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Ucraina, il Washington Post: "Aiuti militari a rischio contrabbando"

Il pericolo è che non si riesca a tenere traccia delle armi inviate, anche a causa della poca presenza statunitense sul territorio

Afp

La stampa americana apre interrogativi sulla capacità dell'esercito statunitense di tenere traccia delle armi inviate in Ucraina per aiutare il popolo a resistere all'invasione della Russia.

Il Washington Post, in particolare, si chiede se gli aiuti militari andranno nelle mani giuste e quanto alto sia il rischio che vengano risucchiate in quello che - scrive il giornalista John Hudson - è uno dei principali hub europei del traffico di armi.

 

L'afflusso di armi senza precedenti ha suscitato il timore di alcuni analisti militari che parte delle attrezzature possa finire nelle mani degli avversari dell'Occidente o che possa riemergere in altri conflitti nei prossimi decenni. Questo perché - dice al Washington Post William Hartung, un esperto del think tank Quincy Institute - mentre in Afghanistan "gli Stati Uniti avevano una presenza importante nel Paese che consentiva di avere almeno la possibilità di tracciare i percorsi delle armi, in Ucraina il governo statunitense è cieco in termini di monitoraggio delle armi fornite alle milizie civili e ai militari". E dunque - aggiunge Rachel Stohl, vicepresidente dello Stimson Center - "è semplicemente impossibile tenere traccia non solo di dove vanno tutti questi equipaggiamenti e chi li userà, ma anche come vengono usati".

 

Tutto questo succede in un territorio non nuovo al traffico di armi. Il quotidiano statunitense ricostruisce che l'Ucraina ha caratteristiche di questo tipo a partire dalla caduta dell'Unione Sovietica, quando l'esercito sovietico lasciò nel Paese una grande quantità di armi leggere senza un adeguato controllo di inventario. In base al progetto di ricerca svizzero Small Arms Survey, una parte dei 7,1 milioni di piccole armi a disposizione dell'esercito ucraino nel 1992 fu "dirottata verso aree di conflitto" sottolineando "il rischio di fuoriuscite nel mercato nero locale".

 

La situazione si è aggravata dopo l'invasione russa del Donbass nel 2014, quando i combattenti di entrambe le parti cominciarono a saccheggiare i depositi di armi e munizioni delle istituzioni statali e regionali, senza che si sappia dove questi equipaggiamenti siano poi finiti. 

 

Per tutti questi motivi, i Paesi della Nato sono ben consapevoli dei rischi che si corrono con i massicci invii di armi in Ucraina, tanto che - fa sapere il Washington Post - un gruppo di funzionari dell'amministrazione Biden si è incontrato con specialisti esterni nel controllo degli armamenti per decidere una strategia. "Non è chiaro - dice Annie Shiel, consulente del Center for Civilians in Conflict - quali misure di mitigazione del rischio o di monitoraggio abbiano adottato gli Stati Uniti e gli altri Paesi, o quali garanzie abbiano ottenuto, per garantire la protezione dei civili".

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