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Stop ai motori a combustione dal 2035? Per l'Aci lo scenario è rischioso

Secondo l’associazione, il pericolo è che le vetture a zero emissioni diventino un mercato accessibile solo alle fasce alte della popolazione. La soluzione, invece, dev’essere quella di un passaggio graduale, incentivando la demolizione delle auto più vecchie a favore non solo dell’elettrico ma anche di motori a combustione più recenti

Che le auto a benzina e diesel siano destinate a scomparire è ormai certo: dal 2035 in Europa sarà vietato immatricolarne di nuove.

Strada spianata per le auto elettriche, dunque? Non è detto, perché il rischio è che le auto a zero emissioni diventino un prodotto di nicchia, riservato unicamente a chi se le può permettere, mentre tutti gli altri dovranno adattarsi, e continuare a usare auto vecchie e malconce. E inquinanti. Uno scenario preoccupante tratteggiato da Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Aci, l’associazione che da sempre è al fianco degli automobilisti e quindi comprende a fondo le dinamiche del settore.

Secondo Sticchi Damiani, il settore dell’auto deve invece diventare completamente sostenibile, il che significa non solo dal punto di vista ambientale ma anche da quello economico, qualunque sia la tecnologia di base. E quindi deve essere “accessibile a chiunque e non riservata ai privilegiati”. E per questo la mobilità del futuro non dev’essere talmente utopistica da diventare irrealizzabile, creando inoltre fenomeni di esclusione sociale.

 

In questo momento, infatti, le auto elettriche sono appannaggio di chi vive agiatamente e quindi si può permettere un acquisto così oneroso: i possessori delle auto più vecchie e inquinanti, invece, non riescono a cambiarle perché sia le elettriche, sia le ibride, sono fuori dalla loro portata. E così il risultato è che il ricambio del parco auto finisce per interessare solo una fascia di vetture che sono già quelle meno inquinanti: secondo i dati Aci, in Italia si rottamano più Euro 6 che Euro 0. E così, mentre vengono radiate auto moderne e poco inquinanti perché chi se lo può permettere passa all’elettrico, milioni di veicoli inquinanti restano in circolazione.

 

In questo scenario, peraltro, incidono pesantemente anche da un lato lo shock energetico, che per mesi ha fatto salire alle stelle i prezzi dell’energia; e dall’altro un rallentamento causato dalla difficoltà di continuare a investire massicciamente sulle infrastrutture necessarie: la rete di colonnine di ricarica sta crescendo ma lentamente, e quindi non è capillare come dovrebbe, mentre la produzione di energia elettrica è diventata più costosa. E dato che in questo momento non c’è una produzione da fonti rinnovabili così ampia da poter rispondere da sola alla crescente domanda energetica. E quindi il rischio, spingendo a tutta velocità sull’auto elettrica, è quello di trovarsi con un parco auto che richiede più energia di quella attualmente disponibile, e per fornire la quale è necessario bruciare combustibili fossili. Facendo saltare l’obiettivo della decarbonizzazione.

 

Qual è quindi la soluzione? Secondo Sticchi Damiani, l’obiettivo europeo della decarbonizzazione entro il 2050 è condiviso da tutti, ma la vera questione è come arrivarci. E secondo l’Aci, la strada è quella di continuare a puntare sugli incentivi: ma anche per le auto a combustione interna meno inquinanti, e non solo per quelle elettriche. “Il problema numero uno, per noi, è capire come faremo a liberarci del parco auto circolante più vecchio e desueto, che nei prossimi 12 anni verosimilmente non si sarà ridotto rispetto ai numeri attuali”. Quindi la soluzione proposta è quella, chiarisce il presidente Aci,  “della gradualità. Anche, pur se qualcuno inorridirà, incentivando l’acquisto di vetture Euro 4. Ma è meglio avere in circolazione un Euro 4 che un Euro 0. Perché il vero salto dal punto di vista della riduzione dell’inquinamento si è avuto dall’Euro 3 all’Euro 4: l’euro 4 inquina il 50% in meno dell’Euro 3. Quindi Euro 0, Euro 1, Euro 2 ed Euro 3 vanno demolite nel minor tempo possibile. Ma questa azione va incentivata. Solo così, con un passaggio graduale, si può arrivare alla decarbonizzazione della mobilità”.