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La storia della Fiat 127 in mostra al Mauto di Torino

Piccola e moderna, la Fiat 127 rivoluzionò il segmento B a cavallo degli anni 70 e 80 e fu prodotta in oltre 5 milioni di unità

La Fiat 127 compie 50 anni e il Museo nazionale dellʼAutomobile di Torino dedica una mostra a una delle auto più rappresentative della storia italiana. Una vettura che segnò uno spartiacque con il passato (sostituiva la Fiat 850), per il design che si deve allʼestro di Pio Manzù, per la trazione anteriore, per i due volumi che si prestavano così bene alle due come alle quattro portiere.

Pio Manzù, lʼestro prestato ai motori

 

La 127 conquistò lʼEuropa, e già nel 1972 si aggiudicò il titolo di Auto dellʼAnno. La cosa però fece storcere qualche muso ai concorrenti. Leggenda narra (ma leggenda non è, perché raccontata da Giorgetto Giugiaro che la visse da protagonista) che Volkswagen, visti i successi della 127, chiamò il designer italiano per fargli realizzare unʼalternativa valida. A Wolfsburg, nel reparto produzione, Giugiaro vide una Fiat 128 smontata pezzo per pezzo per cercare di carpire i segreti delle piccole italiane, così ben fatte, ma nelle intenzioni dei vertici Volkswagen cʼera però la 127 con cui duellare. Da quella sfida sarebbe nata la prima Golf firmata proprio da Giugiaro.

 

La Fiat 127 era insomma un modello. Da emulare (se non addirittura copiare), per la quale in tanti chiedevano una produzione su licenza (vedi Seat, la jugoslava Zastava, per non parlare delle filiali sudamericane di Fiat). In 3 anni a Torino se ne produssero un milione, perché lʼauto aveva tante doti: era spaziosa come non lo erano mai state le utilitarie prima, aveva un bagagliaio da 365 litri che ancor oggi sarebbe da primato nella categoria, e poi la trazione anteriore la rendeva agile e facile da guidare. I motori a 4 cilindri ‒ da 903 cc e 45 CV e in seguito anche da 1.050 cc e 70 CV ‒ erano brillanti e parchi nei consumi. La 127 rimase in produzione fino al 1987, alla fine furono più di 5 milioni le unità prodotte.

 

Al Mauto di Torino la mostra sʼintitola “Che macchina!”, è stata aperta lo scorso 17 giugno e lo resterà fino al 5 settembre. Curata dal giornalista Giosuè Boetto Cohen con la Fondazione Manzoni e il contributo di Stellantis Heritage. Pio Manzoni, in arte Manzù, era figlio del grande scultore Giacomo ma aveva voluto svoltare sul design, diventando lʼartefice della 127. Destino volle che, proprio il giorno della presentazione a Torino del prototipo definitivo, Pio Manzù perisse in un incidente stradale. Aveva soltanto 30 anni.

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