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Crescita e occupazione, le micro e piccole imprese un volano per la ripresa

Italia ai vertici nellʼUe per numero di imprese. Tra gennaio e ottobre 2015 lʼoccupazione è aumentate del 3%

lavoro economia fabbrica catena montaggio
lapresse

La ripresa passa per le imprese e il lavoro.

E in Europa un ruolo fondamentale è quello ricoperto proprio dalle microimprese e dalle Pmi. Un'ulteriore conferma giunge dagli ultimi dati Eurostat, secondo cui il nostro paese si colloca ai vertici per numero di microimprese e posti di lavoro generati da quest'ultime.

L'Italia, infatti, è al sesto posto per proporzione di imprese (94,9%) che occupano meno di dieci persone (anno di riferimento 2012). A guidare questa classifica è la Grecia (96,7%) e a seguire la Slovacchia (96,5%), la Repubblica Ceca (96%), la Polonia e il Portogallo (95,2%), ma l'Italia è seconda per proporzione di occupati (prima è sempre la Grecia).

È al secondo posto, poi, per quanto riguarda il numero di nuove imprese create (257 mila, in questo caso a fare meglio di noi è la Francia). È un dato da non sottovalutare, perché come rircorda l'Eurostat, le microimprese e le piccole e medie imprese (Pmi) sono un driver importante dell'economia dell'Unione europea e contribuiscono alla creazione di posti di lavoro e alla crescita: la quota maggiore di occupazione nell'Ue proviene dalle microimprese e dalle Pmi.

L'Italia, in questo senso, registra il migliore andamento per numero complessivo di imprese (micro, piccole, medie e grandi): 3.825.000. La Francia è seconda (2.882.000 imprese), poi Spagna (2.385.000) e Germania (2.190.000).

Insomma, le micro e piccole imprese presentano un alto potenziale occupazionale. E continuano ad assumere, come nel caso italiano. Secondo l'Osservatorio Mercato del Lavoro Cna tra gennaio e ottobre 2015 si è registrato un aumento dell'occupazione del 3% mentre tra settembre e ottobre l'incremento è stato dello 0,5% (l'indagine comprende un campione di 20.500 imprese). In più nel periodo gennaio-ottobre le assunzioni sono cresciute del 3,3% con una corrispondente diminuzione del 4% sul fronte delle cessazioni.

Non solo: si punta all'occupazione stabile. In effetti il tempo indeterminato è la tipologia contrattuale a cui si ricorre maggiormente (riguarda otto lavoratori su dieci) e vanno poi considerati gli apprendisti, il 6,3 % degli occupati. Il 9,7% è invece costituito da contratti a tempo determinato mentre l'1,8 rientra tra le altre forme contrattuali.