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Thailandia, proteste contro il governo e la monarchia: proclamato lo stato di emergenza

Oltre centomila attivisti del movimento pro-democrazia hanno sfilato per le strade di Bangkok: la polizia non è riuscita a impedire ai manifestanti di avvicinarsi alla sede dellʼesecutivo, ma ha poi arrestato i loro leader

Centomila manifestanti pro-democrazia sono scesi in strada e hanno circondato la sede del governo thailandese a Bangkok, con l'intenzione di continuare il sit-in per tre giorni. Nella notte l'esecutivo ha proclamato lo stato d'emergenza. La polizia è riuscita infine a liberare l'area arrestando venti attivisti, fra cui quattro dei loro leader. La protesta chiede le dimissioni del governo, una Costituzione democratica e una forte riduzione dei poteri del re.

Un Paese spaccato - La scena era impensabile fino a qualche anno fa, in un Paese dove il sovrano è considerato semi-divino: l'automobile del re Vajiralongkorn e la regina Suthida che fatica ad avanzare, la folla che l'accoglie con insulti e le tre dita alzate come nel segno di resistenza alla dittatura nel film "The Hunger Games". A pochi passi dalla protesta principale hanno manifestato però anche centinaia di monarchici, a simboleggiare la spaccatura del Paese.

 

Thailandia, centinaia in piazza contro il governo e la monarchia

 

Lo stato di emergenza vieta assembramenti di più di cinque persone e la pubblicazione di notizie o messaggi nocivi per la sicurezza nazionale. Lo ha annunciato la tv di Stato: "E' estremamente necessario introdurre urgenti misure per porre fine a questa situazione in modo rapido ed efficace per mantenere l'ordine". Il provvedimento è entrato in vigore fin da subito, alle 4 locali.

 

Gli attivisti arrestati - Tra i manifestanti arrestati figurano Anon Nampha, Parit Chiwarak, Panupong Jadnok e Panusaya Sithijirawattanakul, tra i più attivi nei comizi e nel reiterare le richieste per un nuovo governo, una nuova Costituzione e lo stop alla persecuzione dei dissidenti politici. In particolare, Panusaya (21 anni) è la studentessa che per prima ad agosto lesse un manifesto per la riforma della monarchia davanti a una folla di studenti. Alcuni tra gli arrestati, come Anon e Parit, erano già finiti in manette con l'accusa di sedizione negli ultimi tre mesi, e poi rilasciati su cauzione. Dopo le proteste di mercoledì, però, le autorità sembrano intenzionate a stroncare sul nascere il movimento.

 

La protesta andata in scena a Bangkok è l'ultima di una serie iniziata tre mesi fa. Finora le manifestazioni sono state tollerate e contenute dalle autorità: il potenziale di scontri era altissimo, con la polizia che alla fine ha ceduto di fronte alla pressione dei dimostranti nell'avvicinamento alla sede del governo, e soprattutto con "camicie gialle" filo-monarchiche a proteggere il percorso.

 

Il governo di Prayuth Chan-ocha, il generale che ha preso il potere con un golpe nel 2014, è rimasto invisibile durante la mobilitazione. Nonostante l'assedio di migliaia di persone alla sede dell'esecutivo, la pressione popolare non è apparsa tale da costringere il premier a cedere senza condizioni. Al contrario, a giudicare dall'evidente presenza di molti militari in borghese tra le "camicie gialle", l'intenzione pare quella di costruire una narrazione incentrata attorno alle divisioni tra la popolazione, che in definitiva costringono l'esercito a preservare la stabilità.

 

Gli interessi in gioco e lo status quo - Per quanto il clima sia da pre-rivoluzione, non è chiaro cosa possa ottenere il movimento di protesta a breve termine. In una Thailandia dove i militari e le grandi famiglie che controllano l'economia del Paese si fanno scudo della riverenza verso la monarchia per cementare la loro influenza, gli interessi economici in ballo sono enormi. E più le proteste vanno avanti, più cresce il rischio di violenze: se i giovani pro-democrazia sono galvanizzati dai video della macchina del re circondata da una folla ostile, i fedeli alla monarchia vedono le stesse immagini e si irrigidiscono ancora di più, pensando che i manifestanti siano cattivi thailandesi che hanno smarrito la ragione.

 

Qualcosa si muove - A lungo termine, però, la tendenza appare chiara. Sempre più thailandesi non credono più al mito del re semi-divino che è impossibile criticare. Con un re impopolare che passa undici mesi all'anno nel lusso in Germania, e "un governo di dinosauri" che prolunga la stasi politica ed economica, le fondamenta dello status quo si stanno erodendo in fretta.

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