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Brexit, lʼaccordo con lʼUE salva lʼindustria dellʼauto britannica

Lʼaccordo in extremis tra Regno Unito e Unione Europea per evitare una “hard Brexit” scongiura per lʼindustria automotive i peggiori scenari

Automobili, troppo stretto il legame tra Londra e UE

Lʼaccordo in extremis tra Regno Unito e Unione Europea per evitare una “hard Brexit” potrebbe salvare lʼindustria dellʼauto britannica dal temuto tracollo. Sono già diversi i costruttori che avevano paventato la riduzione degli investimenti oltre Manica, visto che lʼ85% della produzione automotive del Regno Unito è esportata, il 55% nellʼUE a 27 Paesi.

Il principale effetto del deal siglato tra Londra e Bruxelles scongiura infatti il ridimensionamento nel commercio tra le due sponde della Manica. Non ci saranno i temuti nuovi dazi allʼimport ed export delle merci, né quote limitative, cioè volumi limitati di merci nellʼinterscambio. Nel 2019 il Regno Unito ha esportato 1.055.000 auto nel mondo. Secondo Mike Hawes, presidente della SMMT (lʼassociazione dei costruttori auto britannici), il mancato accordo avrebbe causato perdite per 62 miliardi di euro in 5 anni, con migliaia di posti di lavoro persi. Considerando lʼindotto, le perdite raddoppiavano.

 

Non tutti i timori sono però stati fugati. Il Gruppo BMW ha già annunciato che dal 2023 la futura MINI Countryman sarà costruita a Lipsia e non nello storico stabilimento di Oxford. Nissan, che a Sunderland ha la più grande fabbrica del Paese (vi produce Qashqai e Juke), ha deciso di importare dal Giappone il nuovo Suv 100% elettrico Ariya. Honda chiuderà lʼimpianto di Swindon, dove produce fra lʼaltro la Civic, e anche Toyota sta rivedendo le sue strategie. Reggerà meglio il lusso, Land Rover e Jaguar che esportano in tutto il mondo, ma per Bentley la proprietà Volkswagen sta valutando nuove opportunità.

 

Come spiega Eric-Mark Huitema, leader dellʼACEA, lʼassociazione europea dei costruttori auto, “nessun settore industriale è più integrato a livello europeo di quanto sia l'automotive, con complesse catene di forniture strettamente legate fra loro”. Le scene viste a Dover e negli altri porti tra Francia e Inghilterra di camion fermi in attesa degli imbarchi rischiano di penalizzare lʼarrivo a destinazione de componenti, con pesanti aggravi di costi e ritardi. E per i nuovi obiettivi di Boris Johnson di rilanciare lʼindustria dellʼauto britannica puntando sullʼelettrico, la difficoltà nel reperire le forniture giuste sarebbe catastrofica.

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