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Dotz. Il mocassino sostenibile in un'esplosione di colore

Il brand brasiliano propone calzature di alta qualità, vitaminiche ed eleganti, 100% ecologiche, sviluppando un modello di business eco-responsabile

Rodrigo Doxandabarat, un passato nella cooperazione e nella moda, un presente da calzolaio, insieme ad Anderson Presoto, è il co-founder di Dotz, brand brasiliano di calzature, che esprime la gioiosa spensieratezza di Rio de Janeiro, attraverso l’uso del colore: giocoso, vivace e dirompente.

Dotz. Il mocassino sostenibile in un’esplosione di colore

Una collezione monoprodotto, che cammina al passo con i tempi, genderless, timeless e sostenibile. 

 

Mocassini come opere d’arte, dalla silhouette asciutta ed essenziale, realizzati in cotone ecologico 100%, frutto del lavoro di piccoli agricoltori locali. Attraverso il sapiente utilizzo di residui domestici e industriali, le calzature Dotz sono confezionate da donne che vivono nelle favelas.

 

Rodrigo Doxandabarat propone un nuovo modello etico di business: cooperazione, collaborazione, sostenibilità e gestione controllata del ciclo economico, sono le key word, i “dotz”, che incarnano l’anima del progetto, ispirato ai valori di diversità, empatia e pluralità.

 

Tutti i pezzi sono numerati e realizzati in edizione limitata in quanto upcycling. Le forme sono Made in Italy. Le suole sono disponibili in quattro bright colour: arancione, blu, fucsia, lime.

 

La collezione Primavera-Estate 2022 si compone di ventiquattro tessuti, raccolti viaggiando per tutto il Brasile, grafici e iper-colorati e prevede quattro modelli, battezzati con nomi che provengono da Pataxo, un dialetto indigeno dello stato di Bahia nel nord-est: Kuparaka (un mocassino con maxi fiocco confezionato con filati provenienti dall’industria tessile), Puhuy (un iconico mocassino con nappine), Jacy (un loafer asciutto e affusolato) e Aponem (una classica mule arricchita da nappine, cifre distintive del brand, prodotte con scarti della propria produzione).

 

Chi è Rodrigo Doxandabarat? Quali sono le tue origini e qual è stato il tuo percorso di formazione?

Sono un ragazzo argentino con un passato nella cooperazione e nella moda e un presente da calzolaio. Ho studiato comunicazione nel mio Paese e, successivamente, ho completato un MBA presso l’università Bocconi di Milano. Vivo in Brasile da nove anni, coltivando il sogno di abbinare in modo innovativo cooperazione, moda e sostenibilità. Nel 2008 sono approdato a Milano e ho lavorato per Giorgio Armani nel reparto commerciale, main market: Asia e Africa, per poi trasferirmi di nuovo in Brasile – considerato allora un mercato emergente – con l’incarico di Direttore Regionale del Gruppo. Successivamente, sono entrato in Dolce&Gabbana in qualità di Direttore Retail e Wholesale per il Centroamerica. Cinque anni fa ho deciso di cambiare vita, di fare qualche passo indietro e di reinventarmi come calzolaio, con l’obiettivo di creare un ecosistema di business alternativo e tornando in parte alla cooperazione, un mondo che avevo sperimentato fin da giovanissimo. A 19 anni, infatti, ho avuto la possibilità di viaggiare via terra dalla Spagna alla Cina alla ricerca di una maggiore consapevolezza. In quel viaggio, ho avuto il primo contatto con il mondo della cooperazione internazionale grazie ad un’esperienza di volontariato presso la Casa Kalighat, fondata da Madre Teresa di Calcutta.  A 23 anni sono stato invitato da un’agenzia di modelli argentina a fare parte del loro portfolio e, in seguito, dall’agenzia Fashion di Milano, vera ragione del mio primo trasferimento in Italia. A 26 anni ho deciso di tornare nel mondo della cooperazione internazionale scegliendo l’Iraq, inizialmente come Scudo Umano nella guerra Iraq-Usa e, in seguito, lavorando per la ONG francese Enfants du Monde Droits de l'Homme. In Iraq, con Strenesse, ho dato vita alla prima iniziativa “ponte” tra cooperazione internazionale e moda. Insieme abbiamo sviluppato un’area ricreativa per bambini nell’orfanotrofio Bait al Toful di Baghdad. Dopo questa seconda esperienza, sono stato assunto dall’Istituto Cooperazione Economica Internazionale (ICEI) in Argentina per la gestione di progetti di agricoltura organica e sostengo comunitario nelle favelas. Anche in Argentina, sempre con Strenesse, abbiamo dato vita al secondo progetto “Streness rinforzo” che univa cooperazione e moda.

 

Quando e com’è nato il brand Dotz? Perché la scelta di questo nome?

Dotz è nato approssimativamente nel 2016 con l’idea di creare “qualcosa” che fosse coerente con i miei interessi e quelli del mio socio, Anderson Presoto. Attraverso il lavoro creativo e manuale, avevo il desiderio di riempire il vuoto lasciato in me sia dal mondo della moda sia da quello della cooperazione internazionale, dando vita ad un progetto che fosse una via di mezzo, un ponte, tra questi due universi, senza rinunce o trade-off. Il nostro prodotto (oggi la scarpa) si chiama Dotz ma il progetto, che è più complesso ed articolato, si chiama Linking Dotz. È una sorta di gioco di parole che può essere tradotto in ‘’unire i punti’’. Questi dotz rappresentano i 4 pilastri del progetto – Cooperazione, Collaborazione, Sostenibilità e Gestione –  e ben riassumono  le mie precedenti esperienze personali. In conseguenza di questo, Dotz ha la “Z” finale e non la “S,  in quanto il mio cognome, di origine basco-francese, iniziava con “Do” e terminava con “Tz”.

 

Come mai i mocassini? Cosa rappresenta per te questo accessorio?

Il mocassino è arrivato solo in un secondo tempo, inizialmente producevamo calzature molto più semplici, realizzabili senza tante tecnicità. Il mocassino che vedete oggi è stato un successivo sviluppo di questi primi prototipi, una conseguenza di ore, giorni, mesi, anni di test, prove, confronti e riflessioni ed anche di una mia crescita personale, dato che, man mano, ho potuto acquisire maggiori competenze. La scelta è ricaduta su questo modello perché si tratta di un tipo di calzatura classica, timeless e transgenerazionale, che non insegue necessariamente i trend. È una scarpa oggi unisex (e questo rappresenta molto bene i valori del progetto) e non ha necessariamente una stagionalità. La somma di questi elementi ha rappresentato il pivoting naturale per un progetto di questo tipo.    

 

Quali sono le cifre stilistiche delle vostre creazioni?

Dotz lavora principalmente con componenti sostenibili. Tutti i materiali utilizzati per la tomaia dei mocassini sono riciclati, agro-ecologici o di upcycling. Questo vuol dire che l’ispirazione di ogni collezione è una conseguenza di quello che troviamo per svilupparla. È come andare al mercato ad acquistare verdure Bio di stagione e, con quello che c’è, creare un piatto. I componenti che accompagnano queste tomaie sono l’equivalente delle spezie per condire le verdure. È così che lavoriamo per ogni collezione, viaggiamo per tutto il Paese, facciamo ricerca e, con quello che troviamo, sviluppiamo la nostra collezione.

 

Le collezioni Dotz esprimono la joie de vivre di Rio de Janeiro attraverso l’uso sapiente del colore. Come mai questo forte richiamo alla cultura brasiliana?

Il Brasile è un ecosistema perfetto per sviluppare la visione del nostro progetto, sia sul piano estetico che su quello della sostenibilità e cooperazione. Inoltre, il Brasile è uno dei principali produttori di scarpe al mondo! In questo Paese esiste un grandissimo know-how che, abbinato a un branding di successo e al giusto modo di fare business, coerente, equilibrato e vincente, può fare davvero la differenza.
 

 

Quale attenzione rivolgete alla sostenibilità ambientale nell’ambito della vostra produzione? In quest’ottica, che importanza assume la scelta dei materiali con i quali confezionate le vostre preziose calzature?

La sostenibilità ambientale è uno dei pilastri più importanti del progetto, che ha avuto inizio con la produzione di cotone agro-ecologico nella regione di Paraiba, nel nord del Brasile, dove lavoriamo affianco di piccoli agricoltori familiari senza l’utilizzo di agrotossici. Le scatole sono prodotte al 100% con scarti domestici riciclati, un progetto nel progetto! Abbiamo infatti collaborato con un gruppo di ricercatori dell’Università di Rio Grande do Sul e con un’industria che processa residui domestici (spazzolini da denti, flaconi di shampoo ecc.). Abbiamo naturalmente incontrato molti ostacoli e ancora oggi affrontiamo quotidianamente moltissime difficoltà, al tempo stesso però stiamo dimostrando che, con molto impegno, dedizione e perseveranza, è possibile produrre in modo diverso, eco-responsabile. 

 

In che modo cercate di supportare l’economia locale in un’ottica di cooperazione e collaborazione?

Collaboriamo sia con artisti locali (che creano stampe da applicare nei tessuti utilizzati per le nostre scarpe) sia, da diversi anni oramai, con gruppi di donne delle favelas brasiliane alle quali abbiamo insegnato a cucire le tomaie delle scarpe. Attualmente, parte dei componenti utilizzati nella produzione sono prodotti da loro.

 

Chi è Rodrigo nella vita privata? Interessi e passioni nel tempo libero?

Un inesauribile curioso, che vuole sempre capire ed approfondire e che pare non sia capace di stare fermo. Coltivo i miei interessi di sempre: la politica internazionale, viaggiare, scoprire paradigmi e culture diverse. Ça va sans dire, ho una vera e propria passione per le scarpe: sono quello che si potrebbe definire uno shoe-dog.

 

Progetti e sogni per il futuro di Dotz?

Abbiamo diversi progetti in cantiere. Uno di questi, bellissimo, a cui stiamo lavorando, si svolge all’interno di una favela brasiliana; una collaborazione con il gruppo Belmond, che coinvolgerà tre dei loro alberghi più importanti e rappresentativi; una partnership con Gianni Chiarini, brand meraviglioso di Firenze, per lo sviluppo esclusivo ed in collaborazione di tre borse Marcella e di tre modelli di mocassini. Il sogno è quello di creare valore condiviso durevolmente sostenibile.

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