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Sciopero delle toghe, l'adesione si ferma al 48,4%

L'iniziativa contro la riforma del Csm e dell'ordinamento giudiziario, approvata dalla Camera e ora all'esame del Senato

L'Associazione nazionale magistrati rivede al ribasso l'adesione allo sciopero contro la riforma del Csm e dell'ordinamento giudiziario, approvata dalla Camera e ora all'esame del Senato: la media nazionale è stata del 48,45%.

"In un contesto generale non facile, c'è stato un livello di adesione all'astensione comunque importante", ha commentato il segretario dell'Anm Salvatore Casciaro. "Ciò dimostra come l'Associazione si sia fatta interprete autorevole del disagio e della preoccupazione reale di tanti magistrati. Ci sono ancora i tempi e gli spazi per modifiche migliorative del testo e spero ci sia anche la volontà delle forze politiche di confrontarsi per apportare i dovuti correttivi", ha sottolineato.

A 12 anni di distanza dall'ultima protesta, allora indetta per ragioni economiche, i magistrati tornano a incrociare le braccia.

 

Ma lo sciopero non paralizza affatto la giustizia. L'adesione a livello nazionale è stata, infatti,  di poco superiore al 48%, il che vuole dire che alla fine scioperano meno della metà dei magistrati in servizio. Una percentuale che impallidisce a fronte dell'80% raggiunto nel 2010, e del 68% del 2002 quando i giudici si mobilitarono contro la riforma dell'ordinamento giudiziario del ministro leghista Castelli.

 

Il risultato della mobilitazione non può non deludere il sindacato delle toghe, soprattutto visto che i primi dati parlavano invece di una partecipazione superiore al 60%. Tra le grandi città, Roma è sotto la media nazionale con il 38%, Milano è al 51, ma al tribunale del capoluogo lombardo il dato scende al 39. Sopra la media Napoli (53%), Palermo (58%), Reggio Calabria (53%), Salerno (54%) e Perugia (50%). Flop evidentissimo in Cassazione con il 23%.

 

In tutta Italia si sono tenute assemblee - A Milano c'è stata la manifestazione principale con la partecipazione del presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia. "Questa legge sarà pure compatibile, ma è poco conforme allo spirito della Costituzione" attacca, convinto che la riforma rischia di causare "un rallentamento della giustizia e punta a controllare" i giudici, irrigidendo l'organizzazione della magistratura e attraverso "l'accentramento dei poteri" nei vertici degli uffici giudiziari. Il leader del sindacato delle toghe chiarisce che lo sciopero più che "contro la ministra Cartabia" è rivolto contro gli emendamenti che sono stati introdotti in sede parlamentare "fortemente peggiorativi" del testo iniziale.

 

Lo scopo della mobilitazione è "cercare di aprire un tavolo": il messaggio alla politica è che "non siamo contrari alle riforme, a patto di fare qualche importante, significativo, aggiustamento" alla legge in discussione. Gli aspetti di correggere sono le norme sulle pagelle ai magistrati, i limiti al cambio di funzioni tra giudici e pm e i nuovi illeciti disciplinari.

 

L'Anm spera ancora in miglioramenti, anche il "realismo politico" fa pensare a "modifiche peggiorative". Inevitabili le reazioni alla protesta. Marca la distanza il vicepresidente del Csm David Ermini. Lo sciopero è legittimo, "ma io non l'avrei fatto", dice il numero due di Palazzo dei marescialli, auspicando che la riforma venga approvata. "Lo sciopero dei magistrati si sta rivelando un prevedibile flop. Ora il Parlamento vada avanti senza indugio", è l'invito di Enrico Costa (Azione), autore di alcuni degli emendamenti al centro della protesta dei magistrati. "È uno sciopero politico" per contestare le scelte del Parlamento", accusa la presidente dei senatori di Forza Italia Anna Maria Bernini. La riforma è "utile e potrà essere migliorata con il contributo di tutti", assicura Franco Mirabelli, vice presidente dei senatori del Pd.

 

Tace sullo sciopero la ministra Cartabia, che invece, rivolgendosi ai giovani dell'Istituto penitenziario minorile Cesaria Beccaria di Milano, parla della giustizia come "un volto amico che offre una seconda possibilità per tutti".

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