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Le crisi energetiche spaventano Cop-26: l'India rischia il collasso e aumenta la produzione di carbone

A meno di tre settimane dall’inizio della Conferenza sul clima di Glasgow, la mancanza di gas e carbone rende difficile la svolta ecologica

Tra le strade tracciate per fronteggiare la sfida climatica, durante il vertice Pre-Cop26, è stata inserita anche la decarbonizzazione obbligatoria, ovvero lo stop all’utilizzo del carbone come risorsa energetica. L’India tuttavia, che già produce il 70% dell'elettricità utilizzando il carbone, ne aumenterà l'estrazione per affrontare la grave crisi energetica in atto.

Nel Paese più della metà delle 135 centrali elettriche a carbone stanno utilizzando l’alimentazione a vapore, poiché le scorte del combustibile sono estremamente basse. Dopo la seconda ondata pandemica la domanda di energia è aumentata notevolmente e contemporaneamente i prezzi globali del carbone sono aumentati del 40%. Inoltre le importazioni dell'India sono scese ai minimi storici degli ultimi due anni, nonostante il Paese sia secondo importatore mondiale di carbone e contemporaneamente anche sede della quarta più grande riserva del mondo.

 

Secondo gli esperti consultati dalla Bbc, al momento non è possibile importare più carbone per sopperire alle carenze interne, per via del costo elevato sui mercati mondiali e l’impatto inflazionistico. Uno dei motivi della crisi potrebbe derivare dal fatto che, negli ultimi anni, la produzione dell'India è stata rallentata dall’impegno del paese nel ridurre la sua dipendenza dal carbone, in vista degli obiettivi climatici.

Il rincaro dei beni energetici aveva interessato nei giorni scorsi anche la Cina, che, per sostenere l’economia interna e le sue aziende, aveva ordinato a settantadue grandi miniere di aumentare la produzione di carbone. La crisi si è poi intensificata a causa delle inondazioni, che, nello scorso weekend, hanno costretto le miniere cinesi a chiudere, facendo arrivare i prezzi del carbone a livelli record.

 

Una situazione parallela è stata segnalata anche dal Qatar, maggior esportatore mondiale di gas naturale liquefatto, che si trova nel mezzo di una crisi del mercato, con i prezzi alle stelle ed un’offerta che non riesce a tenere il passo con l'impennata della domanda. Il ministro dell'Energia Saad Al-Kaabi ha affermato che, nonostante il Qatar stia spendendo miliardi di dollari per aumentare la produzione, farà fatica a incrementarla a breve termine.

 

I travagli di Cina, India e Qatar riflettono il binomio critico che esiste tra ripresa economica post-pandemia e gli obiettivi per il clima richiesti da Cop-26: con le materie prime che scarseggiano è difficile non ricorrere all’aumento della produzione di combustibili inquinanti. La sfida adesso sembra essere questa: raggiungere un equilibrio che permetta sia di soddisfare la domanda di elettricità sia di ridurre la dipendenza dalle centrali a carbone e dal gas naturale, fortemente inquinanti. 

 

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