Arrestato ad agosto del 2020 e in isolamento da oltre 1.800 giorni, è stato ritenuto responsabile della pubblicazione di "materiale sedizioso" per "fomentare il malcontento" nei confronti del governo
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Jimmy Lai, il magnate dei media di Hong Kong pro-democrazia, è stato dichiarato colpevole di collusione e sedizione nel processo a suo carico sulla violazione della sicurezza nazionale, nella sentenza firmata dai giudici Alex Lee, Esther Toh e Susana D'Almada Remedios del tribunale di West Kowloon. Lai, che ha compiuto 78 anni la scorsa settimana, è stato ritenuto responsabile di due capi d'imputazione per cospirazione con forze straniere ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino a giugno del 2020 e di un terzo capo d'imputazione per sedizione ai sensi della legislazione dell'era coloniale britannica.
Il verdetto è maturato cinque anni dopo il processo avviato contro il magnate dei media, accusato di aver usato il suo tabloid Apple Daily, ora chiuso, per fare pressione sulle nazioni straniere al fine di imporre sanzioni, blocchi o altri atti ostili contro Cina e Hong Kong in risposta alla stretta su autonomia e libertà di Pechino a danno dell'ex colonia britannica. Lai, arrestato ad agosto del 2020 e in isolamento da oltre 1.800 giorni, è stato ritenuto la mente della pubblicazione di "materiale sedizioso" per "fomentare il malcontento" nei confronti del governo.
"Non c'è dubbio che Lai abbia nutrito risentimento e odio nei confronti della Repubblica popolare cinese per gran parte della sua età adulta, e questo è evidente nei suoi articoli - ha dichiarato alla corte la giudice Esther Toh -. È anche chiaro per noi che il primo imputato, fin dall'inizio, molto prima della legge sulla Sicurezza nazionale, ha riflettuto su quale leva gli Stati Uniti avrebbero potuto usare contro la Cina".
Lai, con indosso un cardigan verde chiaro e una giacca grigia, è sembrato impassibile mentre ascoltava il verdetto a braccia conserte, senza parlare. Ora rischia la pena massima dell'ergastolo e la condanna sarà emessa in un secondo momento, pur avendo a disposizione un ricorso contro tutte le accuse. Il processo di alto profilo è stato visto da molti come una testimonianza della caduta dei diritti civili nella città dopo il passaggio della sovranità dal Regno Unito alla Cina nel 1997. Lo stesso presidente Usa Donald Trump avrebbe parlato con il suo omologo cinese Xi Jinping sul rilascio di Lai, in precarie condizioni di salute, durante l'incontro di fine ottobre in Corea del Sud, a margine del forum dell'Apec. Tra coloro in fila per entrare in aula, sono stati riconosciuti alcuni rappresentanti consolari, tra cui quelli di Usa e Ue, secondo i media locali. Presenti la moglie di Lai, Teresa, il figlio Shun-yan, nonché veterani del fronte pro-democrazia di Hong Kong, tra cui il cardinale Joseph Zen e l'ex parlamentare Emily Lau. Domenica, intanto, il Partito Democratico, principale forza di opposizione della città, ha votato il suo scioglimento: fondato nell'ottobre del 1994, aveva guidato il processo di democratizzazione avviato negli anni '80, all'epoca in cui Londraa e Pechino concordarono il trasferimento della sovranità.