L'artista ospite questa settimana a Jazz Meeting
di Giancarlo BastianelliAmalia Gré © Ufficio stampa
Si intitola "Beige" il disco che segna il ritorno di Amalia Gré. La cantante dà alle stampe un lavoro fatto di cover, su tutte "Good Bye Pork Pie Hat" che è stato il singolo apripista dell'album. Il brano scritto da Charles Mingus e poi interpretato da Joni Mitchell che ne scrisse il testo, è stato magnificamente riadattato e interpretato da Amalia.
"Beige" è un disco che pur partendo dal jazz, amplia gli orizzonti di un'artista che nella sua carriera non si è mai specchiata in sé stessa, ma ha cercato un costante miglioramento. Incontriamo Amalia, gradita ospite di "Jazz Meeting", che ci parla così del suo "colpo di fulmine" per la musica di Joni Mitchell.
Si, ascoltai questo brano tanti anni fa suonato da un'orchestra in una edizione di "Umbria Jazz", rimasi colpita, crollai per l'emozione e dissi: "questo è il percorso che devo fare".
A quei tempi studiavo scenografia teatrale, ma quel concerto mi aiutò a capire quella che più avanti sarebbe stata la mia strada Poi, completati gli studi, mi spostai a Roma per fare la cantante di jazz
Per le persone della nostra generazione quel periodo fu importantissimo dal punto di vista della formazione musicale
Si, in quegli anni studiando a Perugia sia io che i miei amici frequentavamo spesso "Umbria Jazz", eravamo appassionati di musica, registravamo e ci scambiavamo le cassette, ascoltavamo in Radio programmi di culto come "Raistereonotte", eravamo avidi di conoscere cose nuove.
Prima ancora del jazz, la mia passione è stata la musica black con artisti come Earth, Wind And fire, Al Jarreau, George Benson, Barry White o Kool and Gang.
In "Beige" c'è "I'll Write a song for You" degli Earth Wind And Fire, che provavo da sola davanti allo specchio, che ho scelto di inserire proprio perché testimonia il mio attaccamento alla black music.
Perché hai scelto "Beige" non solo come titolo, ma anche come colore della copertina del disco?
Il "Beige" secondo me è un sinonimo di classico, come classico è anche il jazz, un territorio musicale dove possiamo trovare standard che risalgono a decenni fa, ma che potremmo riascoltare anche tra trent'anni provando le stesse sensazioni.
Il jazz però significa anche "casino" nel senso positivo del termine, ti consente di creare in qualsiasi momento, dando vita come accade in "Beige", a brani diversi uno dall'altro e che mi portano a mescolare più elementi: dall'elettronica, agli arrangiamenti più acustici.
"Beige" è però anche un disco che va oltre i confini del jazz
Avendo studiato jazz questo genere rappresenta per me una sorta di cuscino di appoggio, che mi consente di ampliare i miei orizzonti, posso usare l'elettronica ad esempio, ma il jazz rimane il mio punto di riferimento.
Posso dire che nel caso di "Beige" non volevo creare un disco che fosse soltanto jazz, ma che racchiudesse diversi elementi.
Progetti futuri?
Io amo il design, sono sempre alla ricerca del bello dagli oggetti che ho in casa, alle cose che creo come stilista.
Vorrei tornare a dipingere.
In campo musicale faremo molte date per promuovere "Beige", ma stiamo lavorando anche ad un album di inediti.