sia vero. E intanto godiamoci questo lunedì mattina senza guardare alla classifica, perché rendersi conto di essere a pari punti con l'Atalanta penalizzata che ha perso ieri e un punto sotto il Catania che ha perso sabato, potrebbe smorzare gli entusiasmi. E invece questa squadra ha grandissimo bisogno di ritrovare entusiasmo e fiducia e la strada intrapresa la scorsa settimana sembra, finalmente, quella giusta. Pareggio in rimonta a Napoli, vittoria e qualificazione in Belgio e poi lo scalpo dei campioni d'Italia, la squadra sta crescendo e, finalmente, trovando una quadratura. Il 4-2-3-1 è indubbiamente lo schema con cui giochiamo meglio e ora sembra averlo capito anche Allegri, che ha anche scelto i 13/14 giocatori da far giocare con più continuità, la linea difensiva titolare e il ruolo giusto per Montolivo, FINALMENTE. A proposito di Montolivo, ieri sera con la fascia di capitano: è stato il migliore in campo, è in continua crescita prima che fisica psicologica e di leadership. Chiaramente non è Andrea Pirlo, ma ieri sera non lo ha fatto rimpiangere, avanti così Monto. E una riga anche per Boateng: ieri la prima gara sufficiente di tutta la stagione, non è ancora esplosivo e determinato come lo abbiamo conosciuto, ma ieri ha, finalmente, giocato a calcio. Speriamo che per lui il match con la Juve sia davvero quello della svolta. P.S. Il rigore non c'era, per una volta abbiamo rubato noi…finalmente!
Marco Mugnaioli

QUI JUVE
Il primo rigore per fallo di ascella che si ricordi nella storia del calcio di casa decide Milan-Juve. I rossoneri così staccano in classifica il Torino (partito da -1) e agganciano l'Atalanta (-2), in attesa di sapere cosa faranno oggi Cagliari, Parma e Udinese. La Juve vede scendere a 14 lunghezze il distacco dal Diavolo e - soprattutto - resta prima in graduatoria, a prescindere dalle epiche gesta di Inter e Napoli. A San Siro non siamo mai stati in partita, inutile nasconderlo: Isla è riuscito nell'impresa di far sembrare Constant un terzino, Vidal ha corso a vuoto per tutta sera, Marchisio non pervenuto. In avanti da dimenticare sia Vucinic che Quagliarella: la Juventus non ha mai tirato in porta. La difesa ha seguito la giornata no del gruppo. Insomma, peggio di così non poteva andare, complice un primo tempo interamente regalato a quelle furie dei rossoneri. Peccato non avere visto in campo prima Padoin (ah, se fosse francese e non friulano), Pogba e magari Giaccherini per Asamoah. Morale della favola: abbiamo perso la seconda battaglia, il verdetto della guerra è ancora tutto da scrivere
PS - Il rigore concesso da Rizzoli (arbitro di porta in Catania-Juve e quindi non gradito al Milan, ma solo alla vigilia) è da intendersi come parziale risarcimento per l'abbaglio su Muntari. Visto che l'errore va a colpire la Juve, stavolta gli arbitri sono “umani e possono sbagliare”. A parti inverse leggeremmo di “ladri, furti e complotti”. Roba da dossier, roba da…
Sauro Legramandi
@Sauro71

Correre come pazzi per 90 minuti, quasi sempre di scatto, senza mai tirare indietro la gamba, nemmeno quando è altamente consigliabile, non si può fare sempre, non si può fare ogni tre giorni. Per questo la Juve è caduta a San Siro contro il Milan, squadra inferiore sia a livello tecnico sia come organizzazione di gioco. Un evidente calo fisico ha condizionato la gara di troppi giocatori, praticamente di tutto il cantrocampo: da Vidal (il gemello scarso del fantastico trascinatore ammirato contro il Chelsea) a Marchisio, da Pirlo ad Asamoah. Il peggiore in campo, però, è stato Isla, infallibile nello sbagliare tutto quel che si poteva sbagliare. Forse un po' di turnover, considerata la prevedibile flessione dopo la fondamentale gara di Champions con il Chelsea, poteva aiutare, ma discutere le scelte di Conte diventa dura considerato il credito acquisito dall'allenatore bianconero in un anno e mezzo di "miracoli". Le brutte notizie, però, finiscono qua. Quelle belle sono tante e le elenchiamo per smorzare gli entusiasmi di tutti gli anti-juventini:
1 - Le possibilità di rifarsi saranno immediate: sabato c'è il derby e mercoledì prossimo ci sarà la decisiva sfida di Champions a Donetsk
2 - Senza l'errore di De Marco, che ha convinto Rizzoli a fischiare il non-mani di Isla, staremmo presumibilmente parlando di un pareggio a reti bianche nella seconda peggior partita dell'era Conte
3 - In campionato il primo posto al momento non è ancora in discussione e, considerati i valori complessivi, non dovrebbe esserlo ancora per sei mesi circa
4 - San Siro, per una sera, ha fatto dimenticare il desolante spettacolo a cui ci aveva recentemente abituati. Il merito? Tutto della presenza in campo della Juve, mica del Milan...
5 - Durante la partita, personalmente ero la persona più tranquilla del mondo. Vincere, perdere o pareggiare avrebbe fatto poca differenza. E non solo per i 17 (diciassette) punti di distacco che c'erano tra le due squadre a inizio gara. Il campionato è ancora lunghissimo: la Juve era avanti alla prima giornata, lo è oggi, e non vedo perché non dovrebbero esserlo a fine maggio. Ci aggiorniamo.
Alberto Catalano

QUI TORO
Buona squadra, grande Ventura, Cerci da sogno per 60 minuti, bene Birsa, adorabile Santana, santo come sempre Gillet. Alla fine di una partita che sulla carta pensavamo di perdere e sul campo potevamo tranquillamente vincere ci resta la soddisfazione per aver visto all'Olimpico un po' di vero Toro. Un Toro che non ha paura degli avversari, che gioca, fa gol, vola sulle fasce, se subisce reagisce con grinta, tutt'altra roba rispetto a quella cosetta con la maglia granata che abbiamo visto scendere in campo qualche volta in casa quest'anno. Però che rabbia. Rabbia per il risultato, ovviamente, che ci è sfuggito a pochi minuti dalla fine. E rabbia perché ancora una volta ci è stato fischiato contro un rigore che solo a favore della Juve e contro di noi può essere fischiato. A parti inverse, immagino, cioè se D'Ambrosio fosse stato l'attaccante, anziché il difensore, sarebbe stato espulso per simulazione. A noi, invece, non perdonano nulla. Olivera andava cacciato a metà del secondo tempo: aveva fatto almeno tre falli che meritavano la seconda ammonizione e dunque il cartellino rosso. E' stato risparmiato. A noi, invece, non viene risparmiato mai nulla. Presidente Cairo, come possiamo farci sentire?
Mario Giordano

Qual è il colmo per due squadre visceralemente anti-juventine? Vincere... da Juve. Grazie a due rigori dubbi (eufemismo), la Roma lunedì scorso ha avuto la squadra spianata verso la vittoria, mentre oggi è toccato alla Fiorentina raddrizzare la partita dagli undici metri. Vittima sacrificale? Il Toro, mannaggia, che può recriminare ad alta voce per questo pari con i viola falsato, falsatissimo. Di buono c'è che i ragazzi hanno -finalmente- convinto in casa. Arrembanti, vivi, hanno cercato la vittoria, cosa che non sempre è accaduto. Finalmente reattivi Santana e Cerci, due spine nei fianchi viola E per il Pupetto anche la gioia del gol proprio contro la sua ex squadra che malamente lo aveva ripudiato. Il problema è sempre là davanti, al centro, dove Rolandone continua a latitare pericolosamente. Però la squadra c'è, ha lottato alla pari contro la sorpresa del campionato che cercava la sesta vittoria consecutiva. E ora? Ora viene il bello, perché il prossimo turno, l'anticipo del primo dicembre, è il più atteso del girone d'andata. Ci sarà il derby, ragazzi, e speriamo di giocarcela senza sviste arbitrali. Troppe, ultimamente. Forza Toro!
Domenico Catagnano

 

LE VOCI DALLA TREDICESIMA GIORNATA

QUI ROMA
Per una volta, mi trovo a commentare la meno zemaniana delle vittorie giallorossa. Addirittura, con l'episodio-scandalo del rigore a nostro favore. Eppure c'è' stato molto di buono nella Roma stasera. Forse si sono stancati di sentire critiche per i troppi gol segnati e i pochi punti raccolti. E per i troppi gol subiti. Questa volta la difesa e' stata attenta, la squadra concentrata e se il primo tempo fosse finito 3 a zero non ci sarebbe stato nulla da ridire. Dopo il rigore, si è vista ancora molta più Roma che Toro. Molti i meriti di Zeman stasera, per esempio la posizione di Bradley. E poi i tre ragazzini, Lamela, Florenzi e Marquinhos hanno confermato che anche solo loro valgono il lavoro di un anno di un ottimo allenatore. Tre punti sono ossigeno importante. Osvaldo ha marcato il cartellino, dopo aver sbagliato l'impossibile. Pjanic è tornato con un gol. Di Totti il tiro più bello, un palmo alto.

QUI TORINO
Perdere con furto da Juventus in casa di Zeman è il colmo della sfiga, ma alla sfiga noi ci siamo abituati. Per cui accettiamo anche questa batosta della sorte in attesa del giorno in cui anche il torello conterà qualcosa di piu' nel palazzo e si eviteranno scempi come quello perpetrato dall'arbitro di linea che ha concesso un rigore esistente solo nella sua testa. Un rigore che per altro era già stato giustamente negato dall'arbitro costretto al dietrofront dallo sciagurato collaboratore. Sia chiaro la Roma ha giocato bene e meritava pure di vincere, ma non meritava di rubare. Per il Toro la conferma, nonostante il risultato, di essere sulla buona strada, almeno sul campo. Nel palazzo, invece, c'è molto da far per essere considerati un po'. p.s. ma visto i danni che fa il quinto uomo, non sarebbe meglio tornare alla vecchia terna?
Mario Giordano

Magari non potevamo vincerla, ma pareggiarla sì, eccome. Perderla così, però... Altro che Zemanlandia, c'è voluto un rigore burocratico, pignolo, da (quinto) arbitro sapientino, di quelli che nove volte su dieci non si danno, e una ciabattata deviata da uno dei nostri per piegarci. Ci sono voluti insomma due episodi per perdere quell'imbattibilità esterna che avevamo egregiamente difeso finora. Certo, la Roma, come dicono quelli bravi, ha mantenuto la supremazia territoriale per quasi tutta la partita, ma ha fatto poco calcio-champagne e molta gazzosa. Merito di una difesa, la nostra, che ha retto più che bene, fino a quando una sciagurata caduta di Ogbonna ha procurato un penalty che -ricordiamocelo - nè l'arbitro titolare nè il guardalinee avevano visto. Pazienza, ci vuole pazienza, siamo nati per soffrire, accompagnati da una jella perenne che gira e rigira non ci molla mai. Però, come al solito, superata la metà campo, siamo sempre poca cosa. Santana inguardabile, Cerci in giornata ni (più no che sì, in verità), Bianchi volenteroso e nulla più, Sgrigna manco a parlarne, Sansone poco incisivo, Verdi acerbo. Ma, anche se per una manciata di minuti, è entrato Diop, talentuso, dicono, e speriamo di rivederlo presto. Intanto, rosichiamo.
Domenico Catagnano

QUI GENOA

Perin, Rafinha, Ranocchia, Bonucci, Criscito, Beherami, Thiago Motta, Nocerino, Palacio, Milito, El Sharaawy. In panchina, Bocchetti, Acerbi, Tomovic, Mesto, Boateng, Veloso, Gilardino, Destro. Leggetela bene e stropicciatevi gli occhi. Una squadra da scudetto? Forse no, ma sicuramente da prime quattro posizioni. Questo è il Genoa che avrebbe potuto essere, la banda dei sogni interrotti che turba il sonno dei tifosi rossoblù. Sonno già abbastanza agitato dall'ultimo posto in classifica, devastato dalla sconfitta nel peggior derby, per valori tecnici, dell'ultimo decennio, turbato dai fantasmi di mezzi giocatori come Totzer, Bovo, Sampirisi, comparse che probabilmente non troverebbero spazio nemmeno in serie B e che invece ci troviamo con indosso la maglietta del Grifone.

Preziosi è riuscito in un miracolo al contrario: sventrare un progetto, distruggere un ambiente, deprimere tifosi dall'umore già abbastanza labile. Come un moderno demiurgo, o più semplicemente come l'incapace presidente di una fantasquadra o, ancora peggio, come il pessimo giocatore di un manageriale calcistico, compra e vende, fa e disfa senza un domani. E alla fine, dopo qualche anno di tentativi, ce l'ha fatta. Oggi un futuro non c'è se non dietro alle spalle. C'è solo la tristezza di una squadra costruita a casaccio, senza un'idea, in nome solo del dio plusvalenza al quale abbiamo versato sanguinosi tributi.

E se negli anni qualche tifoso ha detto “belìn però ci hanno 10 milioni di euro per quella rumenta”, è bene ricordare che
a) i soldi, nel bene e nel male, non sono i suoi. Non è che vince qualcosa se per Milito ci danno 15 milioni di euro. No. 
b) è vero che tutti sono utili e nessuno indispensabile, ma in campo ci vanno i giocatori e non le plusvalenze o i contanti (e quando ci vanno le valigette piene di soldi sappiamo che cosa succede)
c) ormai è impossibile non solo innamorarsi di un calciatore del Genoa, ma anche solo sapere che faccia abbia tale è l'insensato turnover di volti, nomi e scarpini che frullano dal Pio XII.

Dopo questo derby devastante, in campo e fuori, salvato solo dai cori dei tifosi, commuoventi anche nel momento più difficile, restano solo due certezze. La prima è che il Genoa sopravvivrà anche a questa. La seconda è che ripartiremo da molto in basso. Il passato non insegna nulla, soprattutto al nostro amato presidente che ripete gli stessi errori da mille anni, ma regala squarci su quello che sarà il futuro. Leggi alla voce Saronno e Como. Portate in alto e lasciate fallire. Sedotte, abbandonate e uccise da un padre-padrone che pensa di avere diritto di vita e di morte sulle sue creature. Scordandosi che il Genoa non è una proprietà privata, ma un patrimonio di tutti, in primis dei suoi tifosi. C'è ancora tempo per rimediare? Forse, o forse no. Sicuramente la pazienza è finita.
Gian Luca Rocco
Twitter: @gianrocco

QUI INTER
Bentornata cara vecchia Inter! Quella che ti fa sempre temere che pure il Fanfulla (con tutto il rispetto per il Fanfulla, ci mancherebbe) esca da San Siro in goleada. Quella che sul pareggio acciuffato con un ottimo Cagliari, su autorete e per il rotto della cuffia, ti fa guardare ossessivamente il cronometro, ti fa contare pure i secondi, ti fa gioire al triplice fischio come neppure nella finale di Champions. E ti senti quasi appagato , salvo poi riflettere, e arrivare alla conclusione che la pazza Inter ha colpito ancora. Che la partita si mettesse male si è capito dalle folate del Cagliari, alle quali i nostri difensori (groviera anche oggi) si opponevano balbettanti, con le gambe molli e il cervello in pappa. E quando pure il Principe sbaglia un gol che in tempi normali avrebbe fatto a occhi bendati, con la sola forza del pensiero e dallo spogliatoio, beh allora capisci che si mette male e preghi che finisca presto. Il pareggio ci è stato regalato, inutile davvero recriminare su un rigore che c'era ma che sarebbe stato profondamente ingiusto. Tutto nasce dalla vittoria di Torino ed escludendo le gufate e il malocchio, dobbiamo concludere che ci ha fatto male, ci siamo montati la testa, ci siamo sciolti, abbiamo buttato alle ortiche 5 punti su 6. Occorre ritrovare lo spirito “Strama”, e tornare a correre. E in modo rapido, please!
Lella Confalonieri

QUI FIORENTINA

Parliamo subito di cose serie: di punti. Dopo aver asfaltato l'Atalanta, con il pareggio dell'Inter, siamo al…terzo posto a pari punti con il Napoli. E non è che i nerazzurri siano molto lontano da noi: solo un misero punticino in più di noi. Per la serie, dopo oggi, sognare è lecito. A inizio stagione, nessuno credeva alla Fiorentina. Io stesso pensavo si trattasse di una squadra con il potenziale per giocarsi un posto in Europa League, senza neanche troppe speranze di raggiungerla. Tuttavia, senza stare a parlare male del Milan (a proposito, grazie per Aquilani), facendo finta di non sapere che la capoclassifica è solo a 5 punti e considerato quanto la Roma è indietro (a proposito: scordatevi Montella), mi auguro solo che l'area rarefatta dell'alta classifica non dia alla testa ai nostri ragazzi e che, invece, i risultati diano loro la motivazione che serve per spiccare il volo.
Francesco Piccinelli Casagrande

QUI MILAN
È logica, ragazzi, storia. Qual è il regno del Faraone? Il deserto. Dove sono costruite le Piramidi? Imponenti, di una grandezza amplificata dal vuoto che sta loro intorno. È così anche per il nostro El Shaarawy, e per i suoi gol, che stanno letteralmente tenendo lontano la Concordia Milan dagli scogli dell'isola Serie B. A Napoli, è vero, qualcosa di più da parte della squadra si è visto, specie nel secondo tempo. Oltre alla cresta magica, si sono segnalati ancora una volta Bojan, Montolivo, De Sciglio, che non appena si scrollerà di dosso quel po' di comprensibile, residua, timidezza andrà dritto in Nazionale. Anche il modulo del 4-3-3 mascherato (in realtà Bojan prima e Robinho poi si sono mossi più da trequartisti) ha pagato mettendo in difficoltà a più riprese la difesa del Napoli, una delle più organizzate del torneo. Cosa manca, allora, per continuare su questa strada, per non dovere rimanere attaccati con le unghie ai regali del Faraone? Una robetta da nulla, gli uomini, gli interpreti. Tacendo per riconoscenza pregressa di Abbiati (ma da tempo sostengo che il Milan non abbia un portiere di affidamento), i difensori confermano tutti i loro limiti, sempre conditi da ricche dose di presunzione, De Jong non ha un minimo di qualità, Nocerino e Boateng pensano più a cercare, tramite un improbabile gol, il ruolo di salvatori della patria, di quelli che "avete visto che non siamo finiti". Continuo a pensare che nella formazione base comunque "discount" di questo Diavoletto ci debbano stare Emanuelson, che sa mettere qualche palla buona, e chi queste palle può sfruttare, vale a dire Pazzini. Questo assetto, contro il Chievo, aveva funzionato più che bene, e non si capisce, ancora una volta, perché Allegri non ci creda, non voglia insisterci. Ora la Juve, e che le divinità egizie tengano un occhio su una certa cresta.
Andrea Saronni
Twitter:
 @andysaro


QUI NAPOLI
Sciupare è peccato. Soprattutto con i diavoli in crisi. Niente perdono nella domenica post pareggio. Che gli azzurri si flagellino lungo via Duomo in segno di penitenza! E a guidare la processione sia Mazzarri... altrimenti i tifosi lo scomunicheranno. Da 2 a 0 a 2 a 2: è come se il giorno della festa patronale avessero annullato i fuochi d'artificio. Eppure le celebrazioni promettevano bene. Napoli Gangnam Style: apertura delle danze con Inler in goal al 4° minuto, pressing, rapidità, grinta fino al raddoppio di Insigne. E poi la grande opportunità del 3-0. Forse la doppietta era troppo per Lorenzinho, tutto in una notte e contro il Milan. Nasce così il passaggio fatale a Cavani, che sbaglia. Fino ad allora i rossoneri a confronto sembravano giocare sulle note del Requiem di Mozart. Ma al 43° ci pensa il Faraone a scuotere le mummie con una rete da museo. Nella ripresa la musica cambia. Il ritmo rossonero si fa incalzante, i partenopei perdono il passo, la coreografia diventa confusa, a centrocampo si apre un vuoto invitante. Gli avversari ne approfittano. Alla fine è ancora El Shaarawy a zittire i 50mila del San Paolo. Con gli stop di Juve e Inter è proprio un'occasione sprecata.  
Ida Barone

QUI JUVE
Niente “game - set - match”: il secondo set col Pescara non è andato bene. Dopo aver vinto sabato scorso il primo 6-1 con gli abruzzesi, i campioni di Italia hanno sbattuto contro un muro di gomma fatto di palle lunghe e viva il parroco. Roba d'altri tempi. La Juve vede accorciarsi il distacco dall'Inter, Stroppa tira un sospiro di sollievo: il cambio tra i pali Perin-Marchetti spingerà i biancazzurri fuori dalle sabbie mobili del fondo classifica. Come? E' tutto sbagliato? Dall'immancabile regia mi dicono che ieri allo Stadium non c'era Juve-Pescara ma Juve-Lazio. Chi l'avrebbe mai detto che quegli undici giocatori messi in campo appositamente per non superare la propria metà campo fossero la quinta forza del campionato, con velleità di portare un simile spettacolo anche oltre i nostri confini? A Torino mai vista una squadra così sfacciatamente in campo per non prendere gol, nemmeno i danesi del Nordsjaelland hanno issato catenacci simili nonostante un loro punto a Torino sarebbe passato alla storia. Invece Petkovic già alla tredicesima di campionato ha pensato bene di blindare la squadra, consegnando le chiavi a Marchetti e lasciando una serata libera a Klose. Uno 0-0 e via ma chissà con quale destinazione Contenti loro, a noi resta l'impressione di una solidità di squadra che lascia ben sperare in vista di mercoledì. Dell'attacco si è detto tutto: a Giovinco qualcuno dica che passare il pallone non è reato e che fare gol, per un attaccante, non è importante. E' tutto. E l'attaccante che non fa quasi mai gol va levato, come accade a Quagliarella, Matri e Bendtner
Sauro Legramandi

 

LE VOCI DALLA DODICESIMA GIORNATA

QUI INTER
Brutta giornata per Milano, e le milanesi. Senza guardare ai cugini dirimpettai, guardiamo a noi, alla sconfitta di Bergamo. Complimenti all'Atalanta, squadra frizzante che si conferma una grande bestia nera. Una vittoria, quella dei bergamaschi, agevolata però da qual groviera che abbiamo schierato in difesa. E la scusa delle assenze, per quanto importanti, non giustificano le voragini che si sono aperte in quella zona del campo, davvero impressionante come Denis si è trovato da solo sul secondo gol, con i nostri che andavano a farfalle come giulive vispe Terese. Un brusco risveglio dopo la rullata di Torino? Sì e no. Onestamente non mi sembra che la squadra o Strama abbiano peccato di presunzione, che abbiano sottovalutato l'avversario. Non dimentichiamo che il campo Azzurri d'Italia è amarissimo per noi da anni. Ieri sono emersi  i limiti di una squadra che comunque sta facendo benissimo, e nessuno si era illuso che la striscia di vittorie potesse continuare all'infinito. Certo portare a casa un punticino sarebbe stato meglio, ma adesso bisogna riprendere da dove ci siamo fermati, con la consapevolezza delle qualità (tante), dei punti fermi (idem) e delle carenze (qualcuna). Lassù, in cima alla classifica, non sghignazzino troppo: abbiamo intenzione di fare ancora i guastafeste. E con noi ci saranno altre squadre che stanno un po' dietro ma che hanno fatto vedere di essere toste. Nulla è dato per scontato, di certo ci stiamo divertendo, anche quando si perde.
Lella Confalonieri

QUI ATALANTA
Per favore non svegliateci: dopo Milan e Napoli abbiamo castigato anche l'altra squadra nerazzurra della Serie A. Quella nettamente più forte e difficile da battere, quella che perde solo per “colpa dell'arbitro” o per complotti in cerca d'autore. Stasera un Consigli in formato lunare e un'Atalanta stellare battono l'Inter dei dieci successi di fila e adesso siamo a quota 18 in classifica: sei punti più di quel che resta del Milan e soprattutto anni luce dalle sabbie mobili della lotta per non giocare nell'inferno della Serie B. Come domenica con la Samp, Colantuono non si affida inizialmente a nessun giocatore comprato in estate. Squadra che vince e corre non si cambia: subito si capisce che la serata può passare alla storia. Consigli blinda, Bonaventura affonda. L'Inter a sprazzi, noi in crescendo. Certo, alle parate da Nazionale di Consigli fa da contraltare quel gol mangiato da Denis nel finale che richiama i fantasmi nerazzurri di Pacione Marco e Comandini Gianni. Ripresa da copione: loro a testa bassa, noi a ribattere colpo su colpo. Guarin, poi quel tocco di Cigarini per Maxi e il gol di Denis. E un altro ancora, su un mezzo fallo da rigore (il dossier degli altri nerazzurri parlerebbe di risarcimento per il gol di Denis valido annullato a Marassi). Poi tensione, sorpresa (vedi il debutto assoluto di Facundo Parra) e gioia. Sul podio Consigli, Cigarini e Denis. Incostante Peluso. Ma adesso godiamoci una settimana da sesti in classifica.
Giacomo Perego

QUI MILAN
Scommettitori, esultate. Quest'anno, per le vostre bollette, avete una "fissa", come la chiamiamo noi della generazione del Totocalcio. Si chiama Milan. Inseritelo sempre nel vostro pronostico e azionate questo meccanismo: partita in casa contro squadra debole, segno 1; partita in casa contro squadra così così (tipo Malaga), segno X; partita in casa, fuori, in campo neutro, sulla Luna o dove vi pare contro squadra più forte o dedita alla pratica di un calcio tecnico, segno corrispondente alla vittoria altrui. Magari corredato da un bell'over, sempre che prima si verifichi la presenza di Mexes al centro della difesa: se gioca, andate sul sicuro. La Fiorentina è venuta a San Siro senza il suo uomo più talentuoso e prolifico, Stefan Jovetic: ha segnato tre gol e poteva farne almeno altrettanti. Nessuno si e' accorto del grande assente a causa della bontà dell'impianto di gioco di Montella e dei suoi interpreti, e pure della pochezza sconcertante della retroguardia rossonera, ai suoi minimi storici. Se alla tristezza del tifoso, poi, si sovrappone la rabbia di vedere certi giocatori mancare totalmente di umiltà, di rispondere con giocate velleitarie, superficiali a errori marchiani, da mini-calcio, allora accettare gli stenti e le batoste del Povero Diavolo diventa sempre più dura. Uno che invece il bullo dalle nostre parti non l'ha mai fatto e' invece Alberto Aquilani, trattato l'anno scorso come un paria, allontanato dal campo per motivi di clausole e riscatti da non pagare e mollato come un'amante scomoda. Il gol che ha aperto il party viola a Milano fa echeggiare un vecchio, infallibile detto milanese: "San Giovanni non fa inganni". Non sappiamo se a qualcuno, in Via Turati (andiamo via pure dalla storica sede: che malinconia) siano fischiate le orecchie. Sappiamo però cosa fare in ricevitoria: i prossimi avversari in campionato si chiamano Juventus e Napoli. Vai con l'incasso.
Andrea Saronni
@andysaro

Rassegnazione e rabbia. Questi i sentimenti dominanti ieri a San Siro tra i tifosi rossoneri. A dispetto dei quattro risultati utili consecutivi ottenuti prima della sfida con l'ottima Fiorentina di Montella, la crisi continua ed è profonda. I problemi sono tantissimi e non possono essere ricondotti tutti alla partenza di tanti campioni. La rosa di questo Milan è inferiore a quella di Juve e Inter, ma certamente non vale i 14 punti ottenuti finora. Questa squadra è debole soprattutto psicologicamente, spaesata, disordinata, non ha un sistema di gioco definito e, cosa che preoccupa ancor di più, non sembra in grado di cambiare rotta. Con che modulo gioca il Milan? Chi sono i difensori centrali titolari? In che posizione gioca Montolivo? Chi è l'attaccante titolare? Sfido qualsiasi tifoso rossonero a rispondere a queste domande. Allegri da inizio anno ha provato tutto e tutti, senza mai trovare una soluzione e anzi aggiungendo dubbi e quesiti nella testa di giocatori che invece avrebbero bisogno di fiducia e certezze. Ed è proprio questa sfiducia che rende debole la squadra, come ha mostrato esemplarmente il match di ieri: quando sei in difficoltà ti affidi ai giocatori di maggior talento, che nel Milan di ieri rispondevano ai nomi, uno per reparto, di Mexes, Boateng e Pato. Il primo è stato fastidiosamente molle sul contrasto che ha messo in porta Borja Valero, il secondo, lento e indeciso, non ha azzeccato una giocata in tutta la gara, il terzo è stato un fantasma per 45minuti e ha calciato alle stelle il rigore che avrebbe rimesso in parità la partita. C'è bisogno di una svolta, ma non arriverà né cambiando l'allenatore (che pure ha le sue colpe), né comprando (ma chi poi?) nel mercato invernale. La squadra deve ripartire dalle cose semplici, pensare prima a non subire gol, e Allegri deve scegliere 13/14 giocatori e mandare in campo sempre loro. Solo una striscia di risultati positivi può restiture fiducia e invertire il cammino di una squadra che adesso ha il dovere di qualificarsi agli ottavi di Champions se non vuole disunirsi irreparabilmente. I tifosi del Milan, in quanto tali, capiscono di calcio e quindi sanno bene che stagioni come questa fanno parte del gioco e fanno apprezzare ancora di più i successi. La società, che in estate ha deluso tutti, troverà il modo per uscire da questo tunnel come ha già fatto in passato, bisogna avere fiducia, prima o poi, in fondo, vedremo la luce.
Marco Mugnaioli

QUI TORINO
La notizia è che siamo tornati a vincere dopo un'eternità, e questo basta. Ed è una vittoria che vale doppio perché in casa, e sappiamo quanto i nostri si facciano prendere dal panico quando, tra le mura amiche, c'è da fare la partita per vincere. Insomma, col Bologna, sulla carta, i tre punti erano quelli pagati meno dai bookmaker, ma questo strano campionato ci ha insegnato che, almeno ultimamente, proprio quando i pronostici ci sorridevano sono arrivate le mazzate. La conferma è che il nostro punto di forza è la difesa. Non ha preso gol ancora una volta, e ancora una volta un difensore ha indossato la maglietta del goleador. Oggi è toccato a D'Ambrosio, contro la Lazio, appena due turni fa, aveva fatto centro Glik. Tutto questo per dire che per quattro dei cinque punti conquistati nelle ultime tre gare bisogna dire grazie alle retrovie. Insomma, statistiche a parte, si conferma una squadra a trazione anteriore. L'attacco latita, Bianchi si è pericolosamente inceppato, Sansone va meglio ma non può reggere le sorti del reparto, Meggiorini, che pure ha sfiorato il gol, non è di quelli che fanno la differenza. Pupetto Cerci, invece, c'è, ed è l'unico che, quando non si perde, riesce a dare lampi di spettacolo. Insomma, benediciamo quest'1-0 che ci allontana dai bassifondi e guardiamo la classifica: abbiamo pur sempre gli stessi punti del Milan, senza la penalizzazione saremmo addirittura a +1 da loro. E chi l'avrebbe mai detto?
Domenico Catagnano

QUI
 NAPOLI
Napoli, cuore matto. Sul finale Mazzarri si tocca il petto, con questi ragazzi rischia un'altra crisi cardiaca. E non solo lui. Contro il Genoa è una rimonta continua. Gli azzurri cominciano bene, ma sprecano: Maggio si mangia un goal di testa e Hamsik non si coordina da posizione centrale davanti alla porta. Già al 23mo le prime palpitazioni. Un errore in difesa apre una carambola di rimpalli che favorisce Ciro Immobile. Classe 1990, di Torre Annunziata, faccia uscita da commedia di Scarpetta. Il giovane non soffre di sudditanza psicologica e infila De Sanctis. Ci vorrebbe un pace maker per far ripartire la squadra dopo il colpo subito. Ma i cambi del mister sono provvidenziali. Insigne entra al posto di Pandev, azzoppato nel fisico e nello spirito. Nella ripresa Mesto sostituisce Campagnaro, non in giornata. L'ex rossoblu regala un pareggio commovente per quanto è complicata la dinamica. Subito però arriva la nuova extrasistole. Bertolacci porta la banda Del Neri sul 2-1. Esce Behrami, Inler si butta nella mischia. Dal 79mo parte un'altalena di emozioni da ricovero. Cavani evita Frey e sigla il pareggio, Marek alza la cresta per l'esaltante vantaggio, Lorenzino corona con il 4-2 in pieno recupero. Pronti per il defibrillatore.
Ida Barone


QUI JUVENTUS

Missione compiuta quella di tornare a vincere con gli "occhi di tigre" in Champions e in campionato. Missione incompiuta quella di decifrare la fisionomia della Juventus dell'anno secondo dell'era Conte. Visto da noi comuni e mortali tifosi Quagliarella ha semplificato le scelte all'allenatore bianconero considerato che ormai è il capocannoniere stagionale (8 gol) e segna in campionato quasi quanto Vucinic-Giovinco-Matri messi assieme (sei reti Fabio, sette gli altri tre). Eppure siamo certi che la gerarchia del mister non sia cambiata di molto: ad agosto l'ordine era Vucinic, Giovinco, Matri, Quagliarella, Bendtner. Dopo tre mesi di calcio giocato, siamo a Vucinic, Giovinco, Quagliarella, Bendtner, Matri. In quattro per una maglia vicino al titolarissimo montenegrino. Giovinco e' evidente prediletto per motivi tattici e non economici (se lui è stato un investimento estivo, far ammuffire gli altri tre in panchina equivale a una perdita invernale). Insistendo sulla Formica Atomica, Conte si gioca una fetta di quella vastissima credibilità conquistata in un anno e mezzo di panchina bianconera. Tappiamoci il naso, confidiamo in Sebastian e - soprattutto - fidiamoci di quel mister che ci ha riportato la' in alto dove meritiamo.
Sauro Legramandi 
@sauro71

LE VOCI DELL'UNDICESIMA GIORNATA

QUI NAPOLI
Cavani "mata" il Toro in 7 minuti. Aronica ci mette anche meno a rovinare tutto. Entra a fine secondo tempo, forse proprio per blindare la partita e, poco dopo, è già il caos. Mazzarri viene espulso per proteste, al 91mo il "Salvatore" dei granata improvvisa un retropassaggio verso De Sanctis. Corto, moscio, insulso: è un assist perfetto per Sansone, che non perdona. La domenica cambia colore, diventa grigia come il cielo sopra il San Paolo. Il Napoli, che vinceva 1-0 contro un Torino agguerrito, ma non irresistibile, vede allontanarsi Juve e Inter. La classifica si sarebbe accorciata là in vetta, invece... Inutile prendersela con l'infelice difensore: se Hamsik non avesse sbagliato il goal del raddoppio, staremmo brindando con un bicchiere di Taurasi. E allora non ci resta che alzare il calice per il secondo figlio del Matador. Puntando al terzo posto.
Ida Barone

QUI TORO
E quando i tifosi del Toro erano già pronti coi mugugni, è quanto lo strapotere dell'autoflagellazione già rilanciava sui siti il pianto granata, e quando eravamo già tutti lì pronti a dire che quest'anno è sicuro che finiamo in serie B, che la panchina di Ventura vacilla, che ci manca un centravanti, però anche un esterno, però anche un regista, che forse ci manca tutto, ecco, quando eravamo pronti per il nostro solito lamento domenicale, ecco lì l'episodio che non t'aspetti: un errore, un gol, Sansone, pareggio a Napoli, esultanza e felicità. Che resta da dire? Che per fortuna restano a testimonianza i miei messaggi sui forum granata: anche mentre perdevamo scrivevo (subissato da critiche) che quello era un buon Toro, un Toro che è andato a giocare al San Paolo a testa alta, che ha tenuto il pallino del gioco (quasi 60% di possesso palla), che ha schiacciato a lunghi tratti il Napoli nella sua area (11 calci d'angolo contro 3 o 4) e che ha tirato poco in porta, è vero, ma che ha subito meno ancora. E alla fine ha ottenuto un giusto pareggio: un gol subito su un episodio, un gol fatto su un episodio. In mezzo una squadra più che dignitosa, che merita la serie A. Forse, a volte, non merita certi tifosi così ottusi e sempre negativi.
Mario Giordano

Due punti pesanti, quelli delle due ultime partite, di quelli che prima di giocarle avremmo sottoscritto senza dubbi. Con la Lazio abbiamo rischiato addirittura di vincere, con il Napoli, dagli e dagli, all'ultimo assalto è arrivato un pari insperato ma, alla fin fine, meritato. E' un Toro strano, questo, ancora imbattuto in trasferta, che non sa vincere ma ce la mette tutta per non perdere, che segna poco ma subisce ancora meno. Un Toro che, non dimentichiamolo mai, deve salvarsi, che si potrà togliere qualche soddisfazione ma dovrà sudare per ogni maledettissimo punto. Mancano uomini in ruoli chiave, Ventura mischia e rimischia le carte ma sa che l'unico reparto di cui si può fidare e che finora ha sbagliato pochissimo è la difesa. Quindi, primo non prenderle, poi si vedrà. E intanto abbiamo fatto un favore all'altra squadra di Torino, allontanando dai quartieri alti un'agguerrita avversaria. Il minimo che potevamo fare, da onesti cugini quali siamo, dopo la difficile digestione che loro, i cugini, hanno avuto sabato sera. Tre pere sono pesanti da buttar giù...
Domenico Catagnano

QUI FIORENTINA
Dopo il 4-1 sul povero Cagliari temo che ogni parola possa suonare come il verso di una cornacchia del malaugurio. Per questo, mi limito a fotografare l'esistente: il Napoli dista solo due punti e la Juve ha perso. Che bella giornata.
Francesco Piccinelli Casagrande 

QUI ATALANTA
Che bella vittoria a Genova: tre punti che ci permettono di tirare il fiato e di giocare a viso aperto domenica con l'altra squadra nerazzurra della serie A. Contro la Samp e' andata in campo l'Atalanta dell'anno scorso, sia nella formazione titolare sia nello spirito. Concentrata e convinta su ogni pallone, la Dea ha tenuto testa ai doriani apparsi alla canna del gas e in partita solo per una prodezza di Maresca. Consigli e' una certezza, la difesa non ha fallito un pallone, Cigarini ha trovato la spalla ideale in Carmona, Bonaventura si raffina di partita in partita, Schelotto meglio in copertura che in avanti. Ottimo De Luca che risulterà ancora decisivo, alla pari di Marilungo. Il pelo nell'uovo si chiama Denis, da uomo gol a uomo quasi-gol. Troppe reti fallite e quando segna, trova un arbitro che glielo annulla. Certo, Denis oggi e' al servizio della squadra - vedi l'assist di Marassi - ma il suo mestiere e' buttarla dentro.
Giacomo Perego

QUI JUVE
Mai visto vincere uno scudetto al 3 novembre. Eppure l'Inter dei miracoli prescritti ce l'ha fatta perché al Juventus Stadium ha vinto lo spareggio per il titolo (non di cartone) 2012/13 dopo mesi e mesi di testa a testa con l'undici campione d'Italia, un undici uscente a questo punto. Perché è cosi che è andata vero? Sabato sera l'Inter di Stramaccioni ha vinto il campionato e tra qualche settimana tornerà a giocare in Europa al martedì/mercoledì. Stanno così le cose vero? O forse ho sbagliato? Forse mi sbaglio, anche io spensieratamente travolto da quei simpatici e sportivi interisti che da ore sono risorti dal freddo polare di -26, vale a dire il distacco finale tra campioni d'Italia (in carica) e sesta classificata. Fino a prova contraria la miglior Inter della gestione Stramaccioni (27 partite in serie A) ha battuto la peggior Juve di Conte (50 gare). Ah dimenticavo, prima che coloro che vivono di anti-juventinità si risentano: la-miglior-Inter-della-gestione-Stramaccioni ha battuto anche gli arbitri proni alla Vecchia Signora ora più che mai, anche se la Juve non è proprio nella stanza dei bottoni del nostro calcio. Ma sono sottigliezze da provinciali (ops, altro termine inviso al guru nerazzurro), l'importante è urlare tutti insieme a squarciagola “sapete solo rubare”. La peggior Juve di cui sopra ha radici fortunatamente non lontane: in questo momento Pogba è indispensabile in mezzo al campo così come è necessario recuperare Vucinic. Un Vidal così giù di tono mette a repentaglio sia la difesa sia Pirlo mentre in avanti il rebus degli attaccanti non pare districato. Perché insistere su Giovinco e non dare fiducia più che spazio a Quagliarella? E Matri lasciato ancora fuori a chi giova? Al Nordsjælland e al Pescara l'ardua e spensierata risposta.

PS – Ha ragione il collega Catalano: quelli che oggi urlano “sapete solo rubare” erano probabilmente affetti da un improvviso attacco di raucedine quando Julio Cesar abbattè Marchisio in area a San Siro
Sauro Legramandi

Il calcio non è uno sport. Non c'è alcun cronometro necessario per calcolare i centesimi di secondo e non esiste alcuna giuria per decretare un primo o un terzo posto. Il calcio, come da definizione inglese, è un "gioco per atleti": "per atleti" perché, essendo il calcio scatto applicato al mezzofondo, se non hai il mantello di superman, dopo 95 minuti e 14 chilometri vai dritto all'ospedale; "un gioco" perché troppi fattori 'esterni' possono influire in maniera decisiva sul risultato (pali, errori arbitrali, fortuna/sfortuna in generale).
Nonostante questa doverosa premessa, Juventus-Inter del 3 novembre 2012 (data per certi versi storica visto che a cadere sono stati gli Invincibili) è stata sport. Grazie all'Inter. Solo ed esclusivamente grazie all'Inter, capace di battere sia Juve sia arbitri che, mannaggia a loro, avevano provato a far diventare "gioco" la partita più attesa dell'anno dopo solo 18 secondi di gara.
E' stata un'Inter praticamente perfetta quella capace di uscire con i tre punti dallo Stadium. Perfetta nella preparazione della gara (bravissimo Stramaccioni a schierare tre punte per non far giocare la Juve nella sua metà campo), perfetta nella conduzione dei novanta minuti (giocare otto dietro e tre davanti, quando i tre davanti sono ricchi di talento, per poi inserire centrocampisti con 'gamba' è stata la tattica vincente), perfetta nel controllo dei nervi (che potevano saltare dopo la mancata espulsione di Lichsteiner).
Al contrario, la Juventus è sembrata un passerotto malato d'asma. Non ha saputo sfruttare l'enorme vantaggio iniziale e non ha saputo esprime il calcio corale e offensivo al quale ci aveva abituato da un anno e mezzo a questa parte. Uscito Vucinic, poi, si è spenta l'unica lampadina in grado di illuminare la metà campo dell'Inter. E' mancato, come sempre, il fuoriclasse che, come da definizione, è "l'uomo in grado di fare ingiustizia", ovvvero di farti vincere quelle partite che altrimenti perderesti. Speriamo che gennaio arrivi presto...
PS. Doverosamente, abbiamo esaltato l'Inter e sottolineato i pesanti errori arbitrali che avrebbero potuto far perdere (ingiustamente) i nerazzurri. Altrettanto doverosamente, urge sottolineare come alla Juventus, lo scorso anno, a San Siro, contro l'Inter, sull'1-1 non venne concesso un netto rigore, con espulsione di Julio Cesar, per l'atterramento di Marchisio in area. Nessuno, in casa Juve, fiatò. Ieri l'Inter si è inventata una novità: la protesta via Twitter a partita in corso. Si poteva evitare. La rivalità non è finita, anzi. E i conti si faranno a maggio. Strama riuscirà davvero ad avere la meglo su Conte (ormai prossimo al ritorno in panchina)?
Alberto Catalano

QUI INTER

Il giorno dopo è ancora più bello. Non è solo la consapevolezza di avere vinto contro una squadra di 16 (undici a righe sbagliate e cinque in porpora o qualsiasi altro sia stato il colore del quintetto arbitrale in campo), e neppure la gioia di aver ricacciato in gola le urla precoci e belluine uscite dopo soli 18 secondi o le dichiarazioni “spensierate” (quelle sì, non la nostra formazione), improvvide e presuntuose di qualche dirigente juventino. La soddisfazione maggiore è quella di aver violato lo “Stadium” con quel ridicolo scudetto con “30” all'ingresso, essere usciti da lì non “rullati” come aveva preconizzato qualcuno con troppa sicurezza, ma “rullatori” felici. Colleghi illustri che giocano molto con twitter tifosi della squadra torinese, ieri sera tacevano, quasi vergognandosi. Ma non dopo i nostri gol, ma dopo il loro, segno evidente di una coda di paglia lunga da Appiano a Vinovo. Salvo poi svegliarsi sognando la vendetta, ribadire che “siamo ancora primi”, mancava solo il “ciccabua”dei bambini capricciosi e viziati. Si accomodino, se i loro sentimenti sono questi, si accomodino. Noi ci godiamo la nostra squadra solida, il nostro meraviglioso Strama, grande e maturo come un veterano, degno davvero dello Special (ieri lo hanno chiamato Special Two). E rendiamo grazie al Presidente che lo ha visto all'opera con le giovanili e se ne è innamorato. Assaporiamo questa nuova mentalità, che ci porta a non mollare, a far passare i momenti difficili con la bava alla bocca, a risalire la china. Non potrà sempre andare così, lo sappiamo, la pazza Inter è sempre dietro l'angolo. Ma amarla, oggi, è così dolce.
Lella Confalonieri

La vittoria dell'Inter contro la Juve mi ha ricordato "in piccolo" quella dei nerazzurri nella semifinale di andata contro il Barcellona, in Champions League, nell'anno del triplete. Stesso risultato finale, 3-1, con stessa scansione dei gol, svantaggio di 1-0 (ma allora con una rete regolare, se non altro), stessa sensazione di sgomento per la paura di non poter ribaltare il risultato contro un avversario "sulla carta" più forte, stessa gioia finale dopo avere infilato per 3 volte la porta avversaria.

Dicevo "in piccolo". Primo perchè il campionato, soprattutto quello italiano, non ha certo il fascino e le insidie della Champions League. Secondo perché questa Inter, per quanto in ripresa, è ancora molto lontana da quella travolgente di Mourinho. Terzo, questa Juve non è il Barcellona. Anche perchè i catalani, in attacco, hanno il piccolo Messi, la Juve, il piccolo Giovinco che ieri sera sembrava ancora più piccolo del solito.

E anche la differenza tra Inter e Juve è soprattutto lì davanti. I bianconeri, basta che Vucinic sia nella giornata no, si ritrova con una panchina dove l'intermittente Quagliarella è il meglio che ci sia e il peggio, forse estendendo il concetto a un assoluto calcistico, è il gigante Bendtner, top player solo sulla bilancia. L'Inter, se Cassano, come ieri sera, non gioca un granché bene, ha sempre Milito o il meraviglioso Palacio. Qualcosa, a meno di un'epidemia di massa, prima o poi la combinano. Certo ho maledetto Strama, il piccolo Mou come qualcuno impropriamente lo chiama, quando ho visto schierare tutti e tre gli attaccanti assieme. Alla fine ha avuto ragione lui anche se la squadra, anche ieri, è apparsa più a suo agio quando è tornata a giocare con le 2 punte.

Vabbè, piccolezze. Il Campionato è ancora lungo e questa Inter può ancora crescere e la Juve, speriamo, sgonfiarsi ancora un po'. A me sembra una squadra un po' sopravvalutata. Anche perché, per meritarsi tutti questi sperticati elogi, prima giochi una partita "decente" in Europa. Non dico come la nostra contro il Barcellona, basta molto meno, soprattutto contro l'immenso Nordsjaelland. E per uscire dalla metafora, mi permetto solo di dire che Milito, più diventa grande, più diventa un grande. Ma cosa gli danno da piccoli agli argentini ?

P.S.: Evito di parlare di errori arbitrali, una svista capita a tutti. Certo, a Tagliavento, il fischietto di ieri, un po' troppo spesso visto che è lo stesso referee, per dirla all'inglese visto che si giocava allo Juventus Stadium, che l'anno scorso annullò il gol di Muntari, in Milan - Juve. Si vede che il bianconero lo confonde un po'.
Leonardo Panetta


QUI MILAN 
Milan, è la svolta, finalmente? È presto per dirlo, e certo non ci facciamo impressionare da una quasi goleada con un coraggioso ma modesto Chievo. Quello che fa ben sperare, però, è la sensazione che molti di quelli che fino ad oggi ci avevano deluso, o quasi, sembrano finalmente essersi messi sulla strada buona, quella del recupero della forma. O quasi. Due esempi per tutti: Boateng e Bojan. Del meraviglioso El Sharawi, del Faraone, poi, non mette neppure conto parlare, tanto è grande e ormai determinante, irrinunciabile per la squadra. Una vittoria, questa col Chievo, doppiamente importante, perché predispone i rossoneri psicologicamente nel migliore dei modi alla importantissima partita, ancora a San Siro, col Malaga, decisiva per il passaggio di turno in Champions League. Siamo alla svolta, insomma? Vedremo, a cominciare da martedì.
Carlo Maria Lomartire


Oh, ma sapete che è una sensazione proprio strana? Il Milan che vince di goleada, 5-1, sbagliando anche dei gol. E soprattutto, udite udite, offrendo anche qualche momento di bel gioco. Non è passato tanto tempo da quando queste serate erano abbastanza frequenti, ma gli ultimi mesi, partendo della resa alla Juventus nella volata- scudetto, sono stati trascorsi mangiando pane sempre più duro; le ultime settimane, poi, a vivere in una camera con vista sulla zona retrocessione. Ecco perché, pur attaccandoci stravolentieri al bocchettone dell'ossigeno rappresentato da questa vendemmiata col Chievo, ci si deve sforzare di rimanere ancora più realisti del re e capire, magari, cosa ha comportato questa metamorfosi gradita e repentina a soli quattro giorni dal mezzo disastro di Palermo. Personalmente, ritengo che la pagina l'abbia voltata un ragazzo chiamato Bojan Krkic, uno che non sarà Messi (è solo il cugino, purtroppo), ma che ha una qualità sconosciuta ai suoi compagni e gioca per la squadra, con testa e altruismo. Appoggiato da un ancora positivo Montolivo dietro e dal solito El Shaarawy al fianco, e lasciato libero di agire negli spazi, Bojan può garantire l'imprevedibilita, le idee, la velocità necessaria per mettere in difficoltà le difese, anche quelle molto dense come quella schierata dal Chievo. Gli esami, per questo Milan finalmente dal buon sapore, cominciano solo ora, subito c'è una gara vinci o muori martedì col Malaga in Champions: possiamo solo sperare, oltre che in conferme delle cose buone viste con i veronesi, che Allegri non voglia tornare a giocare al piccolo tattico o recuperare a tutti i costi personaggi e scarpe appuntite di cui, in questo sabato finalmente dolce, non si è sentita affatto la mancanza.
Andrea Saronni

LE VOCI DELLA DECIMA GIORNATA

QUI JUVE
Era considerata la nostra bestia nera e per questo, solo per questo, nessuno in casa Juve ha sottovalutato il Bologna. Nonostante la contemporanea presenza in campo di Caceres, Isla, Pogba, Giaccherini, De Ceglie, Quagliarella e Bendtner, ovvero ben otto "non-titolari", Conte la questione l'ha presa seriamente. L'approccio alla gara, infatti, è stato perfetto: Juve all'arrembaggio e Bologna chiuso nella sua area per venticinque lunghissimi minuti in totale apnea. Venti giocatori in campo più due: Buffon (spettatore, capita spesso) e Pogba (un adulto che sembrava divertirsi a giocare con i bambini anche se il "bambino" in campo, carta d'identità alla mano, era proprio lui). Eppure, il gol non è arrivato né all'inizio né nel primo tempo (senza un Trezeguet in area, può capitare). Di fatto, però, la Juve è una fuoriserie e il Bologna è una utilitaria di seconda mano; quindi, alla fine, dopo un palo, un paio di conclusioni fuori di centimetri, una gran parata di Agliardi e un gol ingiustamente annullato a Pogba, il gol è arrivato: lancio alla Pirlo del francesino, intuizione di Giaccherini e facile appoggio di Quagliarella. Tutto finito? Mica tanto, perché De Ceglie non è Maldini e talvolta si purifica l'anima con un po' di beneficenza: gol del Bologna. Pari ingiusto? No, perché Vucinic, Giovinco e Asamoah, da far entrare dalla panchina, il Bologna (e non solo il Bologna) non li ha. E non ha nemmeno Pogba, che in area avversaria guarda tutti, ma proprio tutti, dall'alto verso il basso. Buon cross di Giovinco, testa, gol. Minuto 92', ovvero il massimo della goduria, quella necessaria per prepararsi al meglio alla sfida con l'Inter alla quale, ovviamente, dedico non più di due righe. Se la Juve farà la Juve, nessun problema; se qualcosa andrà storto, ci saranno altre 27 (ventisette) partite per aumentare il distacco. Che aumenterà, scommettiamo?
Alberto Catalano

QUI INTER
Inter-Sampdoria inizia per ogni interista con i soliti scongiuri, dopotutto è la sera di Halloween e Strama, con occhiaie di ordinanza in panchina, le emozioni forti non ce le risparmia mai. Stregonerie a parte si inizia con formazione a sorpresa. Cambiasso il più in forma in panchina fa stringere forte i cabbasisi a tutti. In porta c'è Handanovic ed è un sollievo, almeno non è Amelia, che con quel nome da fattucchiera porterebbe ulteriore sfiga. Mah figurati! Dopo 20 minuti ne becchiamo uno, perché all'Inter le cose facili non sono mai piaciute. Piove a spaghetti, la faccia di Cassano sembra il campo sconnesso di San Siro. Poi riecco Strama che fa il creativo: è tornato alla difesa a quattro, l'attacco a tridente, centrocampo fisico ma non tecnico, sarà figo diciamo noi; il turn over poi è continuo sperando che la difesa non faccia casino e Ranocchia con quell'acqua non si metta a gracidare. Ci si aggrappa a tutto, tattiche e strategie, formule magiche recitate come rosari, ma la verità è che quando iniziano quei maledetti 90 minuti si farebbe di tutto per vedere la sfera nella porta avversaria a costo di telecomandarla. A Strama fischiano le orecchie, fa entrare Cambiasso e al settimo del secondo tempo Milito cauterizza la ferita con un gol perfetto. Poi Palacio, Guarin… ecco stiamo dilagando e dallo Juventus Stadium una Juve che pareggia sembra un sogno. Ci pensa Pogba al 92esimo a spegnere i precoci entusiasmi interisti. Il blasone del fondoschiena risplende ancora una volta su Torino.
Francesco Mombelli

 

Forse perché era Halloween ma, al 20' minuto, Samuel e Ranocchia si travestono da Fratelli Paganin (famigerata coppia di difensori nerazzurri del passato ) e servono a Munari, che per la cronaca gioca nella squadra avversaria, un assist per insaccare sotto rete. Le streghe si materializzano su San Siro. L'Inter punta all'ottava vittoria consecutiva. L'anno scorso con Ranieri, si fermò a 7, per poi precipitare senza sosta. La Sampdoria poi non è nuova a darci dispiaceri: negli anni del Trap ci ha sfilato uno scudetto e, sempre nel secolo scorso, battendoci, ha acceso la miccia per una delle più accese contestazioni alla gestione Moratti. Fortunatamente però Samuel e Ranocchia non sono i Fratelli Paganin e, dal 20' minuto in poi, si rimettono i panni di centrali più in forma del campionato, non sbagliando più nulla. Lì davanti inizia a muoversi qualcosa. Strama punta sul tridente Milito-Cassano-Palacio che costringe il centrocampo a un lavoro di interdizione da fabbri. Mudingayi viene ammonito e, per non rischiare di finire la partita in 10, nel secondo tempo resta negli spogliatoi. Una fortuna, non me ne voglia il buon Gaby che il suo onesto mestiere lo sa fare. Nel secondo tempo, al posto del centrocampista belga entra Cambiasso, risparmiato in vista di Inter- Juve, ma giocatore di cui, questa Inter, non può fare a meno. Mai (stesso discorso per Zanetti e Nagatomo). E infatti il gioco diventa più fluido. Così in 10 resta la Sampdoria, per un fallo da rigore, su Milito, in area. Il principe, dagli 11 metri, insacca, poi Palacio e Guarin chiudono i conti. C'è ancora tempo per la seconda e ininfluente rete della Sampdoria e per apprendere che Pogba ha segnato il gol vittoria della Juve. Peccato. Andare a Torino a -2 dai bianconeri sarebbe stato più bello. Anche per il campionato, vista l'intermittenza di tutte le altre inseguitrici. Ma l'Inter dimostra di esserci e, proprio ad Halloween, unica sera in cui ci si trucca per essere brutti, scopre di poter essere anche bella.
Leonardo Panetta

QUI NAPOLI

Ma dove vai, se Cavani non ce l'hai? Al termine della decima giornata il Napoli si ritrova terzo in classifica e, più che mai, Matador dipendente. Insigne, Pandev e Hamsik ci hanno provato. L'Atalanta ha dimostrato una concretezza taragna: dopo il bel goal di Carmona, tutti in difesa e contropiede all'occorrenza. Non è servito agli azzurri bersagliare la porta bergamasca per l'intero secondo tempo. Tanti tiri, nessuno abbastanza insidioso. Almeno per un Consigli che sembrava indossare guantoni adesivi, mentre intorno tutto scivolava nella pioggia. L'Inter è sgusciata in avanti. Speriamo che non sfugga la pazienza ai tifosi partenopei. La squadra ha bisogno di morale, tanto quanto del suo campione uruguaiano.
Ida Barone

QUI ATALANTA
Se non è stata la partita perfetta poco ci è mancato. Siam tornati a battere una grande dopo tanti mesi e abbiamo vendicato l'1-1 dello scorso anno quando Cavani segnò al 94' su nostro errore. L'Atalanta che ha superato il Napoli è quella che ci piace, che getta il cuore oltre l'ostacolo e non molla mai. I ragazzi hanno creato quanto basta e una volta in vantaggio hanno difeso con grinta e sono ripartiti a testa bassa. È vero: ai punti il secondo tempo è stato a favore dei napoletani ma poco importa. La partite durano 90 minuti più recupero. L'Atalanta ha ritrovato la grinta e il coltello tra i denti e' servito per arginare le sfuriate i Hamsik. Ottimo il rientro di Bellini in fascia, memorabili il debutto stagionale di Carmona (con la ciliegina del bel gol) e le parate di Consigli (quella su Hamsik nel secondo tempo vale un gol). E dire che mancava Cigarini in mezzo al campo. Denis si è fatto notare "solo" per il lavoro sporco.

PS - brutto nervosismo quello di De Sanctis che si è preso un giallo per aver messo una mano addosso a un addetto del campo, colpevole di non aver rimesso per tempo il pallone. Premesso che i raccattapalle sono vergognosamente indottrinati ovunque sui tempi per recuperare il pallone a seconda del risultato, da un portiere della Nazionale non ci si aspetterebbero certe cadute di stile...
Giacomo Perego

QUI TORO
E allora giochiamole tutte fuori casa! Questo Toro da trasferta convince, a tratti domina e se avesse portato a casa i tre punti nessuno avrebbe gridato allo scandalo. E pensare che per questa partita con la Lazio, dopo la botta in casa col Parma, eravamo pronti al peggio. Invece la difesa, nonostante Ogbonna sia ancora ko, ha ritrovato solidità e... goleador (bravo, bravo, bravo Glik), a centrocampo il Pupetto Cerci ha brillato (a corrente alternata, ma è fatto così) e l'attacco... beh l'attacco fin quando non si trova una spalla degna a Bianchi ci farà soffrire a lungo. Insomma, la notizia è che a domicilio, a casa di una grande, non abbiamo sfigurato. La conferma è che quando non dobbiamo attaccare "per forza" (vedi partite in casa con Cagliari e Parma) riusciamo a ripartire bene. La speranza è che quest'imbattibilità esterna resista anche domenica. A Napoli si parte per non prenderle. E, a quanto pare, al momento, è la cosa che sappiamo fare meglio.
Domenico Catagnano


QUI MILAN

Con saggezza che in genere non mi è propria, ho fatto "passa' a' nuttata" e raffreddare un poco il sangue rovente prima di esprimermi sulla nuova puntata di "Milan 2012/13", la fiction peggio riuscita di questi lunghi e felici anni "silviani". Ecco, Berlusconi. Appunto. Al risveglio, pronti a scaricare un caricatore di critiche su Massimiliano Allegri, siamo stati informati dalla Gazzetta che il patron ci ha anticipato secchi, che si sia finalmente palesato, anche solo via telefono, e abbia preso per il bavero l'allenatore passando - come sempre - da Adriano Galliani. Un cazziatone dettato da ciò che ormai è alla luce del sole da tempo, da ben prima dell'esibizione palermitana, vale a dire la confusione totale dell'allenatore di fronte a questa rosa, le scelte inspiegabili di formazione, l'assenza totale di un'identità tattica e di gioco che pare essere generata da un inconscio rifiuto di "Acciuga" di mettere insieme qualcosa di buono da un gruppo - mai dimenticarlo - di assoluta, inedita pochezza tecnica e costruito senza alcun criterio se non quello del "costo zero": una politica dettata, per motivi ormai stranoti, dallo stesso Berlusconi. E' un circolo vizioso, e dentro questo circolo c'è il Milan, e i suoi tifosi, che francamente non meritano spettacoli come quelli della prima ora del "Barbera", che si rendono perfettamente conto che se sotto l'oscena cresta del Faraoncino non ci fossero state la testa, il cuore, le palle e i piedi del suddetto (anni 20: guarda caso, l'unica vera operazione di mercato compiuta negli ultimi due anni) saremmo giusto davanti al penalizzatissimo Siena. La storia ci insegna che simili turbolenze berlusconiane corrispondono più o meno alla famosa lettera degli otto giorni che si dava alla colf: la sensazione è che le mediazioni di Galliani (e i suoi promemoria al presidente sui costi di un nuovo allenatore e del mantenimento/buonuscita di Allegri, sotto contratto fino al 2014) manterranno invece tutto com'è. Aiuto.
Andrea Saronni

LE VOCI DELLA NONA GIORNATA

QUI JUVE
Premesso: il gol di Bergessio era regolare. Gervasoni ha preso una topica fidandosi del guardalinee che, a sua volta, si era fidato dell'arbitro di porta. Diverso l'errore sul gol di Vidal: vedere la gamba destra di Bendter in fuorigioco era più difficile. Il tempo di digitare il punto sulla tastiera e capisco di aver buttato via tempo e righe: milioni di anti-juventini da ieri all'ora di pranzo non fanno altro che intasare Facebook e Twitter con “ladri” e “sapete solo rubare”. Tutto inutile, quindi. Tempo sprecato ricordare che il Catania non ha mai tirato in porta una volta in novantacinque minuti e che Andujar è stato il miglior in campo nonostante la Juve abbia giocato col freno a mano tirato. Mettiamoci d'accordo: lo scandalo c'è solo quando l'arbitro sbaglia a favore della Juve? Oppure se per sei mesi non ci viene fischiato un solo rigore è tutto giusto e pulito? Siamo seri: Juve, Inter e Napoli hanno beneficiato di sviste arbitrali quest'anno ma solo la Juve “ruba” perché negli altri casi si parla di “errori normali, nessuno è infallibile”?
Se qualcuno volesse parlare anche di calcio giocato, sotto gli occhi di tutti c'è una Juve che non gioca come l'anno scorso ma ha più punti. I tre difensori non hanno sbagliato nulla, nel centrocampo a un Vidal in fase calante fa da contraltare un Pogba in crescendo. Ad oggi il problema è l'attacco: Vucinic illumina anche a mezzo servizio ma gioca da solo. Bendter non ha fatto sfracelli ma nemmeno poteva, alla prima partita ufficiale. Giovinco - che di mestiere fa la punta e ogni tanto dovrebbe segnare gol pesanti - anche oggi ha sbagliato più del dovuto.
Sauro Legramandi
@Sauro71

QUI ATALANTA
Torniamo dall'Abruzzo con un punto che fa classifica. Diciamo così, per non rosicare troppo guardando come sono andate le cose col Pescara. L'Atalanta ha giocato alla grande il primo tempo e nella ripresa, in dieci, ha concesso qualcosa al Pescara senza mai andare in affanno. Ci siamo, si vede, si vede soprattutto che c'è un Cigarini in forma nazionale. Purtrooppo verrà squalificato e mercoledì salterà il Napoli. Ad oggi non possiamo fare a meno di Bonaventura: guizzi e piedi buoni non hanno avuto oggi sottoporta degna fortuna. Ma girerà. Girerà anche per Denis che credo stia all'Atalanta come Vucinic alla Juve di Conte. Denis per Colantuono è inamovibile anche se fatica e la porta non la vede come una volta. L'anno scorso el Tanque era partito fortissimo per poi spegnersi in primavera: viste le premesse, speriamo sia l'esatto contrario ora. No comment sulla direzione di gara: Peluso cacciato per due gialli che il signor Valeri poteva tranquillamente evitare
Giacomo Perego 

 

QUI INTER
Ha ragione Strama. Non guardiamo alla classifica…. Però stare lì non è affatto male. Se poi ci arrivi con il carattere, dimostrando di divertirti, con lo spirito di squadra è ancora più bello. Intendiamoci, non la perfezione, ci sono ancora distrazioni in difesa, troppe sofferenze inutili (vedi i minuti iniziali di entrambi i tempi), sciocche dimenticanze. Ma una volta di più, l'Inter di “Stramala” non è finta, il progetto funziona, i “vecchi” (ma che tempra!) non mollano mai, sono loro i trascinatori, i giovani seguono, escono da Dall'Ara inzuppati ma felici. L'entusiasmo non deve travolgerci, dobbiamo tenere i piedi ben piantati a terra, anche se qualcuno ci prova a chiamare il mister “Stra- Mou- ccioni”. Lui non commenta e tira dritto. Adesso la Samp e poi…… andiamo da quelli lì in testa. Quelli lì che…. Vabbè lasciamo perdere le polemiche. E poi io la partita Catania - Innominabili non l'ho neppure vista. Ma, avete guardato se per caso c'è qualche arbitro chiuso negli spogliatoi del Massimino?
Lella Confalonieri

Evvai che sono sette. Questa Inter non è proprio bella, ma chi se ne frega! Al Dall'Ara piove, il Gilardino rossoblu ha i capelli come Don Johnson in Miami Vice, mentre Cambiasso i capelli non li ha proprio ma ci fa sognare lo stesso. Per il Cuchu è gol con tocco da sotto e terzo assist in campionato. Procediamo però con calma. Nella domenica che consacra il ritorno della “Rubentus” a Catania, l'Inter di Strama è una squadra tutta attese e ripartenze, Palacio è l'arma in più e l'assist a Milito ne è la conferma; Juan Jesus cresce e convince, mentre Ranocchia segna pure… E' presto per fare qualche pensierino alla corsa scudetto o per affrettarsi in paragoni scomodi, ma questa Inter con un 3-5-2 mobile capace di diventare un 4-4-2 in salsa Mourinho, richiama i fasti della formazione del triplete. Certo, non è un gran bel vedere tutto questo gioco di attesa, ma è sempre meglio che prendersi rischi inutili e se i risultati sono questi, avanti tutta. Steso il Bologna ora l'occhio del serpente punta la Samp, anche se all'orizzonte c'è la Juve di sabato. Avanti con il turn over!
Francesco Cremonesi  


QUI TORO

In una giornata balorda come questa, fossimo stata una squadra a righe, la caduta di Sansone in area ci avrebbe portato il rigore e probabilmente adesso commenteremmo altro. Ma siamo il Toro, e l'arbitro non solo non ci ha dato il penalty, ma ha pure esagerato, espellendo il nostro attaccante. E lì siamo crollati, se mai siamo stati in piedi. Insomma, prendere tre gol in casa dal Parma non ci sta, non ci sta proprio. E se rimanere in dieci può essere stata la mazzata, prima non è che avessimo fatto tanto. Passi per il 4-4-2 di partenza, ma Ventura non può lasciare Bianchi, l'unico, piaccia o no, che la sa mettere dentro, in panchina. Questa squadra costruisce poco e male, finalizza ancora meno e non segna. Se escludiamo le partite col Pescara e l'Atalanta, dove tutto, troppo, ci è andato dritto, abbiamo segnato solo a Genova (rigore con la Samp) e nel recupero col Parma dopo averne presi tre. E ancora, giochiamo meglio fuori casa, dove siamo ancora imbattuti visto che non dobbiamo fare la partita e dobbiamo semplicemente difenderci, che all'Olimpico, dove per ben tre volte su cinque siamo andati ko. I numeri parlano chiaro, e aspettando il mercato di riparazione per vedere di trovare un attaccante, san Ventura pensaci tu, qua ci vuole qualche magia tattica. Ma non ci toccare Rolandone. E speriamo che Ogbonna torni presto a dirigere la difesa, che oggi l'altro santo, Gillet, i miracoli li ha fatti finché ha potuto...
Domenico Catagnano

QUI FIORENTINA
Abbiamo vinto, ma oggi è una brutta giornata. Dopo i fatti di Catania, la terna arbitrale ha commesso degli errori imperdonabili anche al Franchi. Il goal annullato per fuorigioco della Lazio era regolare, lo sappiamo tutti ed è l'ombra su una giornata che poteva essere meravigliosa. Se, al 90°, la partita fosse finita in pareggio e con gli organici al completo in campo, la mia coscienza di tifoso sarebbe stata un po' più pulita. Siamo forti. Non abbiamo bisogno di favori arbitrali e, visti anche gli stracci che sono volati tra Della Valle e Agnelli, in settimana, non possiamo permetterci sospetti sulle nostre vittorie.
Francesco Piccinelli Casagrande

LE VOCI DALLA OTTAVA GIORNATA

QUI ROMA
Finalmente! Questo è lo Zeman che ci piace! Matto ok, ma nel verso giusto... Un occhio alla tv, uno al computer... Dura è la vita della tifosa lavoratrice: in redazione fino all'una di notte, un orecchio a Premium e uno al telefono, c'è da parlare coi colleghi per domani... E vai! Totti, doppio Osvaldo, Lamela... Va bè, forse non è il caso di esaltarsi tanto per una vittoria fuori casa col Genoa... Ma di questi tempi magri, tre punti in trasferta sono un regalo divino. Tra uno squillo e l'altro del telefono, riesco a sentire anche il suono più bello: triplice fischio!!! E la notte al lavoro sembra improvvisamente più bella.
Alba Maiolini

QUI FIORENTINA
L'arbitro non può essere un alibi. La Fiorentina di oggi non ha funzionato e prendersela con Guida (decisamente non all'altezza) non ci porterà i tre punti. Le prime quattro scappano. Noi siamo fermi lì, al palo e non possiamo accontentarci di una Fiorentina formato provinciale. Non ho ancora cominciato a sparare a zero contro Montella e spero di non essere costretto a farlo da domenica prossima. A parte la mia frustrazione da tifoso viola, spero sia chiara una cosa: da qui in poi, vietato sbagliare. 
Francesco Piccinelli Casagrande

QUI INTER
In uno dei rari pomeriggi domenicali di calcio per noi interisti, una partita da manuale: 2 a 0, un gol per tempo, divertimento quanto basta, sofferenza da nerazzurri, campo di San Siro decente. E un segnale al campionato: noi ci siamo. Stiamo appiccicati a quelli lì in alto, non molliamo. La Pazza Inter al momento è quella che ci piace di più, cinica, scanzonata, a immagine di Strama, nuovo idolo della curva, un bel po' fortunata, dobbiamo ammetterlo. Prima la Fiorentina, poi i cugini, e oggi questa partita che non era affatto semplice. Tre vittorie che danno morale, che allungano la striscia. Non sarà facile, ma noi ci proveremo, oggi ne ho avuto la certezza. Fino a quando ci saranno le guasconate di Cassano, finché il Dio del pallone ci conserva il capitano (a prescindere) , il Cuchu (Cambiasso) mette quei palloni lì in area, Ranocchia fa finalmente quello per cui è pagato e la dea benda anche gli occhi dell'arbitro (…ammettiamolo con Strama, quel rigore per il Catania c'era tutto), beh fino ad allora è lecito sperare. In fondo anche quelli lì in alto prima o poi potrebbero sbagliare. O no?
Lella Confalonieri

QUI JUVE
Lo ammetto: prima di scarabocchiare queste poche righe per il nostro appuntamento settimanale “Voci dalla curva”, ho avuto la possibilità di sbirciare quanto scritto dalla sportivissima - detto senza ironia - collega Ida Barone. Ebbene sì: per chi, come il sottoscritto, era allo Juventus Stadium per il primo big match della stagione - il derby di Milano, ormai, è una partita che vale tre punti (e basta) - la vera goduria è stata cantare “O'surdato nammurato” a squarciagola dal minuto 80 al minuto 93. Una breve interruzione, al minuto 82, per festeggiare degnamente il primo gol in bianconero di Paul Pogba, un ragazzino classe '93 che, immaginiamo, nella Juventus giocherà (e vincerà) per molti anni (non troppi, visto che il suo procuratore è il simpaticissimo Mino Raiola).
Juventus-Napoli, 2-0, senza discussioni (vero, Mazzarri?) è finita in archivio lasciando quel retrogusto di superiorità che tanto piace agli juventini. Non solo non si batte, questa squadra; con questa squadra, contro questa squadra, è persino difficile, molto difficile, riuscire a pareggiare. Nelle ultime diciassette partite ci sono riuscite solo Fiorentina (giocando alla grande) e Lecce (senza la ‘paperissima' di Buffon saremmo ancora lì ad aspettare una palla diretta verso la porta bianconera).
Contro il Napoli sono stati decisivi i panchinari, si è detto. Vero, anche se non dovrebbe essere necessario ricordare che giocatori come Caceres e Pogba sarebbero titolari quasi ovunque (Europa compresa). La squadra titolare non è inferiore a nessuno, in Italia; la squadra “riserve” è decisamente superiore a chiunque, in Italia. Di questo si renderanno conto tutti, pure il Napoli di Mazzarri che per diverse settimane ha fatto la voce grossa senza sapere cosa stesse dicendo. La Juve (di Conte, dobbiamo ricordarlo) è di un'altra categoria. Ha tre o quattro campioni veri, una decina di ottimi calciatori, sette-otto buonissimi giocatori, un super allenatore, un fantastico staff tecnico e un grande preparatore atletico. Gli avversari si adeguino e la smettano di fare i piangina. Altrimenti il risveglio è duro da digerire (vero, Mazzarri?).
Ps. Questa volta non c'era una premiazione da disertare e, così, a fare le veci di De Laurentiis, in quanto a sportività, ci hanno pensato i tifosi partenopei che hanno letteralmente distrutto parti dello Juventus Stadium. Chiamiamola invidia, per una volta…
Alberto Catalano

QUI TORO
San Gillet, prega per noi. Se è vero che per avere una squadra vincente bisogna avere un ottimo portiere e un attaccante di razza, beh, noi siamo a metà strada: fra i pali non abbiamo un numero uno, ma “il” numero uno. Un fuoriclasse. E così, grazie anche alla collaborazione del piede svirgolato di Ilicic, a Palermo ci siamo salvati. Non abbiamo subito gol nonostante l'assenza dei tre titolari fissi della difesa (Ogbonna, Glik e Darmian). Non è stata una bella partita, però. Non è stata nemmeno una partita da Toro. Un po' stucchevole, mai arrembante, poche azioni, tiri in porta quasi nessuno. Capitan Bianchi (che Dio e Cairo ce lo conservino) è troppo solo, Cerci quando gioca così è irritante, Meggiorini non è un giocatore da serie A, Sgrigna forse neppure (che rabbia quando ha fatto trenta metri all'indietro, poi ha perso palla e non s'è nemmeno messo a inseguire l'avversario che gliel'aveva fregata…). Che ci resta dopo questa partita? Un punto in più in classifica e la certezza di avere un altro Giaguaro in porta. Non è poco, ma forse non basta
Mario Giordano

Ma no, non era il Toro quello visto al Barbera. Del resto, avete visto che maglia indossava? Da dove spunta quell'azzurrino? No, no, non può essere il Toro una squadra che subisce così, che solo a sprazzi si ricorda di come si gioca a calcio e che rinuncia tanto, troppo. Il problema più evidente di questa squadra, si sapeva, sta davanti. Rolandone si agita, si muove, conclude quel che può ma non ha una spalla valida. Dai Ventura, un po' di coraggio. Proviamo in qualche maniera ad affiancargli quel Sansone che non sarà un fenomeno ma l'anno scorso di gol ne ha fatti una ventina? O azzardiamo questo giovane Diop che scalpita e di cui si parla gran bene? Dietro invece sembra che le cose vadano alla grande, la difesa ha preso solo cinque gol in otto partite e sembra tenere.  Gran merito va a Gillet, che è portiere vero. L'unico a cui dire grazie per il punto preso a Palermo. L'unico, non a caso, a non sfoggiare quell'orrendo completino azzurrino.
Domenico Catagnano

QUI MILAN
È inutile fingere che si tratti di una crisi come altre nella lunga e gloriosa storia, 113 anni, del Milan. Questa è una di quelle crisi che giornalisti, analisti e commentatori definiscono "epocali". È evidente, infatti, che qualcosa di profondo e decisivo sta cambiando. Il Milan sembra aver perso l'anima. Ecco la ragione principale di questo terribile inizio di campionato. Perde, insomma, perché il suo "vecchio cuore", tanto amato dai tifosi, sempre e comunque, anche quando i Rossoneri giocavano in serie B e tuttavia riempivano San Siro, perché, insomma, quella sua superba anima impastata di orgoglio e fedeltà - avete presente Paolo Maldini? - si è persa, disorientata nei labirinti finanziari e politici degli ultimi anni. Forse, semplicemente, la storia del Milan deve cambiare ma non ci riesce. Ammettiamolo, è una questione di proprietà, di una proprietà che cerca di fare il suo lavoro ma non sembra più veramente, profondamente interessata alla squadra. Se le cose stanno così c'è un solo modo per uscirne: Berlusconi venda il Milan. Lo venda a chi davvero lo ama, non a uno sceicco o a un magnate russo. Lo venda ai suoi tifosi, facciamone una società a capitale diffuso gestita da manager competenti e appassionati. Un progetto folle, utopistico? Può darsi, ma siamo abbastanza per farcela.
Carlo Maria Lomartire

Sette punti in otto partite: calcolate la media, inferiore all'unità, moltiplicatela per le 30 gare mancanti e otterrete un prodotto inferiore ai 40 punticini che, per definizione e storia recente del campionato, servono per tagliare il traguardo della permanenza in Serie A. Hai un bel dire ma no, ma figurati, è fantacalcio, siamo il Milan, è una crisi tremenda ma presto se ne esce e via Allegreggiando. La paura fa 90 minuti più recupero, senza le penalizzazioni di Atalanta e Siena l'ultimo posto - ultimo - sarebbe lì, a un passettino. La situazione è grave, ma non seria: lo testimoniano certe parole del mister a fine partita. Capiamo la necessità, l'obbligo di mantenere almeno pubblicamente la calma, di cercare il buono dove il buono non c'è, specie davanti a un microfono. Ma dire, tra le varie cose, che "comunque abbiamo fatto due gol in trasferta" è il virtuale quarto gol della Lazio nella rete ormai sguarnita del tifoso che, travestendosi come d'uopo da mister, guarda questa squadra e propone mille soluzioni diverse: giocare con due punte vere, fare fuori Boateng dalla trequarti o dal campo in generale, centrocampo a due, centrocampo a tre, Montolivo dietro le punte, difesa a tre con Abate e De Sciglio a coprire l'intera fascia e crossare un filino di più. Un caleidoscopio di medicine che fa capire soprattutto una cosa: che il malato Milan, per salvarsi, andrebbe operato, e d'urgenza. Altro che medicine. Primo posto in sala operatoria a gennaio, quando riapre il mercato: non resta che sperare nel chirurgo Berlusconi e in una seguente terapia tecnica efficace, ma efficace di brutto. Per ora, la prognosi è sempre più riservata, riservatissima.
Andrea Saronni

Ben gli stia a Galliani & C... Troppo presuntuosi e sfacciati nel pensare che smembrando una squadra non ci sarebbero state ripercussioni... La spina dorsale del Milan doveva essere la seguente: Thiago - Pirlo - Kaka - Ibra, fatto questo in questi anni avresti potuto vendere tutto il resto della squadra, inserendo attorno a questi campioni, giovani del vivaio.... Un tifoso ferito!
Claudio Miccichè

QUI NAPOLI

Sarebbe stato troppo bello conquistare il primo posto in classifica e spezzare l'imbattibilità della Juve in un solo match. Invece è finita con la curva bianconera che cantava "O' surdato nammurato" in segno di sfottò. Il Napoli è stato svegliato dal suo sogno negli ultimi dieci minuti. Prima su calcio piazzato con Caceres pronto a metterla dentro di testa, mannaggia... Poi, quando ci si aspettava una reazione, il secondo schiaffo di Pogba. Due panchinari, appena entrati, sono riusciti in quello quello che nè Quagliarella, nè Giovinco sono stati capaci di fare. La bella addormentata partenopea non ha trovato un principe azzurro capace di portarla in vetta. Il Matador ha sfiorato il goal nel primo tempo: punizione da antologia all'incrocio dei pali. Il legno trema, lo Juventus stadium pure. Ma fino all'80' in realtà sono state state poche le occasioni dall'una e dall'altra parte. Solo il commissario Ricciardi, nato dalla penna di un tifoso doc, avrebbe visto fin dal principio un cadavere in campo: Maggio. E solo lui potrebbe risolvere il mistero dei cambi tardivi di Mazzarri. Perché Insigne deve giocare solo scampoli di partita?
Ida Barone

LE VOCI DALLA SETTIMA GIORNATA

QUI INTER
Attaccarsi all'arbitro per recriminare il risultato di un derby è cosa da non fare. Significa essere alla frutta. Non è bastato lasciare l'Inter in 10 per tutto il secondo tempo , bisogna anche piangere per un gol di Montolivo segnato a gioco fermo. Fallo o meno su Handanovic , il gioco era fermo, ergo zitti e mosca. Cari cugini siete a -12 dalla vetta, cos'altro aggiungere? Basta parlare delle disgrazie altrui e veniamo a casa Inter. Passata la sbornia della vittoria, resta l'amaro per non aver asfaltato un Milan che, in meno di un quarto d'ora dal fischio d'inizio, poteva essere condannato a subire una goleada. Mannaggia al Principe! Prima di ringraziare Abbiati per l'assist, avresti dovuto sbatterla dentro. Sarebbe stata tutta un'altra storia. Vuoi l'inferiorità numerica, piuttosto che il Dna di una squadra di stranieri che giocano all'italiana, resta il buio di un secondo tempo gestito da “catenacciari”. Vabbè, urrà per il Cambiasso da libero davanti alla difesa , urrà per Ranocchia che ricorda Picchi, urrà anche per saracinesca Handanovic e ovazione per l'ariete Samuel. Indigesto solo il sushi di Nagatomo.
Francesco Cremonesi


QUI FIORENTINA
Ve l'avevo detto. Non era a San Siro che dovevamo trovare i punti per l'Europa. L'Inter delle ultime due giornate di campionato non è, oggettivamente, alla nostra portata. Ma il Bologna, certo che lo è. Il risultato del Franchi è bugiardo. L'uno a zero ci sta stretto, ma la strada per l'Europa League, ormai, l'abbiamo imboccata e questo è quello che conta di più. Solo un consiglio all'attacco viola: fate più goal, per favore, noi tifosi non possiamo arrivare al 90° di ogni partita sudati come se fossimo stati noi a scendere in campo! Scherzi a parte, impariamo, davvero, a chiudere le partite e ad essere più concreti. E' l'unico modo per trasformare in realtà i nostri sogni di alta classifica.
Francesco Piccinelli Casagrande
twitter: @Ildiserbante
 

QUI NAPOLI
Per la terza settimana consecutiva il Napoli è primo in classifica, ma quanta sofferenza! 2-1 contro un'Udinese da battere a tutti i costi o sarebbe stato processo a Mazzarri. E invece niente recriminazioni, anzi, la festa continua. A sbloccare la gara un tacco sublime di Cavani, che permette l'assist di Maggio e la rete di Hamsik. Poi Pandev manda i tifosi a ripetizione di matematica col classico "goal sbagliato, goal subito". Pareggio chock. Sempre il macedone, liberatosi dei taralli sugna e pepe che gli imbrigliavano le caviglie, trova il riscatto: piroetta come un etoile e supera Brkic qualche attimo prima dell'intervallo. Il raddoppio ingentilisce solo di poco il cazziatone del mister negli spogliatoi. Vietate le distrazioni. Nel secondo tempo Fuorigrotta trema: guizzi di Insigne alternati a incursioni bianconere, una punizione alta del Matador e ancora brividi sotto la porta di De Sanctis. Il triplice fischio è una liberazione. I motorini sciamano impazziti lungo viale Augusto, schizzano verso gli chalet a Mergellina o per una pizza al Vomero. Che domenica! Nel pomeriggio, sotto il Vesuvio si sognava addirittura la fuga solitaria. Era un ex, Calaiò, ad accendere la speranza. Breve illusione. La Juve rimontava sul Siena e vinceva. Mentre la pressione sui partenopei pesava più di un casatiello a Pasquetta. Al San Paolo si scontravano due reduci dall'impegno in Europaleague. I friulani sono arrivati carichi dopo il trionfo in trasferta sul Liverpool con la formazione titolare, mentre gli azzurri dovevano digerire lo "scuorno" del 3-0 con il Psv. A Eindhoven aveva giocato la squadra B (turn over spinto) per evitare la dispersione di energie della passata stagione il cui esito fa tuttora male: eliminazione agli ottavi in Champions, quinto posto in campionato con conseguente esclusione dalla Coppa dei campioni. Il Napoli A, insomma, era obbligato a vincere con gli uomini di Guidolin per dimostrare la bontà della nuova strategia. E' andata bene. E ora avanti così, con cazzimm'! Ché i ciucci tengono la capa tosta più delle zebre
Ida Barone

QUI MILAN
Mancava un ultimo indizio per comporre la prova, è arrivato: il maltrattamento arbitrale. Ora si può certificare che il Milan è diventato un piccolo Diavolo. Per la terza volta consecutiva, giriamo i tacchi e usciamo da San Siro rossonerazzurro mentre dall'altra parte cantano, sfottono, il solito menu. Stavolta ancora più indigesto, perché non avere fatto risultato contro questa Inter a sua volta da discount, non essere riusciti a buttare dentro uno straccio di pallone anche al netto della creatività di Valeri è un evento da raccontare tra qualche anno ai rossoneri più giovani, augurandoci che nel frattempo il Milan abbia rimesso insieme un quadro tecnico degno della sua storia. Perché il primo, pesantissimo indizio del ridimensionamento è e rimane la tristissima collezione autunno-inverno a disposizione di Allegri, che poi - vedi nervosismo in tempo zero, scelte iniziali, cambi - non rinuncia a metterci pure lui lo zampino. Sia chiaro che non siamo per nulla d'accordo su un siluramento di "Acciuga" come panacea dei troppi mali: qui, più che Guardiola, ci vorrebbe Cagliostro, la pietra filosofale. Ma da adesso, dalla pausa in giù, serve coraggio, quello di cambiare delle idee, di fare qualche vittima eccellente, di alzare bandiera bianca di fronte a certe convinzioni ormai marce. Boateng, ammesso e non concesso che abbia ancora intenzione di essere un calciatore importante, non è più proponibile come trequartista, ruolo dove servono piedi raffinati e soprattutto testa; vicino a Montolivo (forse il migliore del derby) ci vuole qualcuno che si butti dentro, che abbia il coraggio di una verticalizzazione: l'opposto di De Jong, insomma. Fuori anche chi ha costantemente paura di saltare davanti ad Abbiati (sull'orlo del collasso, e nei primi 10' l'abbiamo visto), di rovinarsi la cresta o le meches, perché non è possibile pensare male - e azzeccarci, perché il gol arriva puntuale - ogni volta che qualcuno si appresta a fare crossettini appena appena decenti dalla trequarti. "Chi non salta è rossonero", ci hanno ancora cantato dalla Curva Nord: più che una presa per i fondelli, in questo caso, una perfetta analisi tecnica.
Andrea Saronni
twitter: @andysaro

 

QUI JUVENTUS
Gli scudetti si vincono anche così, soffrendo fino a cinque minuti dalla fine contro un Siena che per 45 minuti non ha passato il centrocampo ma l'unica volta che l'ha fatto ha quasi segnato. La Juve rimane prima in classifica, imbattuta da 46 partite consecutive e con sei vittorie nelle prime sette gare della stagione. Numeri impietosi anche se Buffon e compagni non sembrano ancora la gioiosa macchina da guerra dell'anno scorso. Bisogna farsene una ragione: non siamo più una sorpresa come dodici mesi fa e finora abbiamo giocato ogni tre giorni. A maggio la vittoria di Siena sarà una di quelle pesanti perché arrivata in un periodo dove la Juve non gioca benissimo ma concretizza. Per il bel gioco e la manovra avvolgente c'è tempo, per i tre punti no. Rispettato quindi l'imperativo di vincere e lasciare agli altri il compito di fare le pulci. Quello che va è sin troppo chiaro: il centrocampo non teme paragoni. I tre tenori Marchisio-Pirlo-Vidal sono l'anima della squadra. La difesa invece, con o senza Bonucci, non sembra ancora granitica. Soprattutto il Lichtsteneir di questi tempi non è una certezza né in copertura né davanti. Lucio, Isla e Caceres possono scalpitare. A sinistra passo indietro di De Ceglie. In attacco giornata no di Mirko Vucinic, sempre titolare finora. Contro il Siena a sprazzi si è visto un buon Giovinco ma il dubbio resta il solito: chi al fianco di Mirko? E ancora: Bendter, comprato in dirittura di mercato, non è in grado ancora di giocare almeno un tempo in Serie A? Ma non uniamoci al coro dei gufi: siamo sempre primi in classifica e guardiamo senza paura al prossimo Juve-Napoli
Sauro Legramandi
@sauro71
 
QUI TORO

Avete presente quando uno si risveglia il giorno dopo una solenne ubriacatura? Ecco, la sensazione è questa. La sbornia atalantina ha portato al day after cagliaritano, e son dolori, sì che son dolori. C'entra poco pure la jella in questa sconfitta casalinga con una squadra ultima in classifica che fino a sette giorni fa era a pezzi. Al massimo c'entra un arbitro che due volte su due ci ha penalizzato: ha dato al Cagliari un rigore dubbio e ha annullato a Bianchi il gol del pari su fuorigioco da rivedere alla moviola. Però che noia questo Toro! Pupetto Cerci era partito bene, trotterellante e sgroppante, ma poi via via si è impigrito. Il gioco sulle fasce ha funzionato poco. La difesa ha ballato un po' troppo e Nenè e Ibarbo a tratti sembravano la coppia d'attacco del Barcellona. Alla fine il migliore è stato Gillet, e questo la dice lunga. Forse un pareggio sarebbe stato più giusto, ma se una squadra doveva vincere, e lo diciamo a denti stretti, questa doveva essere proprio questo arrabbiato Cagliari. E per il momento addio, sogni di gloria. Bentornato sulla terra, Toro.
Domenico Catagnano

QUI ATALANTA
 
Ragazzi stiamo attenti: la sconfitta di Roma è un bruttissimo segno. Noi siamo l'Atalanta, dobbiamo salvarci e fare legna ovunque e con chiunque. Dobbiamo giocare con il coltello tra i denti e guardarci solo le spalle. Dobbiamo giocare da Atalanta, non da una provinciale qualsiasi. Non possiamo andare all'Olimpico davanti a una Roma sull'orlo di una crisi di nervi e graziarla tre volte in un quarto d'ora. La Juve in un quarto d'ora aveva demolito Zeman, noi avremmo potuto almeno spaventarlo. Denis, trascinatore l'anno scorso, invece ci ha affossato oggi: nessuno può permettersi di non passare quel pallone a tu per tu davanti a Stekelenburg. Nessuno. Palle gol così nitide capitano di rado e non possiamo lasciarle andare. Questo Denis auto-referenziale non fa gioco a Colantuono, visto e considerato che la difesa fa tanta fatica (11 gol presi, solo il Pescara ha fatto peggio) e prima o poi un gol lo prendi, soprattutto se giochi davanti a Totti, Lamela e Destro. E la difesa è stata il punto fermo della salvezza facile dello scorso anno, iniziato con 6 punti di penalizzazine. Difesa più Denis: ecco come ci siamo salvati dodici mesi fa. Adesso di certezze non ve ne sono, eccezion fatta per Cigarini in mezzo al campo e el Tanque giocoforza al centro dell'attacco. Schelotto mai visto spento, Cazzola fatica tanto come titolare in serie A, De Luca e Maxi non trovano il guizzo giusto al momento giusto. La difesa titolare non si è ancora vista in sette partite. In compenso non si capiscono gli acquisti di Troisi e Parra. Dai… tra quindici giorni in casa col Siena torniamo ad essere la vera Atalanta !
Giacomo Perego

QUI PALERMO
Una sconfitta, una vittoria e ora un pari. Il Palermo di Gasperini comincia a prendere forma, lo spettro della serie B si allontana. Il punto rimediato al Ferraris è ora colato, ma inutile nascondere che dopo la tripletta di Miccoli con il Chievo ci aspettavamo il bis. Invece Fabrizio con il Genoa è stato la brutta copia di sè stesso. Accontentiamoci di Giorgi: due gol in due partite. In attesa di ritrovare Hernandez e di scoprire Dybala attacchiamoci a questi due e quell'Ilicic che finalmente è tornato a giocare ai suoi livelli.
Niccolò Mazzara

 

LE VOCI DALLA SESTA GIORNATA

QUI MILAN
Adesso che abbiamo pure visto l'Inter vincere a San Siro, battere - e bene - una delle migliori squadre del campionato, Cassano toreare la Viola manco fosse alla Plaza de Toros Monumental di Barcellona, ci sentiamo tremendamente soli. Sì, vabbé, la Roma, bella consolazione e in ogni caso, classifica alla mano, il contestatissimo Zeman sta un punticino sopra, mentre alla nostra stessa riga si legge la parola "Pescara". La cosa che seriamente abbatte e che questo miserrimo primo parziale di campionato viene dopo un ciclo di partite super-abbordabili: a fine luglio, sfornati i calendari e visto questo avvio apparentemente supersoft come una carta igienica di qualità, non sembrava presuntuoso attribuirsi un bottino di 14-15 punti, che oggi ci farebbe stare lì dalle parti di Madama e sopra gli Stramaccioni. Ora, invece, ecco i primi esamini mica da ridere, lo Zenit prima, l'Inter poi. Un rovescio del derby, ancora prima di quello in una Champions in cui nessun milanista-realista crede, potrebbe davvero spaccare in due la navicella rossonera. E farci sentire ancora più soli.
Andrea Saronni


QUI FIORENTINA

Noi tifosi viola abbiamo il brutto vizio di piangerci addosso per ogni difficoltà. Stasera, sarebbe l'occasione perfetta per cominciare, anche quest'anno, la litania sulle cose che non vanno, su Montella troppo giovane, sui Della Valle che hanno comprato Toni e, magari, sul sistema che ha concesso un rigore (che, tra l'altro, c'era). Certo, la frustrazione è tanta. Vedere una squadra che se la gioca alla pari con l'Inter in trasferta e, poi, si perde nelle sue ingenuità (vedi l'espulsione di Gonzalo Rodriguez) è frustrante. L'imperativo, però, è non piangerci addosso, avere fiducia nella nostra squadra, sapendo che l'Europa League 2013-2014 è lì ad aspettarci e che non è a San Siro che dobbiamo cercare i punti per raggiungerla. Solo una domanda, alla fine: ma l'Inter, doveva, per forza, sbloccarsi a San Siro proprio contro di noi?
Francesco Piccinelli Casagrande

QUI ATALANTA
Che Caporetto ragazzi: perdere 5-1 in casa contro il Torino non farà dormire più di un un tifoso dell'Atalanta. Attacco spuntato, difesa rabberciata e centrocampo senza alternative. Questa e' l'Atalanta di settembre di Colantuono. Nessuna giustificazione e' plausibile per chi prende quattro gol in una manciata di minuti contro una squadra normale, in casa e in una gara dominata fino all'intervallo. Un gol, tre occasioni nitide e due traverse su calci di punizione non lasciavano prevedere un 5-1 nella ripresa. Non illudiamoci pero': salvarsi sarà dura. Denis e' come Ganz, segna sempre e solo lui. De Luca e Maxi son troppo leggeri per giocare assieme, il Ciga predica nel deserto, Schelotto e Bonaventura  non carburano. La difesa titolare praticamente non s'è capito quale sia. Ma visto da fuori il problema e' un altro: manca la cattiveria e l'agonismo di una squadra che deve salvarsi. Se non si recupera quella, perderemo e soffriremo tanto.
Giacomo Perego

QUI TORO
Ah che bellezza quando Sorella Sfiga sceglie di passare una domenica al mare. Stavolta i pali li prendono gli altri, ad attaccare a testa bassa e a concludere poco e niente sono gli altri, e il partitone lo facciamo noi. Che Toro, ragazzi! Cinque gol fuori casa, roba da andare a spulciare gli almanacchi, addirittura uno in più dei cuginastri che si divertono a fare la voce grossa ma che ci temono, sì che ci temono. E chi se lo sarebbe aspettato dopo un primo tempo moscio e un inizio di ripresa sulla difensiva? Invece il libidinoso Ventura aveva visto giusto: facciamoli sfogare, questi atalantini, poi si vedrà. E allora, dopo un rigorino giusto giusto (ce ne dovevano dare un altro prima, ma chi ha il coraggio di recriminare?) che ci ha riportato alla parità, si è visto il Toro che piace a lui, arioso sulle fasce, arrembante, penetrante, concreto. Su tutti il pupotto Cerci, core de Roma e cuore Toro ai primi vagiti. Che sgroppate, che assist! Se tiene la testa a posto, sarà quello che può fare la differenza. E bravo anche Rolandone capitano, bravo pure Angelo Obinze, bravi Sgrigna, Stevanovic e Gillet, bravi tutti insomma. Sono andati a segno pure Gazzi (di nuca!) e D'Ambrosio, e quando ci ricapita più? Godiamoci la parte sinistra della classifica, godiamoci questo match da incorniciare e godiamoci una squadra che, finalmente, gioca. Con la speranza che Sorella Sfiga ami le gite fuoriporta e ci lasci in pace nei weekend. Intanto, fratelli granata, scambiamoci un gimme five. All right!
Domenico Catagnano (che un giorno potrà dire: "io c'ero")

QUI GENOA
Reduci da una delle più brutte partite del dopoguerra, consoliamoci: di buono c'è un punticino su un campo difficile come quello di Udine e la seconda trasferta di fila senza gol subiti (solo uno nelle ultime tre gare). Per il resto, il vuoto assoluto. Di idee, di gioco e soprattutto di personalità. Davanti a un avversario rabberciato e autolesionista, fuori Di Natale per scelta tecnica, assente anche Basta, il Grifone ha totalizzato la bellezza di due mezzi tiri verso la porta. I guantoni Brkic sono rimasti immacolati. Difficile gettare la croce sul duo Borriello-Immobile, lasciati soli come particelle di sodio nella famosa acqua a lottare su palloni impossibili scagliati da difensori dai piedi non certo educati come Granqvist, Canini, Moretti o Sampirisi. Certo le attenuanti non mancano: perdere tre giocatori per infortunio (Seymour, Sampirisi e Kucka) significa rinunciare a qualsiasi cambio tattico e infliggere ai tifosi spettacoli come la visione per novanta minuti più recupero di uno spaesato Bertolacci. A proposito del talentino ex Lecce: se la qualità e la differenza deve farla lui, poveri noi. Jorquera, intanto, per il secondo anno consecutivo fa la muffa in panchina. E senza Jankovic e Vargas, l'imprevedibilità della nostra manovra offensiva è pari alla suspance di una puntata della Signora in Giallo: qualcuno morirà, la signora Fletcher scoprirà il colpevole. E i colpevoli, per questo Genoa modesto come non mai, non mancano. I nomi metteteli voi: per una volta, però, tenete fuori i tifosi dai soliti sospetti.
Gian Luca Rocco

QUI ROMA
Non si può commentare una partita che non c'è' stata. In campo, e' entrata solo la Juventus, la Roma e' rimasta nello spogliatoio. Dopo 15 minuti, e' tutto finito. La Juventus di oggi e' inarrivabile per questa Roma. Una figura bruttissima per una squadra che si propone di fare un campionato di vertice. Ora, dopo Torino, e' giusto riconoscere che per lo scudetto la Roma di Zeman non c'è'. Però' con l'organico che si ritrova, una lotta per i primi posti fino alla fine e' obbligatoria. In questo senso, il campanello d'allarme di sabato e' ancora più forte di quelo squillato contro Bologna e Sampdoria. Tutti gli opinionisti e i critici hanno messo l'accento su Zeman e la sua tattica. Fa comodo perché il boemo ha commesso il peccato originale: la denuncia dell'eccesso di farmaci nello sport agonistico e il fatto che una certa Juventus ne facesse uso smodato. Questa verità, provata in un processo con tanto di condanne, disturba popolo e dirigenza bianconera . Ma non c'entra con il gioco della Roma: sarebbe giusto ricordarlo a giornalisti e commentatori che ricordano " le polemiche di Zeman", senza mai specificare il contenuto. Da quelle osservazioni nasce l'ostilita' contro il Boemo. È su di lui si polarizza la critica, lasciando fuori i giocatori. I quali , invece, sono molto indietro nel cambiare gioco, dopo un anno di inutile gioco orizzontale di Luis Enrique e due anni precedenti di non-allenamenti con Ranieri. La strada e' lunga, ma in difesa troppi giocatori sono scarsi o tropo giovani, o troppo vecchi. Al momento, si può sorridere per Castan e probabilmente per Marquinhos, se giocasse centrale e titolare. Burdisso e Taddei sono esperti rincalzi, Piris e Dodo' non sono inseriti, Balzaretti non può fare la differenza e Stekelenburg e' diventato un problema. Forse era meglio venderlo, che tenerlo così.adesso le prossime partite diventano molto serie, anche per il rapporto con i tifosi.
Paolo Liguori

QUI JUVE
Dalle stalle alle stelle. Da una delle peggiori Juve dell'era Conte (quella messa sotto martedì a Firenze) a un primo tempo contro la Roma da mostrare alla scuola calcio. Contro una squadra troppo brutta per essere quella vera, i bianconeri sono tornati l'armata invincibile dello scorso anno. Marchisio, Pirlo e Vidal sembrano i tre tenori in mezzo al campo. I tre punti sono arrivati senza l'undici titolare (centrocampo a parte) segno forse che del top player si può anche fare a meno con un Vucinic così. De Ceglie, Caceres e Matri hanno dato il loro apporto: i primi hanno spinto fin quando era necessario, il secondo ha segnato un gol dopo mesi di astinenza e rabbia. Morale della favola: la Juve c'è, casomai qualcuno si fosse illuso dopo la prova opaca contro la Fiorentina. La squadra da battere è quella bianconera nonostante i tre impegni a settimana. Ovviamente Juve-Roma non è una partita come le altre. Zeman ha fatto dell'anti-juventinità una ragione di vita (professionale e non) e da buon pifferaio magico ha attirato dietro di sé milioni di anti-juventini. “Non è la mia Roma” il suo illuminato commento a fine gara. Per fortuna invece questa è la nostra Juve
Sauro Legramandi

 

LE VOCI DALLA QUINTA GIORNATA QUI TORO
Un palo, due traverse, tre legni. Maledizione, la nostra maledizione. Non c'è l'epopea di Amsterdam, non c'è la tragedia incombente che segna tutto il nostro passato: ma la sfiga è sempre lei. Onesta e quotidiana sfiga di routine. Guardi il Napoli di Cavani (bello, forte, imprendibile) e scopri che gli annullano un gol perché trovano mister Candido Klose e poi il tiro del centravanti viene deviato fortunosamente in porta. Guardi il Milan che nel momento più nero si becca l'espulsione a favore. Guardi le altre che, prima o poi, vengono sempre benedette da un episodio fortunata, una circostanza favorevole, un po' di sano e doveroso culo. Noi, invece, nulla. Mai. Noi solo la sfiga. Onesta e quotidiana, ordinaria sfiga di routine. Non c'è mai una volta che ci dica bene, mai una volta che gli dei del Pallone ci guardino con favore, mai un tiro che scheggia la caviglia dalla parte giusta. Siamo condannati alla malasorte, nelle grandi e nelle piccole cose. E per questo che siamo innamorati del granata. Perché sappiamo che ogni cosa per noi è conquistata contro il fato avverso. Ogni punto per noi vale mille volte di più.
Mario Giordano

QUI JUVE
Ammazza quanto ci credono. Non solo i tifosi del Napoli, ovvio. Tutti gli anti-juventini d'Italia (circa 40 milioni di cittadini sparsi per lo Stivale) stanno cercando un po' ovunque lo scotch (che, maledetto, non si trova mai quando serve) per appendere il poster di Edinson Cavani sopra il letto. E' l'uruguagio l'uomo dei sogni, l'attaccante in grado di schiantare la Lazio e di intimorire la Juventus. Almeno così credono tutti i tifosi “anti”. Sì, perché Cavani è un centravanti da 30 gol (vero), Mazzarri è un allenatore di buon livello (vero), e di ottimi giocatori nella squadra partenopea ce ne sono parecchi (vero anche questo). Per far paura a Conte, però, ci vuole altro. Almeno adesso. Perché il (vero) allenatore della Juve sa di avere “in canna” almeno 80 punti visto che l'anno scorso ne fece 84. Non c'erano le coppe, verissimo, ma nemmeno Asamoah, Isla, Giovinco, Lucio, Pogba e quella convinzione che, inevitabilmente, cresce con le vittorie. Può spaventare, quindi, una squadra che l'anno scorso di punti ne fece solo 61? No, non può spaventare. Non bisogna sottovalutarla, certo, ma di sicuro non bisogna temerla. Nonostante Cavani, state pronti, voi anti-juventini. Lo scotch lascia segni sulle pareti. Ne lascia eccome. Maledettissimo scotch.
Alberto Catalano

QUI INTER
Ahimé i cugini fanno meglio di noi e sfatano il tabù di S.Siro; noi confermiamo la nostra vocazione in trasferta e vinciamo sul Chievo. Forza ragazzi che al Meazza ci rifaremo presto se Strama, ;smette l'aria pseudo "mourignana" dell'eterno incazzato, ha un po' di pazienza e ci dà finalmente un po' di gioco. Perché mister, mi creda, non è questione di operai, provinciali o cassaintegrati del calcio, qui ci vuole passione per la pelota, ‘taca la bala' strama una volta per tutte come avrebbe detto Helenio!!! Eh sì, perché quest'anno non abbiamo i “fenomeni”, caro Strama, e in mancanza di Eto'o o Ibra bisogna fare come la juve e avere un progetto di squadra.  Perché con 9 del Siena in area di rigore non si va lontano se non si  costruisce gioco e guarda caso mi viene in mente proprio quel travé di Trappattoni recentemente evocato da Mondonico e che le ha procurato un attacco di itterizia in diretta.  Ma tant'è che va la gatta al lardo che ci perde lo “scarpino” se non si pone rimedio subito. Ieri sera buone ripartenze non hanno dissipato i dubbi sulle capacità di creare manovra, Milito troppo spesso gira a vuoto e non si gioca negli spazi senza palla. Troppi moduli e turn over: Strama eh dai…ci serve un nucleo coeso di giocatori ben affiatati in ogni reparto. Dimentichi lo Special One e si adatti a diventare un Normal One.
Francesco Mombelli