Incertezza economica

L'Eurozona si prepara agli effetti della Brexit

Secondo Standard & Poor's i rischi sono numerosi. Anche l'area euro potrebbe subire dei ritardi a causa degli scambi commerciali e degli investimenti in diminuzione

06 Lug 2016 - 11:14

Due scenari: uno prima del referendum britannico, un quadro economico positivo e in risalita; uno dopo, con le banche centrali che si preparano al fine di scongiurare il peggio. A pochi giorni dalla Brexit, infatti, già si comincia a fare i conti con le ripercussioni economiche che coinvolgono il Regno Unito (in misura maggiore) e il resto d'Europa (Ue, ma anche Eurozona nello specifico, in tono minore).

Le ultime stime, in ordine di tempo, le ha fornite Standard & Poor's. Secondo l'agenzia di rating, infatti, il Regno Unito eviterà, “a malapena”, la recessione, ma i rischi sono numerosi. L'impatto negativo previsto è dell'1,2% sulla crescita britannica nel 2017 e dell'1% su quella del 2018.

Anche l'Eurozona ne verrebbe coinvolta, in parte. La ripresa economica in verità proseguirà, ma subirà un impatto negativo dello 0,8% nel 2017 e ancora nel 2018. Questo perché le conseguenze della Brexit si avvertiranno sugli scambi commerciali (che diminuiranno) e sugli investimenti. Tuttavia, sostiene S&P, le mosse della Bce rappresenteranno “un fattore chiave di sostegno”.

La Banca centrale europea sta studiando le misure in caso di necessità e studi approfonditi sui possibili effetti saranno pronti nelle prossime settimane. Intanto la Banca d'Inghilterra, con la sterlina ai minimi, ha deciso di alleggerire i vincoli di capitale imposti alle banche, “liberando” 150 miliardi di sterline per i finanziamenti e facilitando, in questo modo, il credito a imprese e famiglie.

C'è da considerare, ad ogni modo, che gli effetti della Brexit – sul Regno Unito e sull'Eurozona – sono ad oggi imprevedibili in quanto il processo vero e proprio di uscita dall'Ue è appena cominciato e ci vorrà del tempo prima che verrà portato a compimento (in chiave economica la rinegoziazione degli accordi commerciali rappresenterà una priorità), dunque stimarne le conseguenze nel lungo periodo non è operazione semplice e immediata.

L'Eurozona – si legge nella nota mensile dell'Istat – ha chiuso il primo trimestre dell'anno con una crescita congiunturale dello 0,6%. In aprile è tornata a crescere la produzione industriale (+1,1%) mentre l’indice di produzione delle costruzioni ha segnato una variazione negativa (-0,2%), più contenuta rispetto ai due mesi precedenti. L'attività produttiva in risalita ha influito positivamente l'andamento del mercato del lavoro, con il tasso di disoccupazione al 10,1%, il livello più basso dal 2011.

Inoltre, segnali di stabilità sulle prospettive di crescita dell’area arriverebbero anche dagli indicatori anticipatori del ciclo economico, ma come suggerisce l'Istituto nazionale di statistica non va sottovalutato che le indagini si sono svolte prima del referendum nel Regno Unito. Non sono da escludere, insomma, revisioni sulle stime.

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