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Deficit/Pil dal 2,4% al 2,04%: a rimetterci Stato, banche, famiglie e imprese

La retromarcia del Governo giallo-verde non è stata solo politica, ma ha avuto ripercussioni sui mercati finanziari e sulle tasche dei cittadini

Deficit/Pil dal 2,4% al 2,04%: a rimetterci Stato, banche, famiglie e imprese - foto 1
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Ci sono voluti 80 giorni per far cambiare idea al governo sul rapporto deficit-Pil per il 2019: dal 2,4% annunciato da un esultante vicepremier dal balcone di Palazzo Chigi il 27 settembre, si è arrivati al 2,04% dopo che la Commissione europea ha bocciato in più riprese i numeri della manovra e minacciato di avviare una procedura di infrazione contro il nostro Paese per violazione dei vincoli europei di bilancio.

Una procedura mai finora attivata contro alcun membro dell'Unione. L'annuncio fatto e non mantenuto non va soltanto a ingrossare le fila delle promesse non mantenute, ma ha avuto un costo preciso a carico di Stato, banche e, in ultima battuta, anche imprese e famiglie.

Lo spread, innanzitutto - Il primo indicatore a essere influenzato dalle promesse del Governo e dalle consueguenti minacce dell'Ue è stato lo spread, cioè la differenza tra il rendimento dei titoli di Stato italiani decennali e i corrispondenti titoli di Stato tedeschi. L'effetto domino parte proprio da questo numero che è iniziato a decollare proprio quando l'Esecutivo si è messo sotto la lente di Bruxelles dichiarando di volere deliberatamente violare i vincoli di bilancio. Da quel momento - a fine settembre - lo spread si è allargato da 260 punti base al massimo di 326 toccato il 20 novembre, per tornare ai livelli estivi solo in questi giorni, quando il premier Giuseppe Conte ha ammesso che nella negoziazione con l'Ue per il saldo della Manovra "dal 2,4% siamo potuti scendere al 2,04%".

costi per lo Stato - Appena lo spread aumenta, a essere influenzate sono le aste del debito pubblico italiano. Per finanziare il proprio debito, mensilmente lo Stato va sul mercato per collocare propri titoli: i sottoscrittori li acquistano e di fatto prestano in questo soldi all'Italia in cambio di un rendimento. Quando quest'ultimo aumenta per effetto dello spread maggiore, lo Stato finisce per spendere di più per pagare i propri debiti. 

All'asta di Btp a 10 anni di aprile il rendimento era stato dell'1,83%, mentre a ottobre per lo stesso tipo di Buono del Tesoro il rendimento è andato al 3,36%. Per i titoli annuali la situazione è stata ancora peggiore: prima della nascita del Governo giallo-verde i rendimenti erano negativi, adesso solo positivi.

Per capire quanto lo Stato sta spendendo in più, basta guardare alle aste di inizio ottobre per i titoli di diverse durate (3,7, 10, 30 anni): per coprire i rendimenti più alti di questi titoli, il nostro Paese ha dovuto accantonare 728 milioni di euro in più  per gli interessi rispetto alla situazione di spread antecedente agli annunci governativi.

costi per le banche e quindi per le famiglie e le imprese-  A detenere titoli di Stato sono in primo luogo le banche: se i titoli si svalutano, si rifanno sui clienti, siano essi famiglie o imprese. Gli interessi (fissi o variabili) dei mutui non sono stati toccati direttamente dalle recenti turbolenze di mercato, ma le banche possono rifarsi aumentando i costi di gestione dei prestiti stessu oppure limitando la loro esposizione, vale a dire respingendo le richieste prestiti. Insomma sul mercato possono esserci meno prestiti e più cari.