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In bici dalla Sardegna a Capo Nord: il viaggio di un 31enne per raccontare l'Europa divisa dalle frontiere e dalle regole anti Covid

"Non mi ero mai scontrato con la difficoltà di viaggiare nel Vecchio Continente attraverso le frontiere, i limiti e le differenze imposte dalle politiche dei vari Paesi. Questo viaggio mi ha portato a riscoprirmi un europeista convinto", spiega Francesco Accardo, che ora si trova in Svezia, a Tgcom24


Dalla Sardegna a Capo Nord... in bici 

Dalla Sardegna a Capo Nord in circa 40 giorni. Unici compagni di avventura: una bicicletta e un piccolo bagaglio di 10 chili. Obiettivo: raccontare l'Europa tramite i paesaggi e le differenze che la attraversano nel periodo di uscita dall'emergenza Covid. E' "Progetto Tramonti", il viaggio del 31enne sardo Francesco Accardo, ingegnere trasportista e operatore culturale. Partito sabato 1 maggio da Porto Torres, il giovane ha attraversato - tra l'imprevedibilità del meteo in primis e i continui cambi di terreno che l'hanno portato ad affrontare dislivelli anche di 1.500 metri in una sola giornata - Francia, Lussemburgo, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Danimarca e Svezia e ora si dirige verso la Norvegia, dove conta di arrivare il primo fine settimana di giugno. "Non mi ero mai scontrato con la difficoltà di viaggiare nel Vecchio Continente attraverso le frontiere, i limiti e le differenze imposte dalle politiche dei vari Paesi. Questo viaggio mi ha portato a riscoprirmi un europeista convinto", spiega Accardo dalla Svezia a Tgcom24.

Francesco, l'attuale pedalata (da più di 4mila chilometri) è, in realtà, il secondo capitolo di "Progetto Tramonti". Il primo lo hai intrapreso a giugno 2020, quando hai attraversato lo Stivale in 40 giorni. Da cosa è nata l'idea di un "continuo" in Europa?  
Premetto che il viaggio dell'anno scorso, intrapreso dalla Sicilia alla Valle Aurina per raccontare l'Italia in una delle fasi più difficili della sua storia, è stato organizzato in 4 o 5 giorni. Non ne potevo più di stare a casa, il mio lavoro era in crisi e avevo un po' di soldi da parte. Così, il 5 giugno, a due giorni dalla riapertura tra Regioni, sono partito. Dopo l'esperienza in Italia, ho sentito l'esigenza di alzare l'asticella. Da un lato, per mettermi in gioco e superare ostacoli fisici e psicologici; dall'altro, per vedere con i miei occhi la situazione nei singoli Paesi in un periodo in cui c'erano ancora le misure restrittive anti Covid. Una sorta di documentazione diretta della pandemia. In Francia, ad esempio, dove ho trascorso i primi 15 giorni del viaggio, c'era il coprifuoco dalle 19 alle 6, i negozi erano chiusi. Insomma, una situazione molto rigida.


A proposito di questo, l'obiettivo principale di "Progetto Tramonti" è proprio raccontare l'Europa nel periodo di uscita dall'emergenza Covid. In ogni Paese che hai attraversato, hai trovato situazioni differenti? Puoi descriverle?
Ho scoperto un'Europa disunita proprio a partire dalla gestione della pandemia, da Paesi in cui le misure sono quasi nulle, come la Svezia, a quelli che invece hanno mantenuto il coprifuoco, come, appunto, la Francia. Basti pensare che quando sono arrivato ad Helsingborg, in Svezia, dopo aver preso il traghetto da Helsingør, in Danimarca, ho notato di essere l'unico in giro con la mascherina. Mi sono informato e ho scoperto che non è obbligatoria. Differenze che valgono anche per le frontiere. I singoli Stati applicano norme diverse: mentre Svezia e Danimarca mi hanno chiesto passaporto, test Covid negativo e motivo dello spostamento, nelle altre frontiere è stato tutto molto tranquillo. Invece, in Norvegia, che è anche fuori dall'Ue, mi aspettano le restrizioni più stringenti. Tra l'altro, non è facile destreggiarsi tra le norme anti Covid dei vari Paesi. Le regole non sono sempre tutte tradotte dalla lingua originale all'inglese e, nonostante i siti delle ambasciate offrano tutte le informazioni necessarie, non trattano i casi specifici. 

 


Quali sono i Paesi più organizzati per quanto riguarda le disposizioni anti Covid?
Il più organizzato per il poco che ho potuto vedere è la Danimarca. In primis, qualsiasi paesino ha il Covid center per i test così come i centri vaccinali. In secondo luogo, per mangiare all'interno dei ristoranti è necessario presentare un test negativo effettuato nelle 24 ore precedenti. Infine, quando sono stato a Copenaghen, ho visto che di lì a poco ci sarebbe stato un festival, a cui si poteva accedere tranquillamente con una prenotazione, con un test Covid negativo oppure col vaccino fatto. Un sorta di Green pass. 


Il tema delle frontiere ti ha colpito particolarmente…
Tanto. Sono figlio dell'Europa unita. Non mi ero mai scontrato con la difficoltà di viaggiare nel Vecchio Continente attraverso le frontiere, i limiti e le differenze imposte dalle politiche dei vari Paesi. Per cui, per me non vedere un'azione comune a livello europeo è stato un motivo di riflessione che mi ha portato a scoprirmi un europeista convinto.


Il turismo è uno dei settori più colpiti dalla pandemia. Quanto sono importanti le testimonianze come la tua per riscoprirlo?
E' difficilissimo in questo campo individuare dei piccolissimi cluster che possano influenzare la domanda. A livello pratico, non credo che la mia iniziativa possa far cambiare qualcosa. Però, può invogliare gli appassionati a compiere esperienze come la mia in un settore specifico: il cicloturismo.

 


Non solo Covid. L'idea è anche quella di un viaggio alla riscoperta della lentezza e dei mezzi semplici. Perché questa esigenza?
Per guardare da vicino l'Europa. Grazie al ritmo della bici, veloce ma non troppo, ho la possibilità di vedere meglio tutto ciò che mi circonda. Posso variare, muovermi come voglio, essere libero. E' anche un modo per vivere meno superficialmente i luoghi turistici. Inoltre, arrivo alla meta con una predisposizione d'animo molto diversa rispetto a farlo comodamente in macchina: la fatica determina la qualità del raggiungimento finale.


Quali le differenze tra il viaggio in Italia dello scorso anno e questo in Europa?
Le situazioni sono molto differenti. Se fossi partito a giugno, forse avrei trovato clima e disposizioni Covid più accoglienti. E quindi avuto maggiore possibilità di incontrare persone. Quello che mi è mancato molto in questo viaggio rispetto a quello in Italia, infatti, è stato proprio il contatto umano. La maggior parte del tempo la trascorro solo e questo, a tratti, risulta stressante e demotivante.


Un aneddoto che ti è rimasto particolarmente impresso?
La prima settimana c'era sempre maltempo. Un giorno, mi trovavo in un paesino tra Annecy a Oyonnax, sulle Alpi francesi. Pioveva intensamente dalla mattina e dovevo percorrere gli ultimi chilometri, che erano tutti in salita. Stavo per piangere. A un certo punto, sono sceso dalla bici per controllare Google Maps e vedere quanto mancasse. Mi sono riparato sotto una tettoia, quando ho visto passare un furgoncino Amazon. La ragazza che lo guidava mi ha domandato se andasse tutto bene, così le ho chiesto gentilmente un passaggio. Inizialmente, mi ha guardato perplessa, poi ha detto: 'Ok'. Ovviamente non poteva assolutamente farmi salire nel suo camioncino mentre lavorava. Tuttavia, ha seguito la legge morale piuttosto che quella scritta. E ha fatto la cosa giusta, ne sono sicuro. Ecco, questo episodio di generosità lo ricordo con il sorriso.


Non manca tanto alla fine di questa avventura, un bilancio?
Allo stato attuale, onestamente, il bilancio non è del tutto positivo. In alcuni momenti, mi sono sentito molto solo. Anche se sono consapevole di star facendo qualcosa di grande, divertente e bello, emotivamente sono un po' triste. Non pienamente felice come lo ero l'anno scorso. 

 

L'avventura, raccontata attraverso i profili Instagram (@frasquito_de_bobadilla) e Facebook ("Progetto Tramonti"), diventerà un documentario della Sardegna Film Commission, finanziato dal Ministero degli Esteri. Di cosa si tratterà nello specifico?
Il documentario, in fase di realizzazione per conto di Fabio Demontis e Roberto Muroni, che mi hanno raggiunto proprio l'altro giorno con un camper qui in Svezia, ripercorrerà le tappe del mio percorso e raccoglierà storie di diversi connazionali trasferitisi oltre confine. Dai ricercatori al cuoco: esperienze di chi ha lasciato il nostro Paese mettendosi in gioco.

 

Prossime pedalate?
Subito dopo il ritorno in Sardegna, il 18 o 19 giugno, vorrei rimettermi subito in viaggio e fare un tour della Sicilia.

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