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Berlusconi e il ruolo dei liberali in Italia: "Cari professori..."

Pubblichiamo la lettera con cui il leader di Forza Italia interviene nel dibattito aperto da Angelo Panebianco ed Ernesto Galli della Loggia, rispondendo in prima persona

In questi giorni due degli editorialisti più prestigiosi del Corriere della Sera affrontano – in modi diversi – un tema che mi sta molto a cuore. Quello della presenza e del ruolo dei liberali oggi in Italia. Ernesto Galli della Loggia ne tratta solo incidentalmente – in un articolo dedicato ad altro – ma questo a mio avviso non giustifica il semplicismo liquidatorio con il quale parla del “vaporoso liberalismo” di Forza Italia che a suo avviso si ridurrebbe al “permissivismo del laissez-faire a sfondo individualista”.

Angelo Panebianco invece dedica una riflessione più articolata ai “pochi liberali superstiti” arrivando alla conclusione sconfortata che nella politica italiana non esisterebbe una rappresentanza politica dei liberali, se non quella costituita da “alcuni esponenti di Forza Italia” e del composito mondo che viene definito centrista. Riconosce generosamente che in passato “alcuni aspetti del berlusconismo, ma non altri” hanno determinato “una fase di espansione dell’area liberale”, ma dà per scontato che questa fase sia ampiamente conclusa. Ora, vorrei dare ad entrambi i professori una notizia: in Italia esiste un’espressione politica liberale, viva e vegeta, che gode buona salute ed è in crescita elettorale. Si chiama Forza Italia ed esercita un ruolo politico centrale nella vita democratica. Certo, siamo ancora molto lontani dai risultati del passato, venuti meno per ragioni non solo politiche fin troppo note a chi ricorda la macchina del fango mediatico-giudiziaria scatenata negli anni nei miei confronti e culminata con la mia espulsione dal Senato attraverso l’utilizzo retroattivo di una sentenza palesemente infondata. Ma certamente la nostra è una presenza politica ben più ampia e più influente rispetto a qualunque altra forza politica liberale nella storia dell’Italia repubblicana. Anche partiti di illustre e nobile tradizione, come il Partito Liberale e quello Repubblicano, che pure per molti versi considero i nostri modelli, non hanno mai esercitato un ruolo né numerico né politico paragonabile a quello di Forza Italia. Un ruolo che per esempio oggi ci ha portato a proporre e a rendere possibile la nascita del Governo Draghi per dare una risposta straordinaria di alto profilo all’emergenza del Paese.

 

Che altro dovrebbe fare un partito liberale, mi domando, se non essere liberista in economia, atlantista ed europeista in politica estera, garantista sui diritti dei cittadini, fautore dell’intraprendere, del lavoro, del rischio, del profitto come strumento di crescita non solo individuale ma collettiva? Si tratta proprio di quel laissez-faire che Galli della Loggia incomprensibilmente ci contesta e di quell’individualismo che giustamente Panebianco definisce “uno strumento posto al servizio dei diritti individuali di libertà, diritti che andavano protetti prima di tutto e soprattutto dalle prepotenze e dalle tentazioni liberticide dello Stato nelle sue varie articolazioni e corporazioni”. Non si potrebbe dire meglio, è esattamente il progetto politico di Forza Italia. Purtroppo però questo il professor Panebianco inesplicabilmente non lo vede.

 

Vorrei dire una cosa in più, visto che viene adoperato un termine che non amo, “berlusconismo”. E’ un termine che ha significato solo se fa riferimento al profilo della mia storia personale, non soltanto nella politica. Mi si consenta allora di dire che il profilo della mia vita è liberale in modo addirittura emblematico. La mia è la storia di un imprenditore che ha ottenuto dei risultati grazie al lavoro, all’impegno, al gusto del rischio, ad idee innovative ed in continua trasformazione. Un imprenditore che, da urbanista, ha creato new-towns all’avanguardia nel mondo sfidando le opposizioni della burocrazia e della politica. Un imprenditore che da editore ha sfidato le resistenze della politica per introdurre la concorrenza in un settore allora monopolistico come quello televisivo ed ha rafforzato quella nella carta stampata, ampliando in maniera significativa gli spazi di libertà degli italiani. Oltre naturalmente a creare ricchezza, posti di lavoro, nuove imprese anche nell’indotto.

 

Ho sempre creduto nel valore dell’impresa, qualunque impresa, piccola o grande, anche individuale. Chiunque rischia per fare impresa nell’Italia di adesso per me è un eroe, un benemerito della società. Ma non ho mai avuto l’ingenuità di contrapporre la piccola impresa alla grande, di pensare, come viene rimproverato ad una non meglio definita “destra”, che solo ciò che è piccolo sia bello e vada difeso.

 

Dobbiamo difendere il sistema delle imprese, tutte le imprese, perché è un patrimonio collettivo, non solo individuale perché senza impresa non c’è lavoro. E dobbiamo cercare di proiettarle in una dimensione europea, altro che chiuderci in noi stessi. Da imprenditore ho costruito televisioni in Francia, in Germania, in Spagna, oltre che in Italia. Con il mio Milan ho inseguito e vinto coppe europee e internazionali più di qualsiasi altro imprenditore di sport nella storia mondiale del calcio. Sono sempre stato europeista e liberale.

 

Quale altra forza politica può dirsi liberale nel senso che abbiamo detto? Può dirsi liberale fino al punto di identificarsi nella storia liberale del suo fondatore? Certo, Forza Italia è un contenitore, nato per aggregare e non per dividere. Questo significa essere quello che i liberali in Italia non hanno mai saputo fare: essere uniti ed attrattivi rinunciando a conflitti personalistici e a “distinguo” di dettaglio ottimi per il dibattito universitario, ma non per l’azione politica.

 

Mi ha sempre colpito per esempio, che nella “prima repubblica” un piccolo partito come quello Liberale, per il quale avevo grande simpatia, ma che raggiungeva di norma a stento il 2% dei voti, fosse diviso addirittura in cinque correnti, in perenne conflitto fra loro. E’ una cosa che ho detto tante volte ai leader liberali che stimavo e di cui ero amico. Di più, liberali e repubblicani erano in perenne competizione fra loro e nessuno dei due era capace di dialogare con le componenti cattolico-liberali presenti nella Democrazia Cristiana o di rapportarsi utilmente con gli elementi di socialismo liberale presenti nel PSI nella stagione di Craxi.

 

Tutto questo ha reso obbiettivamente poco rilevante, al di là del valore della testimonianza, la presenza delle idee liberali nella prima repubblica, almeno dopo la conclusione della stagione di De Gasperi, di Einaudi e del centrismo. Forza Italia è nata per rimediare a tutto questo e – con tutti i limiti e le difficoltà poste da alleati non sempre corretti e da avversari disposti a tutto pur di distruggerci – possiamo dire di esserci riusciti. Lo spazio non mi consente di ricordare i tanti provvedimenti liberali dei nostri governi, mi basta richiamare una regola che ho sempre imposto di rispettare. Ogni nostro provvedimento prima di essere varato era sottoposto ad una verifica molto semplice: quella norma avrebbe ampliato o ridotto la libertà degli italiani? Se non l’avesse ampliata, la legge - chiunque fosse il proponente - finiva nel cestino.

 

Ma non è al passato che voglio guardare, è al presente e al futuro. Perché l’Italia riuscirà a ripartire solo se riuscirà ad essere un Paese più liberale, qualunque sarà il sistema elettorale. E questo solo noi possiamo garantirlo. Per questo credo nell’avvenire di Forza Italia, per questo continuo a credere che il nostro sogno, la rivoluzione liberale, sia il nostro futuro, il nostro lascito politico e di vita alle generazioni che ci seguiranno.

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