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Yemen, appello del Papa: "Il Paese è stremato dalla guerra"

Durante lʼAngelus Francesco ha rivolto la sua preghiera alla popolazione vessata da quattro anni di conflitto interno e ha fatto appello al rispetto degli accordi

Yemen, appello del Papa:
ansa

Il Papa lancia il suo appello per la crisi umanitaria nello Yemen che, dice Francesco, "seguo con grande preoccupazione".

"La popolazione - chiarisce - è stremata dal lungo conflitto e molti bambini soffrono la fame: il loro grido e quello dei loro genitori sale al cospetto di Dio". Bergoglio chiama in causa "le parti interessate e la comunità internazionale per il bene della popolazione". E conclude: "Pregate per lo Yemen".

La situazione in Yemen Una feroce guerra civile infiamma lo Yemen dal 2015. "La causa - spiega Joost Hiltermann sul sito dell'Istituto di Politica Internazionale (Ispi) - è stata una transizione politica vacillante, risultata dalla sollevazione popolare del 2011 e dalle sfide irrisolte relative alla governance che hanno innescato, innanzitutto, proteste di massa".

Così, dopo la presa della capitale Sanaa nel 2014 da parte delle milizie di Ansar Allah (Huthi), sostenute da forze vicine all'ex-presidente Ali Abdullah Saleh, e il successivo golpe attuato dal movimento contro il governo di transizione del presidente Abed-Rabbo Mansour Had, "il conflitto - continua Hiltermann - ha assunto una dimensione internazionale con il coinvolgimento della coalizione guidata dall'Arabia Saudita che cercava di rovesciare quanto era stato ottenuto dalle forze Huthi/Saleh. L'amministrazione Usa di Obama avrebbe potuto essere un efficace arbitro del conflitto, ma la necessità di calmare i Paesi del Golfo suoi alleati, in particolare l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi, mentre stava negoziando un accordo sul nucleare con l'Iran, l'ha portata alla campagna contro gli Huthi, condotta sotto l'egida saudita".

"Un'azione bipartisan del Congresso statunitense - conclude Hiltermann - ha spinto l'amministrazione Trump a frenare il conflitto condotto dai sauditi. Alla fine del 2018, questo ha permesso i negoziati diretti in Svezia, sotto l'egida delle Nazioni Unite, tra i rappresentanti del governo di Hadi e gli Huthi".

"Il fatto che le parti siano riuscite a incontrarsi - è il commento finale - è stato un notevole progresso; i punti sui quali si sono accordati hanno fatto intravvedere che non era più impensabile un sostanziale progresso verso una risoluzione pacifica del conflitto. Se il cammino verso la pace nel 2019 resta lungo, è perché in quattro anni di guerra il Paese è stato distrutto, la sua economia rovinata e la popolazione, che sta morendo di fame, è sfinita. Inoltre, lo scenario politico è frammentario al punto che minaccia la profondamente complicata applicazione di un accordo di pace e l'inizio della ricostruzione. Al contrario, un ampio ventaglio di gruppi armati potrebbe controllare singole località in assenza di un'autorità centrale in grado di imporsi. Ma non c'è un'alternativa migliore".

Il dramma dei bambini Le prime vittime della guerra civile sono i bambini. Come riferisce l'Ong Save The Children che opera nel Paese, un milione e mezzo di minori, cioè uno su dieci, è stato costretto a lasciare la propria casa, esponendosi così a gravi rischi come fame, malattie e violenza. Simbolo di questa catastrofe umanitaria è la piccola Amal, morta di fame a novembre 2018.

"Solo nel governatorato di Hodeidah, teatro di alcuni dei peggiori combattimenti nel Paese - afferma l'associazione in una nota - negli ultimi sei mesi sono stati più di mezzo milione i bambini sfollati, una media di oltre 2.000 bambini ogni giorno da giugno 2018. I civili in fuga dalle violenze affrontano viaggi in cui la loro vita è costantemente a rischio. Il pericolo più immediato è la morte o il ferimento a causa di armi esplosive che sono state usate indiscriminatamente da tutte le parti in conflitto, con scarso rispetto degli obblighi di legge previsti per proteggere la popolazione civile".

Solo nella seconda metà del 2018, sono stati registrati almeno 25 attacchi contro gli sfollati interni. In ogni caso, nei campi per rifugiati, anche se in zone sicure, "i bambini rischiano malnutrizione e malattie in un Paese in cui il sistema sanitario è quasi collassato e circa 14 milioni di persone sono sull'orlo della carestia". Save the Children stima che 85.000 bambini sono già morti per fame estrema dal 2015.

La pace riparte dalla Giordania Riparte, anche se lentamente e a singhiozzo, il treno dei negoziati di pace in Yemen tra forze lealiste filo-saudite e insorti Huthi considerati vicini all'Iran. La Giordania ospiterà, dopo quelli che si sono svolti a porte chiuse due settimane fa, un nuovo round di colloqui, mediati dall'Onu sin dai negoziati tenuti a dicembre in Svezia, a cui parteciperà anche la Croce Rossa internazionale, per lo scambio di migliaia di prigionieri, circa 15mila. Secondo fonti vicine alle trattative, tra i prigionieri ci sono numerosi alti ufficiali sauditi e degli Emirati. E i ritardi nello scambio derivano anche da divergenze tra Riad e Abu Dhabi sulle priorità nel formulare le liste di coloro che saranno liberati.

Nel conteso porto di Hudayda, sul Mar Rosso, si terrà, invece, il faccia a faccia, sempre mediato dalle Nazioni Unite, tra leader Huthi e loro rivali lealisti impegnati nel disimpegno delle truppe dagli attracchi navali destinati a far passare l'80% degli aiuti umanitari in tutto il Paese, devastato da anni di guerra e da una dilagante carestia.

Ma le violenze continuano Nonostante questi segnali di apertura, sul terreno si registrano però violenze. I rispettivi organi di propaganda della Coalizione araba a guida saudita - e di cui fanno parte gli Emirati Arabi Uniti - e degli Huthi parlano di scontri sporadici nella regione di Hudayda, lontano dal porto, lungo la strada che collega la città alla capitale Sanaa, saldamente in mano agli insorti.

Proprio verso Sanaa era diretto, secondo fonti militari di Riad, un carico di esplosivi, razzi e droni di fabbricazione iraniana atteso dagli insorti. Dal canto loro, gli Huthi affermano di aver "inflitto dure perdite" negli scontri contro le forze saudite a nord di Hudayda, "uccidendo numerosi sauditi". Ma le informazioni non possono essere verificate in maniera indipendente.