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Save the Children: "Chiediamo a leader mondiali garanzie per minori"

Lʼorganizzazione internazionale ci spiega le sempre più gravi condizioni in cui vivono i minori in ogni parte del Pianeta. E, alla luce del rapporto "Every Last Child", lancia un sentito appello

In seguito alla pubblicazione - da parte di Save the Children - del rapporto Every Last Child sulle drammatiche condizioni in cui vivono i minori nel mondo, Tgcom24 ha raggiunto telefonicamente la sezione italiana dell'organizzazione internazionale per la tutela dei bambini.

L'obiettivo è cercare di far luce sui preoccupanti dati emersi dal rapporto, che sempre più richiama l'importanza di far accedere i minori ai servizi di base, e rinnova la richiesta di un trattamento equo a cui tutti i bambini hanno diritto.

Cinquantotto milioni di bambini al mondo non vanno a scuola: da quali Paesi provengono in prevalenza?
Molti di loro provengono dai Paesi dell'Africa subsahariana, dall'Asia meridionale e occidentale e dai tanti Paesi in conflitto. Secondo l'Unesco, Paesi come India, Indonesia, Niger, Nigeria, Pakistan e Sudan hanno ciascuno più di un milione di bambini che non vanno a scuola.

Quattrocento milioni di minori al mondo sono vittime di discriminazione, anche a causa della loro etnia o religione: chi sono questi bambini e di quali etnie e religioni stiamo parlando?
Ci sono circa 5 mila gruppi etnici al mondo e la quasi totalità dei Paesi ha una presenza di minoranze etniche o religiose al suo interno. Sebbene queste comunità vivano insieme in armonia in molti contesti, altri gruppi devono far fronte a disuguaglianze e tensioni. Molti gruppi etnici, indigeni, razziali, religiosi e caste subiscono da secoli discriminazioni e vivono in condizioni di svantaggio: parliamo della casta dei Dalits in India, della popolazione indigena Quechua in Perù, dei rom in Europa orientale e degli afro-americani negli Stati Uniti.
In molti Paesi, come ad esempio in Bolivia, la povertà si concentra in prevalenza tra alcune minoranze etniche. Oltretutto, un bambino appartenente al gruppo etnico più svantaggiato ha il doppio delle possibilità di essere malnutrito rispetto ai gruppi più privilegiati. Anche in Paesi prosperi, le disuguaglianze tra gruppi etnici possono essere così vaste da essere comparabili a quelle dei bambini che vivono in Paesi poveri. Inoltre, il nostro rapporto Every Last Child rivela che queste disuguaglianze sono in continuo aumento.

In molti Paesi nascere bambine significa essere maggiormente discriminate. Perché?
Le bambine e le donne affrontano molti tipi di disuguaglianze: dall'esclusione in tema di educazione, al matrimonio e gravidanze precoci, alla violenza (inclusa quella sessuale), fino all'esclusione dalle opportunità nella vita pubblica e politica. Queste gravi disparità persistono in molti Paesi, in modo particolare in Africa, e diventano ancora più marcate quando si prende in considerazione la situazione economica delle famiglie: in quelle povere, le ragazze sono le prime a essere lasciate indietro. In alcuni Paesi, i genitori scelgono se continuare o meno la gravidanza in base al sesso del nascituro; si stima che nel 2010 mancassero 117 milioni di donne dalla popolazione globale proprio a causa di questa selezione prenatale, presente soprattutto in Cina e India. Per molte famiglie che vivono in povertà o sono colpite da conflitti e crisi umanitarie, far sposare le loro figlie quando sono molto giovani è considerato una forma di protezione dalle violenze sessuali, nonché un modo di garantire loro un futuro.

Chi sono i cosiddetti "bambini invisibili"? Perché i governi non raccolgono dati su questi minori?
I bambini "invisibili" sono quelli che vengono rinchiusi in casa o negli istituti perché disabili, che vivono in strada o scappano dalle guerre. Alcuni di loro non hanno alcun documento e non hanno accesso ai servizi di base come scuola e sanità. I motivi per cui questi bambini rimangono fuori dalle statistiche sono vari: dai motivi economici (svolgere censimenti a larga scala è costoso ed è difficile raggiungere le zone più remote), alle considerazioni politiche (legate alla preoccupazione che portare a galla le disparità possa portare a disordini e proteste), fino alle difficoltà oggettive: ci sono gruppi che è difficile censire perché rimangono nascosti, come i bambini disabili rinchiusi in casa o negli istituti o i bambini senza fissa dimora e in transito.

Le disparità esistono anche nei Paesi cosiddetti "ricchi"?
Purtroppo l'esclusione non è un fenomeno che riguarda solo i Paesi più svantaggiati. Le disparità colpiscono anche i Paesi più ricchi e con sistemi assistenziali più avanzati: nel Regno Unito, più della metà dei bambini di origine pakistana o bengalese cresce in povertà. Anche l'orientamento sessuale è fonte di discriminazione: in Europa il 61% degli intervistati ha subito esperienze negative a scuola a causa della loro vera o percepita appartenenza all'orientamento LGBT. In Italia, è la povertà economica che porta all'incremento della già grave povertà educativa: la percentuale dei ragazzi che non raggiungono le competenze minime in lettura e matematica è quattro volte più alto tra coloro che vivono in famiglie con un basso livello socio-economico rispetto a coloro che appartengono a famiglie agiate.

Secondo Save the Children, il mondo è in grado di raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dalle Nazioni Unite per il 2030? Sarà necessario attuare dei cambiamenti per riuscirvi?
Il mondo raggiungerà gli obiettivi delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile solo se ai bambini più vulnerabili sarà dato accesso alle cure sanitarie, al cibo e all'educazione. Solo così nessuno verrà lasciato indietro entro il 2030. Per questo Save the Children chiede ai leader mondiali di impegnarsi a raggiungere alcune garanzie per tutti i bambini, che vanno da una finanza equa che permetta a tutti i minori di accedere ai servizi di base, alla trasparenza su come vengono impiegati gli aiuti a favore dei bambini. L'impegno di Save the Children è quello di raggiungere questo obiettivo, fino all'ultimo bambino.