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Editori e giornalisti contro la "legge bavaglio" del governo: "Mattarella non firmi"

Le associazioni di categoria contestano la norma che vieta la pubblicazione "integrale o per estratto" del testo delle ordinanze di custodia cautelare fino alla conclusione delle indagini preliminari o all'udienza preliminare

Editori e giornalisti contro la "legge bavaglio" del governo: "Mattarella non firmi" - foto 1
-afp

Il mondo della stampa protesta contro quella che definisce una "legge bavaglio" del governo.

Si tratta di una norma che vieta la pubblicazione "integrale o per estratto" del testo delle ordinanze di custodia cautelare fino alla conclusione delle indagini preliminari o all'udienza preliminare. Federazione Nazionale della Stampa e Ordine dei Giornalisti chiedono al presidente Mattarella di non formare una legge "che potrebbe essere fonte di immani distorsioni dei diritti".

Editori e giornalisti contro la "legge bavaglio" del governo: "Mattarella non firmi" - foto 2
Tgcom24

 

L'iter parlamentare della legge

 Il provvedimento, infatti, non è stato ancora approvato in via definitiva dal Parlamento: dopo una riformulazione del governo, che aveva espresso parere contrario al testo iniziale, è arrivato comunque il s' dell'Aula della Camera all'emendamento di Enrico Costa di Azione alla legge di delegazione europea che introduce il divieto. A contestare la norma, oltre alle associazioni di categoria, è stata anche l'opposizione, con Italia e Viva e Azione che invece hanno votato a favore. Dopo l'approvazione di Montecitorio, dunque, manca solo il via libera definitivo del Senato. 

 

"Nuovo bavaglio al diritto di cronaca"

 Ma, come detto, le associazioni di categoria sono pronte a dare battaglia. "Chiediamo fin d'ora al presidente della Repubblica Sergio Mattarella di non firmare la legge", dice Alessandra Costante, segretaria della Fnsi, che ha già deciso di disertare la conferenza stampa di fine anno di Giorgia Meloni (rinviata al 28 dicembre a causa dello stato influenzale del presidente del Consiglio) e soprattutto di convocare una giunta straordinaria per organizzare "la mobilitazione della categoria, assieme alla società civile, contro il nuovo bavaglio al diritto di cronaca".  

 

 

La protesta dei giornalisti

 Sul tema si è espresso chiaramente anche l'Ordine dei Giornalisti. "Il divieto di pubblicare anche solo stralci delle ordinanze di custodia cautelare non ha nulla a che vedere con il principio di presunzione di innocenza, ma costituisce una pesante limitazione del diritto di cronaca", fa sapere l'ente. E molti giornalisti hanno deciso di scendere in piazza: a Roma c'è stata una manifestazione nei giorni scorsi mentre i cronisti liguri hanno dato vita a un flash mob a Genova con la bocca coperta in segno di protesta. 

 

"L'obiettivo è evitare la gogna mediatica"

 Il firmatario dell'emendamento, Enrico Costa, difende così la norma: "Dichiarando che è pericolosissimo che non si sappia se una persona viene arrestata o meno, la Fnsi dimostra di non aver neanche letto l'emendamento approvato, in cui non c'è nessun divieto di dare la notizia degli arresti, né di riportare il contenuto dell'atto. Si vieta invece la riproduzione dell'atto processuale, spesso di centinaia di pagine zeppe di testi di intercettazioni, prima ancora che l'indagato abbia potuto difendersi", spiega Costa. Secondo alcuni esponenti della maggioranza, poi, l'obiettivo "è solo evitare la gogna mediatica".

 

 

Pd e M5s all'attacco: "L'informazione è un diritto"

 Proteste e perplessità però arrivano anche da Sandro Ruotolo, responsabile informazione del Pd: "L'informazione nel nostro Paese è meno libera", perché si nega "all'opinione pubblica il diritto di essere informata su temi come la lotta alla corruzione e la lotta alla mafia", dice. Mentre i parlamentari M5S in commissione Giustizia alla Camera sottolineano che "l'informazione è un dovere di chi lavora in quel campo ma anche un diritto di tutti. Il governo Meloni e la sua maggioranza allargata ad Azione e Italia Viva ancora una volta dimostrano quale sia la loro unica agenda in materia di giustizia: nascondere o lasciare impunite le malefatte della borghesia mafiosa, dei corrotti, dei comitati d'affari", attaccano.

 

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