La reporter ucraina è morta sotto custodia russa. Il corpo, etichettato come "corpo 757, maschio non identificato", mostrava segni di torture e mutilazioni
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Il corpo mummificato e irriconoscibile restituito alle autorità ucraine con la semplice dicitura "corpo 757, maschio non identificato", secondo gli inquirenti appartiene a Viktoriia Roshchyna, giornalista freelance ucraina scomparsa nell’agosto 2023 nei territori occupati dalla Russia. La notizia è stata diffusa dal giornale Ukrainska Pravda, con cui Roshchyna collaborava, e confermata da una lunga inchiesta condotta dalla Procura generale ucraina.
Secondo quanto emerso, Viktoriia è stata catturata mentre lavorava a un reportage e tenuta prigioniera per mesi. Solo nel maggio 2024 la Russia ha ammesso per la prima volta di averla arrestata. Pochi mesi dopo, il 10 ottobre, l’Ucraina ha confermato la sua morte in custodia russa. Il 14 febbraio 2025, durante uno scambio di corpi, i suoi resti sono stati restituiti in stato avanzato di decomposizione e privi di identificazione. Ma l’esame medico-legale ucraino ha chiarito che si trattava di una donna. Il test del Dna ha confermato al 99% l'identità: era Viktoriia.
Sul corpo sono stati rinvenuti segni evidenti di torture: abrasioni, contusioni, una costola rotta e indicazioni compatibili con l'uso di scosse elettriche. "Le ferite sono state inflitte mentre era ancora in vita", ha affermato Yurii Bielousov, capo del Dipartimento della Guerra presso la Procura generale ucraina. L’ipotesi è che Viktoriia sia stata sottoposta a violenze sistematiche durante la prigionia.
Ancora più inquietante la scoperta fatta durante l’esame post-mortem: mancavano diversi organi interni, tra cui cervello, bulbi oculari e parte della trachea. Un medico legale internazionale, consultato da Ukrainska Pravda, ha ipotizzato che la rimozione di questi organi possa essere stata deliberata, per nascondere prove evidenti di soffocamento o strangolamento.
Alla memoria della giornalista 27enne è stato dedicato il Progetto Viktoriia, promosso da Forbidden Stories con il supporto di testate internazionali come Guardian, Washington Post, Le Monde e Der Spiegel. Il progetto mira a far luce sulla sorte dei giornalisti e dei civili detenuti in Russia e nei territori occupati.