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Il Papa in Congo, una donna gli racconta: "Io violentata e costretta a mangiare carne umana"

Vittima delle violenze nell'est del Paese, la donna ha raccontato al Pontefice la sua storia

Il Papa in Congo, una donna gli racconta: "Io violentata e costretta a mangiare carne umana" - foto 1
Ansa

Il Papa, durante la visita di mercoledì a Kinshasa nel corso del suo viaggio in Congo, ha raccolto le testimonianze delle vittime delle violenze nel Paese martoriato da attentati e guerriglia.

Tra queste, particolarmente toccante è stata la storia di una donna, Emelda, che ha raccontato al pontefice di essere stata violentata, tenuta nuda durante la prigionia come schiava sessuale e costretta a mangiare carne umana. Artefice dei continui abusi sulla popolazione è spesso il gruppo armato M23, che Kinshasa, l'Onu e molti osservatori internazionali ritengono essere sostenuto dal vicino Rwanda.

 

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Il racconto dell'inferno

 "I ribelli - ha raccontato Emelda al Papa - avevano fatto un'incursione nel nostro villaggio di Bugobe; era un venerdì sera del 2005. Hanno fatto irruzione nel villaggio, prendendo in ostaggio tutti quelli che potevano, deportando tutti quelli che trovavano, facendo loro portare le cose che erano state saccheggiate. Durante il tragitto, hanno ucciso molti uomini con proiettili o coltelli. Le donne invece le hanno portate al parco di Kahuzi-Biega. All'epoca avevo 16 anni".

 


 

Schiava sessuale nutrita con carne umana

 Da quel momento è iniziato per lei l'inferno. "Sono stata tenuta come schiava sessuale e abusata per tre mesi. Ogni giorno, da cinque a dieci uomini abusavano di ciascuna di noi. Ci hanno fatto mangiare la pasta di mais e la carne degli uomini uccisi. A volte mescolavano le teste delle persone con la carne degli animali. Questo era il nostro cibo quotidiano. Chi si rifiutava di mangiarlo veniva fatto a pezzi e gli altri erano costretti a mangiarlo. Vivevamo nudi perché non scappassimo".

 

Il perdono dei carnefici davanti al Papa

 Emelda ha subito tutto questo fino al giorno in cui, "per grazia, riuscii a fuggire quando ci mandarono a prendere l'acqua dal fiume". Di li' il ritorno a casa, dai genitori, le cure all'ospedale di Panzi, a Bukavu, specializzato nel trattamento dei sopravvissuti alla violenza. Emelda parla anche del sostegno ricevuto dalla Chiesa. "Oggi vivo bene come una donna realizzata che accetta il suo passato. La nostra Provincia è un luogo di sofferenza e di lacrime, ma oggi è pronta a perdonare: mettiamo sotto la croce di Cristo questi abiti degli uomini in armi che ancora ci fanno paura - ha detto compiendo questo gesto davanti a Francesco - per averci inflitto innumerevoli atti di violenza atroci e indicibili, che continuano ancora oggi. Vogliamo un futuro diverso. Vogliamo lasciarci alle spalle questo passato oscuro e poter costruire un bel futuro. Chiediamo giustizia e pace. Perdoniamo i nostri carnefici per tutto quello che hanno fatto e chiediamo al Signore la grazia di una convivenza pacifica, umana e fraterna".

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