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Strage di Duisburg, sette archiviazioni al processo | La mamma dell'unica vittima italiana: "La giustizia si è arresa"

Ventun ragazzi morirono nella calca alla Love Parade, tra cui la 21enne bresciana Giulia Minola. Amareggiata la madre, che però non si arrende ed è pronta ad arrivare alla Corte Ue per i diritti dellʼuomo

Strage di Duisburg, sette archiviazioni al processo | La mamma dell'unica vittima italiana:
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"La morte di 21 ragazzi rischi di restare senza alcun responsabile.

La giustizia si è arresa, ma io lotterò". E' amareggiata Nadia Zanacchi, la mamma di Giulia Minola, 21enne bresciana morta nel 2010 a Duisburg insieme ad altri 20 ragazzi che partecipavano alla Love Parade, una marcia a ritmo di tecno organizzata nella città tedesca. Il processo, infatti, è stato archiviato e si è chiuso senza sanzioni per sette imputati su dieci.

Gli imputati rispondevano tutti di omicidio colposo, essendo in diversi modi coinvolti nell'organizzazione. Mentre per tre dipendenti, promotori della festa techno che un tempo portava centinaia di migliaia di ragazzi per le strade delle città tedesca, continuerà la trattativa: hanno rifiutato il patteggiamento, che avrebbe previsto sanzioni per 10mila euro. Vogliono essere scagionati. Ma ci sono molti dubbi sull'esito di questa coda giudiziaria, dal momento che a luglio 2020 scatterà la prescrizione.

"Mi viene da dire che il tanto decantato rigore tedesco si è rivelato uno stereotipo. Quello che non riesco a capire è perché abbiano deciso di chiudere tutto così in fretta. L'amarezza è troppa", ha commentato a Il Giorno la mamma di Giulia Minola, l'unica vittima italiana. Oltre ai 21 ragazzi morti, ci furono anche 650 feriti.

"Ammetto che quando il processo è iniziato ho sperato che davvero le vittime potessero avere giustizia. Purtroppo, come accaduto anche in sede di indagine quando non si sono volute prendere in esame le responsabilità della polizia, non c'è stato il coraggio di andare avanti", ha aggiunto Nadia Zanacchi, che non vuole arrendersi ed è pronta ad arrivare alla Corte europea per i diritti dell'uomo.