"Quasi 10mila soldati russi uccisi": sito filo Cremlino hackerato pubblica il bilancio delle vittime russe
L'articolo è stato poi modificato, senza più riferimento al numero dei militari deceduti. Komsomolskaya Pravda parla di sabotaggio informatico. Un mese fa un attacco hacker aveva colpito anche l'agenzia Tass

La Komsomolskaya Pravda, un "tabloid pro-Cremlino", ha pubblicato il bilancio delle vittime militari russe: si tratterebbe di "9.861 soldati morti" dall'inizio della guerra in Ucraina e "16.153 rimasti feriti".
L'informazione era stata inclusa in un articolo pubblicato sul sito web domenica sera, ancora accessibile online ma che al momento risulta modificato, senza più il riferimento alle presunte cifre delle vittime. La Pravda ha poi emesso una nota parlando di "sabotaggio informatico".
Numeri attendibili secondo gli esperti Occidentali
La scorsa settimana, sulla base di stime del Pentagono, il New York Times aveva parlato di 7mila soldati uccisi e almeno 14 mila feriti: un calcolo ritenuto attendibile da molti esperti occidentali e sicuramente aumentato negli ultimi giorni di combattimenti; ma che il Cremlino non vuole ammettere.
Non è il primo attacco hacker Un mese fa diversi siti web dei media russi, tra cui l'agenzia Tass, erano stati hackerati visualizzando un messaggio contro la guerra. "Cari cittadini. Vi esortiamo a fermare questa follia, a non mandare a morte certa i vostri figli e mariti. Putin ci fa mentire e ci mette in pericolo", affermava un messaggio scritto in russo sui siti web di Forbes Russia, Fontanka, Takie Dela.
E' stata la stessa Tass a informare di aver subito un attacco web. "Gli aggressori hanno pubblicato informazioni che non corrispondono alla realtà. Tass e la sua redazione non sono in alcun modo collegati a queste affermazioni". Tra gli hacker anche Anonymous che in un messaggio scriveva: "Siamo stati isolati dal mondo intero, petrolio e gas non vengono più scambiati. Tra pochi anni vivremo come in Corea del Nord. Questo messaggio verrà cancellato e alcuni di noi saranno licenziati o addirittura incarcerati. Ma non possiamo più sopportarlo".
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