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Rapporto Oxfam: "Paperoni sempre più ricchi, entro un decennio il primo trilionario"

È quanto emerge da "Disuguaglianza: il potere al servizio di pochi", il nuovo rapporto su ricchezza e povertà

Dal 2020 i cinque uomini più ricchi al mondo (Elon Musk, Bernard Arnault, Jeff Bezos, Larry Ellison e Warren Buffett) hanno più che raddoppiato le proprie fortune - da 405 a 869 miliardi di dollari - a un ritmo di 14 milioni di dollari all'ora, mentre 5 miliardi di persone più povere hanno visto complessivamente invariata la propria condizione.

Secondo l'Oxfam ai ritmi attuali, nel giro di un decennio potremmo avere il primo trilionario della storia dell'umanità, ma ci vorranno oltre due secoli (230 anni) per porre fine alla povertà.

Paperoni, chi sono i più ricchi del mondo nel 2023

 

È quanto emerge da "Disuguaglianza: il potere al servizio di pochi", il nuovo rapporto di Oxfam che nella sua fotografia fa anche uno zoom sull'Unione europea, nella quale i primi cinque paperoni (Bernard Arnault, Amancio Ortega, Francoise Bettencourt Meyers, Dieter Schwarz e l'italiano Giovanni Ferrero) vedono il loro patrimonio crescere al ritmo di 5,7 milioni l'ora dal 2020.

L'aumento della ricchezza estrema nell'ultimo triennio, spiega Oxfam nello studio annuale che pubblica in occasione del forum di Davos, "è stato poderoso, mentre la povertà globale rimane inchiodata a livelli pre-pandemici". Oggi i miliardari sono, in termini reali, più ricchi di 3.300 miliardi di dollari rispetto al 2020 e i loro patrimoni sono cresciuti tre volte più velocemente del tasso di inflazione.

L'incremento dei patrimoni dei miliardari rispecchia la "straordinaria performance" delle società che controllano. "Il 2023 è destinato a essere ricordato come l'anno più redditizio di sempre", sottolinea il rapporto. Complessivamente, 148 tra le più grandi aziende al mondo hanno realizzato profitti per circa 1.800 miliardi di dollari tra giugno 2022 e giugno 2023, con un aumento del 52,5% degli utili rispetto alla media dei profitti nel quadriennio 2018-21. Per ogni 100 dollari di profitti generati da 96 tra i maggiori colossi globali, 82 dollari sono fluiti agli azionisti sotto forma di dividendi o buyback azionari.



Se le imprese sono riuscite a tutelare i propri margini di profitto durante la fase più acuta della crisi inflattiva, ampi segmenti della forza lavoro hanno invece perso potere d'acquisto. Per quasi 800 milioni di lavoratori occupati in 52 Paesi, i salari non hanno tenuto il passo dell'aumento dei prezzi. Il relativo monte salari ha visto un calo in termini reali di 1.500 miliardi di dollari nel biennio 2021-2022, una perdita equivalente a quasi uno stipendio mensile (25 giorni) per ciascun lavoratore.

 

 

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Nell'analisi sulle disparità economiche, Oxfam sottolinea come nel 2020 la disuguaglianza internazionale dei redditi ha registrato il più alto incremento su base annua dal 1990. Un aumento determinato in larga parte dalla dinamica del reddito nei Paesi poveri, che hanno subito contraccolpi più forti dalla pandemia rispetto alle economie avanzate. La ricchezza globale resta poi concentrata nel Nord del mondo, dove vive soltanto il 21% della popolazione mondiale che possiede il 69% della ricchezza netta privata. Il divario è anche di genere: gli uomini detengono una ricchezza che supera di 105.000 miliardi di dollari quella delle donne. Per Oxfam, l'estrema concentrazione del potere economico e le rendite di posizione favoriscono l'accumulazione di enormi fortune per pochi: l'1% più ricco del mondo possiede il 59% di tutti i titoli finanziari. Se si guarda alle multinazionali più grandi, 7 su 10 hanno un ad miliardario o un miliardario tra i propri principali azionisti.

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