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Tridico (Inps): 3,5 milioni di lavoratori irregolari e in nero sono una mina

"Il 15% dei lavoratori è povero, è un dato allarmante" sottolinea il presidente dell'Istituto di previdenza sociale

lavoro,disoccupazione
ansa

In Italia ci sono 3,5 milioni di lavoratori irregolari e in nero.

Lo ha reso noto il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, sottolineando anche il problema dell'alto tasso di inattività". "Ci sono 23 milioni di lavoratori che sostengono 16 milioni di pensionati su una popolazione di 60 milioni, troppo poco per avere una certezza di lunghissimo periodo che le cose possano andare bene. Tre milioni e mezzo di irregolari, un tasso di inattività molto alto concentrato al Sud e tra le donne rappresentano delle mine", ha spiegato.

 

23 milioni di lavoratori per 16 milioni di pensionati: insostenibile - "Ci sono tre milioni e mezzo di lavoratori irregolari e in nero - ha detto - 23 milioni di lavoratori che sostengono 16 milioni di pensionati su una popolazione di 60 milioni, troppo poco per avere una certezza di lunghissimo periodo che le cose possano andare bene. Tre milioni e mezzo di irregolari, un tasso di inattività molto alto concentrato al Sud e tra le donne rappresentano delle mine".

 

Serve salario minimo - "Uno dei principali problemi del mercato del lavoro italiani sono i bassi salari". Dice ancora il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico che in un convegno organizzato dall'Inapp è tornato a sostenere l'importanza dell'introduzione del salario minimo. "Ci sono 4,5 milioni di lavoratori - ha detto - sotto i 9 euro lordi l'ora. E' una cifra impressionante. Il 15% dei lavoratori è povero". Quasi la metà del part time delle donne - ha detto - "è involontario. I bassi salari sono una leva di competizione".

 

Ai giovani dare un salario vero non una pensione di garanzia - I bassi salari pesano anche sulle pensioni in un sistema contributivo come il nostro condannando i lavoratori a prestazioni basse. "Oggi parliamo di pensione di garanzia - ha spiegato - ma nel modello contributivo questo è quasi un ossimoro. In un modello contributivo la contribuzione dovrebbe bastare a pagare la pensione. Se non lo è e dobbiamo mettere una pensione di garanzia vuol dire che la contribuzione non è sufficiente, ma questo succede se le retribuzioni sono basse. Ai giovani piuttosto che la pensione di garanzia dovremmo dare un salario e un lavoro".

 

L'uso distorto della flessibilità - "E' lo stesso ragionamento - ha concluso - che abbiamo fatto sulla flessibilità per anni. La flessibilità introdotta aveva un senso se è flessibilità guidata da investimenti e accompagnata dalla formazione ma non ha più senso se usata come leva di competizione. Il costo  poi, come la pensione di garanzia,  viene pagato dallo  Stato con strumenti di welfare".
 

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