Manchester, attacco alla sinagoga di Crumpsall
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Durante l'assalto terroristico alla sinagoga di Crumpsall, una delle due vittime potrebbe essere stata colpita da un agente intervenuto. Le autorità britanniche aprono un’indagine ufficiale per chiarire i fatti
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La notizia che uno dei civili uccisi durante l'attacco terroristico a una sinagoga di Manchester possa essere stato colpito da un proiettile sparato dalla polizia ha aperto un nuovo fronte d'indagine per le autorità britanniche. L'uomo, presente all'ingresso della sinagoga nel tentativo di bloccare l'attentatore, sarebbe stato raggiunto da un colpo d'arma da fuoco mentre gli agenti intervenivano per neutralizzare la minaccia. "Le ferite sono compatibili con un colpo d’arma da fuoco esploso da un agente intervenuto sul posto", ha dichiarato il comandante della Greater Manchester Police, Stephen Watson. "L'attentatore, lo ricordiamo, non era armato con armi da fuoco. Anche uno dei feriti, attualmente in ospedale, è stato colpito da un proiettile sparato dalla polizia. L’inchiesta aperta ora punta a chiarire le responsabilità e a valutare se vi siano stati errori procedurali durante l’intervento", ha aggiunto Watson.
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L'aggressione è avvenuta la mattina del 2 ottobre, durante Yom Kippur, nel quartiere Crumpsall di Manchester. Un uomo, identificato come Jihad al‑Shamie, 35 anni, di origini siriane e cittadino britannico, ha lanciato il proprio veicolo contro i fedeli riuniti davanti alla Heaton Park Hebrew Congregation, per poi scendere e accoltellare diverse persone. L'attacco è durato meno di cinque minuti. Gli agenti armati sono intervenuti in modo tempestivo, abbattendo l'uomo sul posto. Secondo quanto dichiarato dalla Greater Manchester Police, il sospetto non aveva con sé armi da fuoco. Tuttavia, indossava un giubbotto che inizialmente sembrava esplosivo, rivelatosi poi un falso. Le autorità hanno classificato l'evento come un atto di terrorismo. Oltre ai due morti, si contano tre feriti, due dei quali ancora ricoverati in ospedale.
Il sospetto di un possibile errore della polizia circolava già nelle ore successive all’attacco, ma ora è diventato un dato accertato. L’autopsia condotta dal medico legale dell’Home Office ha confermato che Adrian Daulby, 53 anni, è morto per le ferite da arma da fuoco compatibili con i proiettili sparati dagli agenti. Il comandante Watson ha ammesso pubblicamente la circostanza, definendola una "tragedia nella tragedia". Anche uno dei feriti - non in pericolo di vita - è stato colpito da un proiettile della polizia. Entrambi si trovavano vicini all’ingresso della sinagoga, dove avrebbero cercato di ostacolare fisicamente l’ingresso dell’attentatore.
Le autorità hanno identificato le due persone decedute e notificato le famiglie. Adrian Daulby, impiegato in un'azienda del settore edilizio, era membro attivo della comunità locale. Melvin Cravitz, pensionato, era un frequentatore abituale della sinagoga. Entrambi, secondo testimoni, avrebbero cercato di impedire fisicamente l'ingresso del terrorista nell'edificio, riuscendo a rallentarlo. Questo intervento, ritenuto eroico dai presenti, ha probabilmente evitato una strage ancora più grave.
La dinamica della loro morte resta tuttavia sotto verifica. In particolare, la presenza di colpi d'arma da fuoco ha sollevato interrogativi non solo sull'attentatore, ma anche sulla gestione operativa dell'emergenza da parte degli agenti.
L’inchiesta attualmente in corso mira a stabilire le esatte responsabilità dell’episodio. Saranno analizzati i filmati delle bodycam in dotazione agli agenti, le traiettorie dei proiettili e il posizionamento di ogni soggetto coinvolto. L’obiettivo è determinare se i colpi siano partiti come reazione diretta a una minaccia o se vi sia stato un errore di valutazione, come una identificazione errata della vittima come aggressore. La polizia ha ribadito che gli agenti intervenuti erano autorizzati all’uso di armi da fuoco in una situazione considerata ad “alto rischio di attentato esplosivo”. La priorità, secondo quanto riferito, era impedire l’ingresso del sospetto nella sinagoga. Tuttavia, il governo ha già richiesto una verifica dei protocolli operativi in scenari di emergenza armata.
Il governo britannico ha espresso vicinanza alle famiglie delle vittime e ha promesso un rafforzamento della sicurezza nei luoghi di culto, in particolare nelle sinagoghe di tutto il Regno Unito. Il Primo Ministro ha definito l'attacco un “atto vile e antisemita”, confermando l'allerta nazionale per possibili atti emulativi. La comunità ebraica di Manchester è profondamente scossa. Leader religiosi e rappresentanti civili hanno chiesto chiarezza immediata sull'accaduto e piena trasparenza nei risultati dell'indagine. Anche dal governo israeliano è giunto un messaggio ufficiale di condanna dell'attacco e di solidarietà. Nel frattempo, si moltiplicano gli appelli alla calma e alla coesione, per evitare che il dolore si trasformi in tensione sociale. Le autorità chiedono di attendere i risultati ufficiali delle analisi prima di trarre conclusioni definitive sulla responsabilità dell'eventuale colpo fatale.