Ogni giorno avvengono 6.700 tentativi di estorsione ma molti sequestri sono solo simulati
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Il livello di criminalità, in Messico, è altissimo. Avvengono così tanti rapimenti che da una decina di anni le bande hanno incominciato a simulati. Telefonano e fingono di aver rapito un tuo parente, di solito tuo figlio. Chiedono soldi – “fammi un bonifico” – ma, spesso i pagamenti avvengono in gioielli. “Mexicodenuncia”, un’associazione che supporta le vittime e studia il fenomeno dei rapimenti, parla di 6.700 tentativi di estorsione al giorno.
In molti casi le chiamate dei sequestri virtuali arrivano dalle carcerati, tra le celle la corruzione dilaga. Nell’ultimo anno le telefonate partono anche dall’estero, soprattutto Stati Uniti. Gli estorsori recuperano i dati di chi si ferma in albergo per utilizzarli durante le chiamate e rendere credibili le minacce.
Il tutto può avvenire in una sola ora ma anche protrarsi per giorni nel caso in cui il sequestro virtuale si tramuti in un vero rapimento. Chi decide di pagare rischia grosso. Il sequestro di persona, in questo caso, avviene proprio al momento dello “scambio”.
La paura è tanta e le vittime pagano in un caso su tre. I messicani minacciati tremano di fronte a nomi come “Zetas”, la più pericolosa banda di narcotrafficanti del Paese, a volte utilizzati solo per incutere timore.
E’ così che dal 2001 al 2011, sempre secondo “Mexicodenuncia”, il giro di estorsioni – non solo quelle virtuali – ha portato nelle tasche della malavita messicana circa 59 milioni di euro.
IL CASO DI CAROLINA Carolina Valle ha 27 anni. Dal 2011 studia in Italia e più precisamente a Torino. Frequenta il secondo anno di un master in architettura. Mamma e papà vivono a Durango insieme alla sorella e al fratellino. Carolina è uno dei testimoni dei tanti tentativi di estorsione con finto rapimento.
Cosa è accaduto alla tua famiglia?
“Mia mamma ha ricevuto una telefonata, le hanno detto che ero stata rapita ma, non era vero”.
Tu dove ti trovavi in quel momento?
“A Torino, stavo seguendo una lezione all’università, al politecnico”.
I finti rapitori hanno fatto il tuo nome?
“No”.
Come hanno potuto convincere tua mamma?
“Le hanno fatto sentire la voce di una ragazza che diceva: “sto bene, non mi hanno fatto niente”. Le hanno anche detto che non poteva spegnere il cellulare perché sapevano dove viveva e sarebbero potuto piombarle in casa”.
Tua mamma si sarà spaventata…
“Certo, era sotto shock, per questo non è riuscita a riconoscere una voce diversa dalla mia. Si è messa a piangere e loro hanno iniziato ad alternare rassicurazioni a insulti”.
Cosa le hanno chiesto?
“Soldi. Da versare con un bonifico su un conto corrente bancario”.
Quanto?
“Seimila euro, poi le hanno domandato quanto avesse a disposizione in quel momento. Probabilmente per accorciare i tempi e recuperare immediatamente qualcosa”.
Quanto tempo le hanno dato per fare il pagamento?
“Doveva farlo subito. Volevano anche che continuasse a parlare al telefono in modo da non poter chiamare me”.
Poi cos’è successo?
“Mio padre mi ha chiamata da un altro telefono. Ho risposto che stavo bene. Ero all’università”.
I finti rapitori si sono mai fatti risentire?
“Hanno richiamato due volte ma mia madre non ha risposto”.
Poi lei ha denunciato la cosa?
“No, si è limitata a cambiare il numero di telefono”.